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Il coperchio della pentola è sul punto di saltare

di Francesco Lamendola - 30/09/2019

Il coperchio della pentola è sul punto di saltare

Fonte: Accademia nuova Italia

Nella notte di sabato scorso, 21 settembre 2019, a Treviso, tre giovani giostrai sinti, sospettati di aver tentato una rapina, hanno rifiutato di fermarsi alle intimazioni della polizia e si sono dati alla fuga a tutta velocità. Ne è nato un inseguimento sul filo dei 100 all’ora, con l’auto degli inseguiti che ha più volte zigzagato e che infine ha speronato l’auto della volante, andando da ultimo a schiantarsi contro un negozio di fruttivendolo, rimasto semidistrutto. Poteva scapparci il morto e, se qualche passante si fosse trovato in quel momento sul marciapiedi di viale Luzzatti, sicuramente ci sarebbe scappato. Così come sono andate le cose, uno dei tre giovani è finito all’ospedale, dove è tuttora piantonato dalla polizia, mentre gli uomini in divisa hanno riportato contusioni di una certa gravità. Il fruttivendolo dovrà lavorare almeno un mese prima di poter riaprire il suo negozio, per non parlare delle spese che dovrà sostenere. I due giostrai rimasti illesi sono stati arrestati e condotti in carcere, ma lunedì 23, a meno di 48 ore dai fatti, ecco il colpo di scena: il giudice per le indagini preliminari, Angelo Mascolo, li fa scarcerare, imponendo loro solo l’obbligo della firma. Il provvedimento giudiziario ha suscitato l’indignazione del sindaco, del questore e dell’intera cittadinanza, i quali hanno bollato con parole di fuoco la decisione. Ci si domanda, desolati e offesi, cosa bisogna fare, in Italia, per restare in carcere, dopo aver commesso un reato, se ciò che hanno fatto quei tre giovani non è stato considerato abbastanza grave. E come devono sentirsi gli uomini delle forze dell’ordine, che rischiano la vita ogni giorno e ogni notte, di fronte a simili decisioni della magistratura? E il cittadino comune, perbene, rispettoso della legge, come si sente, sapendo che chiunque può fargli del male e poi trovare il massimo della comprensione e dell’indulgenza da parte dell’autorità giudiziaria, mentre per lui non ci sono mai sconti né agevolazioni, e la finanza è pronta a piombare ad ogni festa paesana, ad ogni manifestazione di quartiere, per elevare multe salatissime ai piccoli commercianti che hanno osato servire un bicchiere di vino senza rilasciare lo scontrino fiscale, o che hanno eretto un tendone senza tutti i bolli e le forme necessari? I due giovani, già scarcerati, si sono prontamente difesi e hanno fatto sapere, per bocca del loro avvocato, che non stavano affatto rubando, e che la fuga è stata dovuta a un’imprudenza del conducente, il quale aveva bevuto qualche bicchiere di troppo e aveva paura che gli togliessero la patente. Loro, però, gli avevano detto di fermarsi; ma lui, niente, insomma, una ragazzata, una cosa da nulla. Lo speronamento? Veramente sono stati loro ad aver avuto “l’impressione” che l’auto della polizia li volesse speronare… Per buona misura, si è poi venuti a sapere che uno dei tre baldi giovanotti abita, con la madre, in una casa dell’Ater. In altre parole, questa gente vive a condizioni agevolate grazie alla società che essa ricambia commettendo reati di questo genere.

Di fatti come questo, che abbiamo riferito, ne succedono ogni giorno, da queste parti. Parliamo del Nord-Est d’Italia, la parte del Paese che produce, da sola, gran parte del Pil, e che permette a regioni come la Calabria di mantenere più guardie forestali di quante ne abbia il Canada (!), per non far nulla, se non sono loro addirittura che appiccano gli incendi; e a regioni come la Sicilia di pagare sedici mensilità ai suoi dipendenti, con un commesso che guadagna quanto un primario d’ospedale. E poiché ci viviamo, possiamo assicurare quanti non lo sapessero che, da queste parti, la misura  è colma. La gente non ne può più. Ogni giorno le cronache riportano episodi di criminalità, grandi e piccoli, al centro dei quali si trovano, due volte su tre, degli stranieri, e particolarmente dei clandestini. Ogni giorno accadono tre, quattro, cinque fatti più o meno allarmanti, nella sola provincia di Treviso; in tutto il Nord-Est bisogna moltiplicare questa cifra almeno per venti. E restano fuori dal conto tutti i furti e le rapine che non vengono neppure denunciati, perché la gente è talmente sfiduciata che non crede serva a qualcosa sporgere denuncia; e tutti quei reati, commessi da stranieri, per i quali le forze dell’ordine hanno avuto ordine di non far pubblicità, perché non si deve allarmare la popolazione e, soprattutto, non si deve alimentare il “razzismo”. Eppure, il giudice che ha fatto scarcerare i due protagonisti della notte folle di Treviso è lo stesso che, tempo addietro, dava ragione ai cittadini che dicono di volersi difendere da soli, e lui stesso aveva detto di voler girare armato di pistola perché lo Stato non c’è più, guadagnandosi un tweet di approvazione da Salvini. E allora? A che gioco stiamo giocando? Una cosa è certa: la distanza, che è sempre esistita, fra il sentire del cittadino comune e i rappresentanti delle istituzioni, particolarmente della magistratura, ma anche della politica, della sanità, della scuola, ecc., si è allargata in maniera impressionante, è divenuta una voragine. Il livello di sopportazione della gente di fronte all’insicurezza, alla criminalità, al disordine sociale stabilito per legge, ha raggiunto livelli di guardia. Che ci fa quella folla di stranieri, certamente clandestini, accampata in permanenza davanti alla stazione ferroviaria di Roma, a quella di Milano e a quelle di tante altre città? È possibile che un cittadino che deve prendere il treno, specie nelle ore notturne, debba sentirsi esposto a una grave minaccia solo per attraversare la “terra di nessuno” che si è creata in quei luoghi? Ed è ammissibile che un cittadino, un pensionato, tornando a casa dalla spesa, debba accostarsi alla porta di casa propria col batticuore, nel dubbio e nel timore che qualche straniero, o qualche zingaro, sia penetrato nell’appartamento durante la sua assenza e lo abbia occupato? Ed è tollerabile che, quando ciò accade, si trovi sempre un comprensivo giudice di sinistra che prende atto che i poverini non hanno altra dimora in cui andare, e lascia il legittimo proprietario a dormire sul pianerottolo, prima di rendergli giustizia – ammesso che giustizia gli venga infine resa? In quale altro Paese al mondo sarebbero tollerate simili cose? Quale altro popolo al mondo ha mostrato più pazienza, più capacità di sopportazione del nostro? Per poi sentirsi dire da un qualsiasi Macron che la politica dei respingimenti, decisa dal governo Conte 1, è “vomitevole”? O per sentire alla televisione i concittadini di Carola Rackete, figlia annoiata di milionari, biasimare i cittadini italiani che non accolgono gli stranieri? O per udire Roger Waters, membro storico dei Pink Floyd, affermare con strafottenza e una vena di razzismo anti-italiano che i clandestini (che lui chiama profughi) non vengono per rubargli la sua pizza? Tutti a puntare il ditino contro gli italiani, tutti ad inarcare le sopracciglia quando i mass-media, che non hanno detto un bel niente per vent’anni, mentre sulle  nostre coste sbarcavano centinaia di migliaia di africani, riferiscono che una nave di falsi profughi è stata trattenuta al largo e che le è stato vietato di entrare in porto. Problemi che ora non si ripeteranno, visto che la BCE è riuscita a insediare in Italia un governo di suo completo gradimento, e che gode della piena approvazione della signora Merkel, con la quale il signor Conte, chiacchierando amabilmente, si vantava della prodezza d’aver detto: Se non li fanno sbarcare, li vado a prendere io in aereo, fra risatine e strizzatine d’occhi. Insediamento che è stato preceduto, non lo si dimentichi, dalla votazione del Movimento 5 Stelle, al Parlamento di Bruxelles, per eleggere la candidata della Merkel, Ursula von der Leyen, alla carica di Presidente della Commissione europea (ma i 5 Stelle non erano euroscettici e non volevano indire un referendum per l’Italexit?). Questo per ricordare agli smemorati e agl’ingenui che la sfiducia a Conte da parte di Salvini è stata preceduta e preparata da mesi di manovre di palazzo, in Italia e in Europa, per predisporre lo scenario attuale, col PD al governo. Il quale scenario non è che il preambolo di quello futuro, con Draghi presidente del consiglio e Prodi presidente della Repubblica. Il tutto con la benedizione di Napolitano e Mattarella e, quel che più conta, di Attali e dei banchieri di Bruxelles e di quelli internazionali, come Soros. E senza dimenticare il signor Bergoglio, naturalmente: a riprova del formidabile blocco di potere che si è mobilitato per riportare l’indisciplinato popolo italiano al senso dell’ordine e al rispetto dei suoi “doveri”.

Sicché la situazione è questa. A un popolo che non è più libero nemmeno di girare per le strade delle sue città, che non è più sicuro nemmeno di restare chiuso in casa; a un popolo dove a un gelataio o un barista che hanno lavorato quarant’anni non toccheranno più di cinquecento euro di pensione, ma presso il quale qualunque massa di africani può presentarsi con la forza del ricatto (come la minaccia di buttarsi in mare), con le più ampie garanzie di trovare accoglienza, vitto, alloggio, musica e telefonino inclusi: a un popolo ridotto in queste condizioni, coi giovani che se ne vanno all’estero, con le loro lauree ripiegate sotto il braccio, a cercare lavoro come camerieri, e con dei tangheri qualsiasi, come Roger Waters, che gli fanno la predica e lo sfottono dall’alto delle loro ville con piscina e dei loro conti in banca a nove zeri, non si può chiedere, umanamente, di sopportare oltre. È arrivato al limite e sta per scoppiare: il coperchio della pentola sotto pressione è sul punto di schizzare via. Qualche cosa sta per succedere, e succederà; e ciascuno dovrà assumersi la responsabilità di quello che ci aspetta, perché il tempo delle chiacchiere è finito. È finito anche, speriamo, il tempo di Banca Etruria, di Bibbiano e dei ribaltoni di palazzo, dei Conte che dicono: La mia esperienza di governo finisce qui, e il giorno dopo fanno un governo di segno opposto al precedente, alla faccia del popolo sovrano. Ma prima che ciò accada, sarebbe bene che gli italiani riflettessero su come si è arrivati a questo punto; su quali meccanismi sono stati messi in moto per trascinare l’Italia in un vicolo cieco, con l’economia praticamente morta, i grandi industriali che hanno già delocalizzato, i piccoli e i medi che lottano eroicamente per sopravvive ma non ce la fanno più, ammazzati dal fisco e dalla “giustizia”, e con gli artigiani e i piccoli commercianti che falliscono uno dopo l’atro per essere sostituiti in basso dai cinesi, e in alto dai colossi stranieri degli ipermercati. Tre date bisogna tenere a mente, perché in esse è riassunta la tragedia della distruzione di uno Stato, l’Italia, che aveva, e avrebbe, tutte le carte in regola per essere una delle maggiori potenze mondiali; uno Stato che ha una riserva aurea fra le maggiori al mondo, un risparmio privato fra i più alti al mondo, e un complesso di beni storici e artistici che supera di decine di volte quello di qualsiasi altra nazione del pianeta e che da solo vale un immenso capitale.

La prima data è il 1981, quando avvenne lo scorporo fra la Banca d’Italia e il Ministero del Tesoro, primo passo verso la privatizzazione di Bankitalia e del suo assoggettamento a una pletora di burocrati europei. In quel momento, l’Italia ha incominciato a perdere la sovranità monetaria, perché è la Banca d’Italia ad emettere il denaro, ma è il governo che deve poi garantire la rendita dei titoli di Stato che vengono collocati all’asta.  I cordoni della borsa hanno cominciato a sfuggir di mano al popolo italiano in quel momento e con quella decisione. Vale la pena di ricordare il nome del galantuomo che si è reso protagonista di quell’operazione: era Beniamino Andreatta, democristiano di ferro. La seconda data è il 1999, quando l’Italia aderì all’introduzione dell’euro per tutte le forme di pagamento non fisiche, cui succedette, dal 1° gennaio 2002, la moneta unica per i dodici Paesi della zona euro. Il capo del governo di allora era Romano Prodi, leader del Movimento per l’Ulivo, una coalizione di centro sinistra egemonizzata dall’ex PCI, poi PDS, poi DS, poi PD. La terza data è il 1992, precisamente il 2 giugno, quando si tenne a bordo del panfilo Britannia, di proprietà della Corona d’Inghilterra, una riunione privata ad altissimo livello fra manager e banchieri delle due nazioni. Oggetto della conferenza: le privatizzazioni da attuarsi nell’economia italiana. Alla faccia della messa al bando della diplomazia segreta: una svolta decisiva per il futuro di un grande Paese, membro del G7 e, all’epoca, fra le cinque massime potenze economiche mondiali, veniva deciso da un ristretto numero di persone, nessuna delle quali eletta dal popolo, in una sede del tutto privata, a porte chiuse e senza alcun comunicato stampa. In pratica, da allora è iniziata la svendita dell’industria italiana ai grandi gruppi stranieri. Se un giorno si farà chiarezza su quell’episodio e se verranno accertate le precise responsabilità, a cominciare dai nomi di quanti erano a bordo, sarà indispensabile che una commissione d’inchiesta fornita di pieni poteri vada sino in fondo, perché in quell’episodio si configura un reato gravissimo: alto tradimento ai danni dello Stato, con la partecipazione, la complicità o la connivenza delle più alte cariche dello Stato stesso. A partire da quel momento, l’Italia non è più stata degli italiani e la retorica del popolo sovrano è divenuta, in tutto e per tutto, una vuota formula che maschera una realtà impietosa: siamo diventati una colonia dei poteri forti mondialisti, dei banchieri alla Soros, dei tecnocrati di Bruxelles e, peggio, un’impresa in liquidazione a prezzi di saldo. Chi ha soldi, nel mondo, può venire a fare shopping delle nostre migliori imprese, e portarsele a casa per un pezzo di pane. Non è un commercio, ma una svendita fallimentare, attuata sulla testa e all’insaputa dei diretti interessati. Quante aziende statali ancora sane sono state portate deliberatamente verso la bancarotta, per poi metterle in vendita al miglioro offerente? L’invasione dei falsi profughi africani, il dilagare della criminalità, l’impotenza delle forze dell’ordine e l’incomprensibile buonismo della magistratura sono tasselli di questo più vasto mosaico, il cui disegno complessivo è, in fondo, tragicamente semplice: l’Italia è stata messa in vendita, chi vuole se la compra. Col valido aiuto dei nostri politici.