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L'angosciante rapporto Censis

di Simone Torresani - 06/12/2020

L'angosciante rapporto Censis

Fonte: Il giornale del Ribelle

È appena uscito il 54.mo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. È un rapporto tanto cupo, angosciante e tremendo che in certi punti si fa persino fatica a leggerlo: vien voglia di vendere tutto e una volta riaperte le frontiere rifarsi una vita alle "Isole Fortunate" (così chiamavano gli antichi le Canarie) o tra i colori variopinti del Messico. Verrebbe voglia, ma non lo si fa: accettare e rispettare e dare un senso al proprio luogo e condizione è forse "Il" senso della vita (e non "un senso della vita") e chiunque abbia perizia di comando non deve abbandonare la nave in tempesta.

Qualche cifra del disastro: frustrazione, mancanza di visione del futuro, inasprimento dei rapporti sociali e ostilità verso il prossimo abbondano nelle cifre.

Si pensi solo che per un concetto illusorio, aleatorio e astratto come la "sicurezza" gli italiani sono pronti per il 39% a limitare il diritto di sciopero, tanto faticosamente conquistato dalle generazioni precedente dopo lotte aspre. E non solo lo sciopero: anche le libertà di opinione e di associazione. Oltre il 77% sono favorevoli a più restrizioni (a parole), salvo poi lamentarsi in privato e a calpestarle: segno di schizofrenia e non indice di salute. Per 3 su 10 chi non ha rispettato le regole non deve essere curato. Il 43,5% -una cifra sorprendente- chiede la pena di morte nell'ordinamento giuridico. E ancora: solo il 13% pensa sia buona cosa tentare un lavoro autonomo imprenditoriale; il 54% e il 29% rispettivamente della piccola -media e grande impresa teme per il proprio lavoro, il 77% di autonomi e partite iva ha guadagnato molto meno rispetto al 2019; solo il 20% scarso pensa che "andrà tutto bene", per l' 80% andrà tutto male con varie gradazioni di pessimismo e il futuro fa paura. Non parliamo delle cifre sulla didattica a distanza, un flop assoluto che ha aumentato solo il divario tra gli studenti e non ha fatto imparare un bel nulla.

Poco da commentare: ne esce un quadro desolante d'un Paese vecchio ancor più nell'anima che nel fisico, perché l'ostinazione attaccata alla salute, alla vita e il rinunciare alle libertà nella speranza aleatoria e fallace di non ammalarsi è sintomo di un corpo sociale vecchio e ammuffito. La gioventù è anzitutto ribellione, sfida, temerarietà: l'evoluzione verso un atteggiamento maturo e consapevole deve passare attraverso queste esperienze di vita. Con queste risposte e il loro atteggiamento i giovani italiani sono i nonni di se stessi. Ci stupisce come nessuno degli intervistati, nessuna quota del campione statistico abbia incitato a una cosa rivoluzionaria se non ribelle: fare più figli per colmare i vuoti falcidiati dal coronavirus e colmare l'unico gap che ha davvero importanza, il passaggio di testimoni fra le generazioni, la continuità, in una parola il trionfo della Vita sulla Morte. Abbiamo perso noi, ha vinto il virus. Sars Cov 2 ci ha disumanizzati, resi sudditi, invecchiati e imbolsiti: ha vinto il virus, ha perso la società, ha perso la comunità. In tal quadro desolante spicca solo una luce e come disse Confucio " è meglio una singola candela nel buio che camminare nelle tenebre": il 25% della popolazione, incluse badate bene le fasce giovanili, iniziano a provare "stanchezza" per la comunicazione digitale. È da segnarlo e cerchiarlo in rosso: il digitale sta stancando 1 su 4 nei rapporti interpersonali.

Qualcuno dei lettori penserà: questo Simone Torresani deve avere qualcosa contro l'Italia, conti in sospeso o cose simili, da diversi articoli altro non fa che sciorinare spietate analisi da depressione, cifre, dati catastrofici sulla crisi irreversibile in cui versa la penisola, sembrerebbe quasi compiaciuto da come scrive e pare ossessionato dalla Disruption e dalla Quarta Rivoluzione Industriale. Non è che il lockdown gli fa male? Obiezioni lecite che meritano buone risposte: anzitutto mentalmente sto benissimo e siccome vivo, viviamo in Italia e ci si preoccupa di quel che accade qua. La fotografia impietosa è necessaria per capire il male, per comprenderlo: ogni tipo di indulgenza è mortale, in questa crisi la benevolenza è esiziale, occorre una analisi lucida, spietata e una grande, grandissima durezza anzitutto verso noi stessi. Circa la Disruption e la Quarta Rivoluzione Industriale si tratta di ciò che accadrà non tra cent' anni ma in questo decennio e forse prima del previsto, ormai si sono messi in moto i due fenomeni e il loro impatto sarà inimmaginabile, altro che macchina a vapore o locomotiva o Ford T o calcolatore elettronico: questa roba o la conosci, o la governi, o la scansi quanto puoi (nei limiti del possibile ed è l' opzione consigliata) o ti travolge in pieno, spazzandoti via. E per come siamo messi in Italia, rischia di essere una valanga. Catastrofica. In secondo luogo, come ho già scritto, i mali debbono essere risolti alla radice e la radice è soprattutto la morte della nostra civiltà. Il tumore, il cancro è interno: la metastasi uccide la nostra civiltà e la crisi economica, morale, sociale, sanitaria è solo un sintomo esterno d' un male che avanza, che galoppa, un tumore famelico che prosciuga le nostre dispense.

In queste pagine si leggono molte analisi eccellenti, di teste pensanti e ciascuno giustamente ha la sua ricetta: chi vorrebbe recuperare in toto la Costituzione, chi vorrebbe sovranità monetaria e politica, chi una nuova forma di socialismo o quant' altro, tutti concetti giusti, tutte analisi eccellenti, sia chiaro, ma la Costituzione, la sovranità, il socialismo, la moneta nazionale sono tutti concetti che per funzionare hanno bisogno d' una forza propulsiva : privi di tal forza, diventano massa inerte.

Diventano come le corazzate da guerra della Marina Imperiale Tedesca ferme nel porto di Kiel nelle ultime settimane della Grande Guerra, descritte magistralmente da R.Mandel nella sua superba "Storia Illustrata della Grande Guerra", al vol.V : " massa meccanica e colossi inerti se non vi è una forza umana di marinai determinati ad alimentare le caldaie e i cannoni per uscire, per cercare la sortita disperata. Il ferro e l'acciaio nulla possono se non manovrati dalla ferma volontà degli uomini".

Lo sforzo deve essere duplice: morale e materiale, se no l'encefalogramma è irreversibilmente piatto. Non parliamo poi che in questo decennio esploderanno fenomeni, con la Quarta Rivoluzione Industriale, difficilissimi da governare pure per un popolo ancora vitale, figuriamoci per noi.

Tutti ci si chiede: che fare, in concreto? Più avanti proveremo a lanciare qualche abbozzo di idea, consapevoli che la verità in tasca non l’ha nessuno.