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La lotta finale tra il capitale e i contadini?

di Denis Collin - 16/12/2025

La lotta finale tra il capitale e i contadini?

Fonte: GRECE Italia

La crisi agricola scatenata dall’abbattimento delle mandrie quando una mucca è affetta da DNC, nel Doubs e nell’Ariège, ad esempio, solleva questioni più generali. Al di là degli aspetti tecnici, l’abbattimento delle mandrie, ribattezzato in gergo burocratico «misure di depopolamento», è percepito da molti contadini come un nuovo colpo per accelerare la scomparsa della classe contadina. È noto che gli Yankees abbatterono i bisonti per sbarazzarsi dei nativi americani e si ha l’impressione che qui si stia ripetendo una nuova versione di quella storia. Per comprendere appieno la posta in gioco, è necessario assumere una prospettiva storica più ampia.

 La legge del capitale

La storia del capitalismo è legata, in ogni sua fase, alla lotta per eliminare la classe contadina e sostituirla con un’agricoltura industriale capitalista. L’atto di nascita del capitalismo inglese è il vasto movimento delle recinzioni, che ha visto i proprietari terrieri chiudere i pascoli comuni ed espellere i contadini. Ne Il Capitale, Marx dedica ampi sviluppi a questo episodio. Le pecore dovevano sostituire i contadini e fornire la lana per l’industria che stava iniziando il suo decollo. Più in generale, la vecchia agricoltura tradizionale doveva scomparire, perché anche in questo caso la produzione industriale capitalista doveva espandersi. L’accumulazione di capitale è un’accumulazione in continua espansione e nessun settore deve sfuggirle.

C’è un secondo aspetto in questa vicenda: il profitto capitalistico dipende in parte dal valore della forza lavoro: più questa diminuisce, più il plusvalore può aumentare! Poiché la giornata lavorativa non è estendibile all’infinito, il capitale – di cui il capitalista è solo un funzionario – deve cercare di ridurre la parte della giornata che corrisponde alla compensazione del valore della forza lavoro. Poiché il cibo dell’operaio costituisce una buona parte di questo valore della forza lavoro, ridurre il valore del cibo è un’esigenza imperativa. Ecco perché i capitalisti industriali e i loro difensori come Ricardo chiedevano l’abrogazione delle Corn Laws (le leggi protezionistiche sui cereali), che furono abrogate nel 1846. Nulla di nuovo sotto il sole: i capitalisti di oggi sono ferventi sostenitori del libero scambio e dell’importazione di cibo al minor costo possibile.

Se la carne brasiliana opportunamente dopata può arrivare in Francia a un prezzo molto più basso rispetto alla carne bovina Charolaise allevata lentamente nei pascoli, perché dovremmo rinunciarvi? Poiché la carne è diventata un elemento importante dell’alimentazione dei più poveri, mentre i ricchi si sono convertiti al veganismo e alla quinoa, strani indicatori sociali, abbassare il prezzo della carne diventa un imperativo categorico. Come l’abrogazione delle Corn Laws, l’accordo di libero scambio con il Mercosur deve svolgere questa funzione.

Un altro esempio: la ricchezza agricola dell’Ucraina alimenta le ambizioni americane ed europee. Oltre ai vantaggi naturali (le famose terre nere), l’Ucraina ha un vantaggio sociale: la collettivizzazione sovietica ha fatto tabula rasa e preparato il terreno per lo sviluppo di gigantesche «fattorie». La più grande raggiunge i 515.000 ettari e produce oltre 3,5 megatonnellate di cereali e oleoproteaginose. Le aziende agricole ucraine hanno comunemente una superficie superiore a 10.000 ettari. Il grano esente da dazi doganali può entrare nei porti dell’UA a un prezzo pari alla metà di quello del grano francese… tutto va per il meglio nel migliore dei mondi liberoscambisti.

 È una m….!

I più anziani ricorderanno quel cronista televisivo di un tempo che si interessava ai prodotti alimentari industriali venduti nei supermercati e che concludeva generalmente la sua rubrica con un tonante «è una m….». Quello che veniva chiamato «cibo spazzatura» è esattamente questo e deriva dall’attuazione delle politiche di riduzione del costo della manodopera. Engels riferisce che la qualità del pane per gli operai inglesi era in costante diminuzione. Per abbassare ulteriormente il prezzo del pane, i fornai avevano trovato ingegnoso mescolare gesso o creta alla farina. Engels, in La situazione della classe operaia in Inghilterra, fornisce numerosi esempi di tutti questi prodotti adulterati. Anche la trasformazione industriale dei prodotti alimentari, la quota crescente dei pasti consumati fuori casa e i piatti consegnati a domicilio fanno parte dei mezzi utilizzati oggi per ridurre il costo dell’alimentazione.

I confronti internazionali sono crudeli: i francesi spendono troppo per l’alimentazione. Sono troppo legati alle loro tradizioni e spendono per nutrirsi molto più degli inglesi o degli americani, ma più o meno quanto gli italiani. I francesi, come gli italiani, continuano a pensare che mangiare sia una cosa seria. Il successo del «canon français» ne è la prova: un’azienda specializzata nell’organizzazione di grandi banchetti dove si può banchettare «alla vecchia maniera» ha riscosso un grande successo con questo marchio. Per la burocrazia capitalista, l’agricoltura francese è troppo diversificata, troppo legata al territorio, alle denominazioni, al paese… e ai contadini. Nel vigneto, ciò che conta è l’appezzamento, l’orientamento e il terreno. Lo stesso vitigno produce vini diversi a 500 metri di distanza. Come governare un paese che ha 400 tipi di formaggi? Come standardizzare e aumentare la produttività in tali circostanze? Standardizzate tutto questo e potremo ingrassare il popolo francese come si ingrassa l’americano medio. Le «città» con i «kebab» mostrano la strada.

 Una Francia senza contadini

La scomparsa dei contadini è stata programmata da tempo. Lo avevano annunciato gli scienziati pazzi. Parlando della situazione nell’anno 2000, Marcelin Berthelot esclamava: «A quel tempo, nel mondo non ci saranno più né agricoltura, né pastori, né contadini: il problema dell’esistenza attraverso la coltivazione del suolo sarà stato eliminato dalla chimica!» (Discorso al banchetto della Camera sindacale dei prodotti chimici, 5 aprile 1894).

Nel 1965 Michel Gervais, Claude Servolin e Jean Weil pubblicarono per le edizioni Seuil Une France sans paysans (Una Francia senza contadini), un libro che annunciava l’inevitabile scomparsa dell’agricoltura tradizionale, destinata a essere sostituita da un’agricoltura capitalista moderna. In un modo o nell’altro, tutte le riforme della IV e della V Repubblica hanno contribuito al raggiungimento di questo obiettivo. Il numero di aziende agricole è stato diviso per 4 dal 1970 (da 1.600.000 a meno di 400.000 oggi). Ma, nel frattempo, la superficie media delle aziende agricole è più che triplicata (vedi dati INSEE). E, soprattutto, queste aziende agricole non sono più aziende contadine. Appartengono a società che acquistano terreni e aziende agricole. In un servizio di France-Culture del 2022, Lucile Leclair ha sottolineato la difficoltà di accedere ai dati relativi a questo fenomeno, parlando di una vera e propria omertà. «Sotto la guida dei grandi gruppi industriali, non ci sono più agricoltori, ma solo lavoratori dipendenti. Un gruppo che gestisce significa la scomparsa del know-how e dell’identità degli attori. La terra è un organo vivente e se viene gestita a distanza come una normale azienda, non c’è più alcun legame né conoscenza della terra», afferma Lucile Leclair, che continua: «Tra gli acquirenti troviamo tutti i tipi di grandi gruppi, da Fleury-Michon alla maison Chanel. Quest’ultima, ad esempio, acquista fino a 150 volte il prezzo medio dell’ettaro in Francia per coltivare fiori per i profumi.

Questi acquisti vengono effettuati anche da paesi stranieri. Nel 2016, un industriale cinese ha acquistato nella regione del Berry 1700 ettari di terreno, ovvero 25 volte la dimensione media di un’azienda agricola in Francia, per coltivare cereali destinati alla sua catena di panifici in Cina».

Si comprendono meglio le assurde direttive sanitarie che spingono gli allevatori alla disperazione. Esse non sono che la parte più eclatante di una tendenza globale verso la normalizzazione capitalista dell’agricoltura, poiché si osservano gli stessi fenomeni di espulsione dei contadini in Spagna, Grecia o Italia.

 Il capitale è la morte

Le conseguenze dell’espulsione dei contadini e della crescente monopolizzazione della terra sono considerevoli. Il capitalismo agricolo sviluppa la meccanizzazione e l’uso di ogni tipo di ingredienti chimici, contribuisce al declino della biodiversità e si inserisce pienamente in questa distruzione della terra che dovrebbe allarmare tutti i consumatori di quinoa che vogliono salvare il pianeta, ma che, curiosamente, rimangono in silenzio di fronte a queste distruzioni massicce.

«Due terzi del territorio francese non servono a nulla», mi disse un giorno un alto funzionario dell’ufficio urbanistico. Ci si possono quindi mettere campi di pale eoliche o pannelli solari, rovinando tranquillamente la campagna, ad eccezione dei piccoli paesi dedicati al riposo e alla meditazione dei bohémien in vacanza. Si potrà forse preservare anche un’agricoltura di nicchia che fornisce prodotti «autentici», così utili per placare le angosce metafisiche del progressista medio. Il resto del territorio potrà così tornare a essere quella «natura selvaggia» che è il complemento del «sogno americano». Per nutrire le masse, in attesa del «soleil vert» (vedi il film omonimo. In Italia è uscito con il celebre titolo 2022: i sopravvissuti ), si ricorrerà all’agricoltura ucraina, americana o brasiliana. Sarà sufficiente per la plebe.

Il metabolismo dell’uomo e della natura è la condizione stessa della vita umana. Per il capitale, si tratta di sottomettere questo metabolismo alla possibilità di trasformarlo in denaro contante, in lavoro morto. Il contadino è alla base della vita e il capitale produce morte. Ecco il loro antagonismo più fondamentale. Ed ecco perché, nella logica del capitale, il contadino deve scomparire. Il contadino è anche il simbolo dell’autonomia (produce ciò di cui ha bisogno per nutrirsi), il simbolo dell’indipendenza, del lavoratore che non ha bisogno di sottostare al comando di un padrone, di un capo, di un burocrate… tutto ciò è totalmente insopportabile nel mondo moderno.

Significativo: nessuna forza politica, grande o piccola che sia, prende le difese dell’agricoltura contadina. La destra e il PS, fanatici europeisti che hanno ampiamente contribuito alla situazione attuale, si accontentano di chiedere un po’ di clemenza nell’eutanasia dei contadini. LFI, che giura solo sul «nuovo popolo urbano», sulla «nuova Francia creolizzata» e sulla scomparsa della Francia rurale «rancida», non può che applaudire segretamente. L’assoluto cretino che è Ayemeric Caron incarna perfettamente questo spirito del presunto gauchismo. Il RN, diventato europeista, protesta un po’ (sa di avere molti elettori nella Coordination rurale (CR). Sindacato agricolo indipendente), ma non farà nulla che possa irritare i suoi padroni del grande capitale e sporcare l’immagine ripulita di Bardella. Non resta che sperare che l’insurrezione contadina risvegli lo spirito di ribellione che era quello dei Gilet Gialli.