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Finis europae

di Umberto Bianchi - 22/05/2023

Finis europae

Fonte: Umberto Bianchi

Nel mezzo di tanto squillar di trombe, di toni trionfalistici, tutti accompagnati dal solito
coretto di piagnistei solidaristici, nessuno si è reso conto che la recente visita del
presidente ucraino Zelensky a Roma, sia stato l’evento che, mai come ora, ha
sanzionato la fine dell’Europa, intesa come soggetto politico unitario, meta ideale di
quel percorso tracciato dagli Spinelli, dagli Adenauer e da altri ancora. Le modalita! con
le quali il Vecchio Continente, nella vicenda del conflitto russo-ucraino, si e! mossa, ci ha
mostrato sin troppo chiaramente, la propria irresolubile incapacita! ed insipienza a
tener testa ad una qualsivoglia situazione. La Federazione Russa con la quale l’Europa,
e l’Italia in particolare, intratteneva ottimi e fruttuosi rapporti commerciali, e! stata
fatta oggetto di una politica di sanzioni talmente idiota e suicida, da far seriamente
dubitare sulle capacita! cognitive di coloro che occupano ruoli di rilievo sia a Bruxelles,
che nelle varie cancellerie europee.
Sopra tutti, l’esempio della questione dell’importazione di gas. Con il progressivo venir
meno delle forniture di gas russo, in molti casi, le nazioni europee si sono affidate
all’importazione di gas proveniente dagli Usa, molto piu! caro di quello russo. Gli stessi
accordi frettolosamente conclusi dal nostro paese, con varie realta! del Terzo Mondo e
non (Algeria, Mozambico, Azerbaigian, etc.), rappresentano una soluzione
momentanea, ma non ancora una valida alternativa, visto che l’intera impostazione
delle nostre infrastrutture e! ancora orientata in direzione dell’importazione di gas
dalla Federazione Russa. Il tutto, senza considerare che la Russia detiene sul suo
territorio ben il 65% delle materie prime dell’intero pianeta. Ora, tutto questo, altro
non ha fatto che gettare l’immenso paese tra le braccia di quella Cina che altro non
aspettava, se non di avere le spalle “coperte” al proprio nord ovest, al fine di poter
meglio affrontare la partita a risiko con gli Usa, per il dominio sull’Oceano Pacifico ed
in particolare, per cercare di mettere le mani sull’isola di Taiwan ed accaparrarsi la
produzione mondiale dei microprocessori, di cui l’isola asiatica, detiene il primato
mondiale. Il processo di accerchiamento della Nato attorno alla Federazione Russa,
troverebbe il proprio definitivo completamento con l’installazione di basi missilistiche
in quella Ucraina che, di fatto, costituisce una sorta di comoda porta d’ingresso per la
Russia, finendo con il renderla molto piu! vulnerabile.
Cosa la quale, qualunque leader politico animato da un minimo di buon senso, non
avrebbe mai potuto permettere, trattandosi, tra l’altro, della seconda potenza
planetaria. In tutto questo, senza dimenticare che, nonostante i media “embedded”
sminuiscano artatamente la cosa, la maggior parte dei paesi del mondo ha una
posizione di malcelata diffidenza, se non addirittura di aperta ostilita!, nei riguardi delle
politiche guerrafondaie del blocco occidentale. A parte Brasile, India, Cina e Sudafrica
(componenti quel patto geoeconomico chiamato BRICS, includente tra l’altro, la Russia,
sic!), come abbiamo gia! detto, paesi come Iran, Siria, Venezuela, Nicaragua e tanti,
troppi, altri ancora, sono su posizioni ben lontane da quelle occidentali. La ripresa delle
relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita ed Iran, sino a poco tempo fa acerrimi nemici
e competitors, per il predominio ed il primato in gran parte dello scacchiere islamico,
(dalla penisola arabica, con il conflitto in Yemen, al Pakistan, dall’Afghanistan alla
Somalia, dalla Bosnia e le limitrofe regioni balcaniche, sino ad alcune realta! dell’Asia
Centrale), segna un decisivo cambio di passo, da parte di un settore di mondo che, se
sinora si era mostrato quanto mai diviso e titubante, ora sembra iniziare a volgere lo
sguardo sempre piu! lontano dall’Occidente. Tutto questo, finira! con il provocare
necessariamente una contrazione delle possibilita! di interscambio da parte
dell’Eurozona con il resto di un mondo, sempre piu! interessato a crearsi dei circuiti
economici, svincolati dalla tutela finanziaria Usa, rappresentata dal dollaro o dall’euro.
Ed il recente viaggio del presidente brasiliano Lula in Cina, al fine di rinsaldare una
partnership economica che al Brasile frutta 150 miliardi dolllari l’anno, come la
nomina della ex presidente brasiliana Djlma Roussef, a responsabile della banca dei
Brics, assieme al sempre piu! frequente uso dello yuan cinese al posto del dollaro,
costituiscono un esempio, a tal fine, molto eloquente. In tutto questo scenario,
l’Europetta di Bruxelles ha scelto di darsi un ruolo totalmente subalterno a quello degli
Usa, arrivando ad intaccare in modo oltremodo incisivo, i propri bilanci pubblici, per la
fornitura di armi all’Ucraina, il tutto non senza tralasciare i costi sociali da queste
scelte determinati nei vari paesi dell’infelice Unione.
Ora, il fatto che l’Europetta funzioni male, non puo! essere attribuito esclusivamente
all’influenza della politica americana ma, bensì!, anche ad un altro, fondamentale,
fattore. Con il concetto geografico di Europa, si e! voluto grossolanamente e
frettolosamente includere in un’unica entita! politico economica, tutta una serie di
realta! socio economiche, distanti tra loro migliaia di miglia, quanto a storia, costumi e
tradizioni. Non solo. La creazione di una comunita! economico finanziaria, imperniata
sul principio che contribuisce di piu!, chi di piu! ha, in termini di Pil e redditivita!
economica, con l’allargamento dell’Unione a realta! meno incisive dal punto di vista
economico,(come nel caso dei paesi dell’ex Patto di Varsavia...) sta determinando un
progressivo livellamento e deterioramento, delle generali condizioni economiche delle
popolazioni europee.
Un esempio sopra tutti. I tanto magnificati fondi del PNRR, altri non sono che prestiti
su quei contributi versati a Bruxelles che, ironia della sorte, l’Italia riceve per graziosa
concessione, vincolati ad una restituzione con tanto di interessi, che dovremo pagar
noi e le generazioni di italiani a venire. Tutto questo insieme di fatti, ci porta dinnanzi
alla conclusione che quella dell’Europa unita, altri non e! che una inutile e dannosa
distopia, da cui bisogna cercare di sganciarci, il prima possibile. Questo non deve
significare il ritorno ad antiche rivalse, o a stupidi e dannosi antagonismi, ma ad un
ripensamento dell’intera struttura comunitaria europea, non piu! da intendersi alla
stregua di un quanto mai farraginoso ed irrealizzabile super-stato, quanto alla stregua
di una confederazione di liberi stati, accomunati da vincoli molto piu! leggeri ed elastici,
alla cui base dovrebbe stare un’idea di reciprocita!, in base a quelli che dovrebbero
essere i reciproci interessi geopolitici e geoeconomici del momento. Una comunita! di
stati indipendenti, unicamente animata da un patto di reciproca solidarieta!, nel caso
del profilarsi di un comune pericolo, potrebbe costituire una vera svolta e l’unica via di
uscita, ad una crisi oramai divenuta irreversibile.
Il cercare di ridar vita ad una istituzione-cadavere, i cui unici interessi sono quelli di
assecondare gli interessi di alcuni stati (Germania, Francia, Olanda etc.) a discapito di
altri (Italia, Grecia, Spagna, etc.) a causa del persistere di una visione della politica
europea, da cancelleria ottocentesca o di fare da zerbino agli interessi dell’atlantismo
Usa e delle istituzioni finanziarie globali ad esso connesse, e! esercizio quanto mai
sterile e dannoso. Quello di Bruxelles e!, ad oggi, una specie di circo equestre dalle
gambe molto piu! fragili, di quel che si possa pensare. Basterebbe che una realta!
nazionale come l’Italia, ancora forte di un parco industriale di tutto rispetto e di una,
piu! che consolidata tradizione di piccola e media imprenditoria, battesse un momento
il pugno sul tavolo e l’intero euro-baraccone entrerebbe in una ultima spirale di crisi, la
cui unica uscita, sarebbe la sua definitiva messa in liquidazione. E per dare un primo,
forte, scossone, iniziare ad adottare gradualmente una monetazione autonoma da
quella dell’euro, non piu! fondata su un valore virtuale, ma su quella che, di un paese,
dovrebbe essere l’economia reale. Il secondo forte segnale, dovrebbe esser
rappresentato dal rifiutarsi di pagare gli interessi sul debito da PNRR, sino ad arrivare
a non restituir piu! nulla alle casse di Bruxelles.
Sogno? Utopia? O qualcosa che, in un non troppo lontano futuro si potrebbe realizzare,
viste le gia! ora precarie condizioni in cui versa l’italica economia? A questo punto,
l’unica risposta, non puo! che stare nella voglia dei cittadini di compattarsi, al di la! di
vecchi ed oramai stantii steccati politico-ideologici, e procedere, decisi, in direzione
della messa in liquidazione di quell’ordine globale, fatto di un continuo accavallarsi di
precarieta!, emergenze, imposizioni che, i popoli europei e del mondo intero,
sopportano con sempre piu! disagio.
UMBERTO BIANCHI