Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / In morte di Irina Zaruckaja

In morte di Irina Zaruckaja

di Riccardo Paccosi - 10/09/2025

In morte di Irina Zaruckaja

Fonte: Riccardo Paccosi

Come tanti, sono rimasto sconvolto dal video e dalle immagini relativi all'assassinio di Irina Zaruckaja.
Un necessario riassunto dovuto al fatto che la notizia è stata silenziata dai media mainstream: Irina Zaruckaja era una ventitreenne ucraina rifugiata negli Stati Uniti che, il 6 ottobre, viaggiva in un treno locale del North Carolina. Un afroamericano seduto dietro di lei - che si scoprirà poi essere un homeless - senza preavviso e senza motivo le ha sferrato diversi colpi di coltello al collo e, quindi, la ragazza è morta sul colpo sotto gli occhi di altri passeggeri immobili. 
Non ho guardato il video integrale - che è reperibile online - né lo guarderò mai, in quanto ciò che è visibile nei fotogrammi del "prima" e del "dopo" l'assassinio, mi pare più che sufficiente.
Penso occorra, però, capire l'orrore al fine di comprendere come arrestare questa deriva.
.
Comincerei col sottolineare, per esempio, come la gratuità assoluta del gesto richiami assai più allo stato di collasso della coesione sociale nelle metropoli che all'esplodere d'una specifica tensione interculturale o interetnica.
A conferma di questo vuoto nichilistico generale, infatti, nel video risulta spaventoso anche il comportamento della donna seduta di fianco alla vittima che non interviene e, quando l'aggressore se ne è ormai andato via, neppure soccorre la ragazza.
.
Vedo che molti - anche amici - hanno abbracciato in modo irreversibile l'idea che la prospettiva dei paesi occidentali sia la guerra civile interetnica.
A parte il fatto che non si capisce bene come una simile guerra potrebbe essere combattuta e vinta, io rifiuto di giocare una partita in cui ogni pedone della schacchiera e ogni schema di gioco siano stati predisposti dalla classe dominante. Il conflitto sociale orizzontale, fra parti della società, è destinano a essere balsamo rinvigorente per quelle oligarchie che hanno concepito l'opera d'ingegneria sociale del globalismo e del multiculturalismo. Quindi non parteciperò mai a una lotta che non sia, innanzitutto, contro i responsabili della dissoluzione sociale in atto. Senza la detronizzazione di questi ultimi, ogni ipotesi di modello sociale e culturale alternativo, è destinata a rimanere una chimera. 
.
Il problema non è morale, non si tratta di "volémose bene".
Il problema, al contrario, è strategico: la guerra all'immigrazione dev'essere fatta a fianco degli immigrati, o meglio d'una parte di essi; cosa che peraltro, sei anni fa, avevano già iniziato a mettere in atto i gilet gialli francesi. 
Certo, sarà inevitabile anche una prospettiva politicamente avversa alle reti organizzate dell'immigrazione, in quanto queste ultime prima o poi dovranno fare i conti con un paese ospite che difende e attribuisce primato alla propria cultura e al proprio retaggio, ovvero che non abolisce i presepi nelle scuole per paura di offendere le minoranza (e al contempo senza riguardo alcuno per la maggioranza). 
Rimane però il fatto che, all'interno della popolazione immigrata residente, ci sono moltissime persone che potrebbero approvare prospettive di regolazione e limitazione come quelle citate. 
.
Infine, va detto che l'orrore del vuoto nichilistico racchiuso in questa vicenda, non discende soltanto dal multiculturalismo ma anche da una pregressa dissoluzione dei legami comunitari determinatasi nel capitalismo post-industriale e dall'aggravio dell'alienazione sociale apportato dalla digitalizzazione della nuda vita. 
Certamente, il fatto che i media - pronti a scatenare indignazione di fronte a specifici casi di femminicidio o assassinio di afroamericani - di questa vicenda invece tacciano, è tragicamente eloquente e indicativo. 
E negli Stati Uniti ciò porta acqua al mulino di Trump, il quale punta a nascondere la polvere della crisi sociale sotto quel tappeto che è l'esercito inviato nelle strade.