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L’oligarchia estrattiva

di Roberto Pecchioli - 13/09/2025

L’oligarchia estrattiva

Fonte: Ereticamente

L’organizzazione umana è oligarchica, tutto il resto, in particolare l’idea di democrazia, è finzione creduta per ripetizione, inganno e autoinganno. Abbiamo chiamato oligarchia estrattiva il grumo di potere oggi vincente (la lotta per il dominio si svolge nella forma di guerra tra bande organizzate), poiché estrae con vari espedienti le risorse dei popoli, appropriandosene e utilizzandole per i propri scopi. La presa d’atto permette di sfuggire alle menzogne, comprendere chi detiene le chiavi del potere e diventare immuni ai meccanismi psicologici, ideologici, perfino morali per mezzo dei quali le oligarchie mentono ai popoli e si assicurano il consenso.
Gli esempi sono molteplici e facilmente comprensibili. Pensiamo alla famiglia Agnelli ora Elkann, la real casa di Villar Perosa che ha avuto in pugno l’Italia per più di mezzo secolo. Il rampollo preferito di Giovanni Agnelli (1921-2003), John Elkann, figlio di Margherita Agnelli, ha patteggiato una pena ridicola – pochi mesi di lavori socialmente utili presso un istituto religioso – per evitare una condanna per evasione fiscale di centinaia di milioni di euro nell’ambito dell’eredità del nonno e della di lui vedova, Marella Caracciolo, a sua volta impegnata a nascondere beni all’estero e la residenza in Italia. Giovanni, l’Avvocato per antonomasia, uomo di riferimento di circoli riservati come la Commissione Trilaterale legata ai Rockefeller, fu nominato senatore a vita nel 1991 “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”, come recita la motivazione.
Premesso che non crediamo che mai l’Avvocato abbia ritenuto l’Italia la sua patria – tutt’al più il suo regno – la Fiat fondata dal nonno (anch’egli senatore, ma dei Savoia) ha costituito il maggiore polo di potere oligarchico italiano. Per generazioni ha ottenuto leggi su misura e somme incalcolabili di denaro pubblico per sostenere le sue attività e superare le sue crisi. Risultato: l’uomo con l’orologio sopra il polsino della camicia ha nascosto all’erario almeno duemila miliardi delle vecchie lire, secondo la figlia Margherita, maltrattata dal testamento. Le accuse si sono rivelate vere e per sanare l’impiccio il ramo Elkann ha sborsato oltre centoottanta milioni di euro al fisco, trecentocinquanta miliardi delle vecchie, rimpiante, lirette. Intanto la Fiat non c’è più: quel che resta è uno spezzatino di diritto olandese con sedi sparse ovunque tranne l’Italia.
Ora un altro tesoretto di chi ha tanto illustrato la patria, pari a 250 milioni di euro, è stato rintracciato in Lussemburgo, uno dei tanti paradisi fiscali. Denaro nascosto anche al fisco svizzero, paese in cui alcuni membri della Real Casa di Mirafiori e dell’ex Lingotto – nomen omen – millantavano la residenza. Tutto appianato con l’esborso di una piccola parte di quanto evaso e qualche oretta di finto lavoro sociale, con annesse fotografie per la stampa del cuore e i giornali di famiglia. Quanti dei sessantacinquemila ospiti delle galere (patrie anch’esse) vorrebbero essere al posto di Elkann. Ad esempio – per tacere di molti innocenti e di non pochi poveracci, benché colpevoli di reati – Gianni Alemanno, ex ministro e sindaco di Roma caduto in disgrazia, abbandonato dal suo ambiente di provenienza, che sconta dal 31 dicembre scorso nell’inferno del carcere di Rebibbia un’incredibile condanna a un anno e dieci mesi per avere – udite, udite- favorito un pagamento lecito, già deliberato ma non ancora eseguito. Non contano le convinzioni di Alemanno, conta che non faccia più parte dell’oligarchia, ramo politico. E che, guarda caso, abbia espresso posizioni diverse da quelle del partito unico di sistema con correnti di destra, centro e sinistra.
E che dire dei responsabili dei clamorosi scandali bancari italiani – ladroni seriali – costati somme incalcolabili ai risparmiatori (ah no, si dice investitori!) e al solito munifico erario, chiamato a ripianare buchi colossali. Nessuno risulta incarcerato, né conosciamo i nomi di chi ha beneficiato delle gigantesche malversazioni. Sono probabilmente tutti membri delle varie caste che comandano l’Italia e non solo, con relazioni internazionali e appartenenze a circoli di potere più o meno riservati. Il disastro del ponte Morandi, accaduto sette anni fa, attende ancora la sentenza penale di primo grado. La famiglia proprietaria di Autostrade – Benetton – è salva e perfino risarcita, mentre un solo dirigente è da poco in carcere. Uscirà presto, secondo legge. Tutti oligarchi, termine che l’immaginario popolare costruito dal potere mediatico (altra casta, altra oligarchia) associa solo ai potenti russi.
Quanto all’Unione Europea, la gabbia d’acciaio in cui ci hanno rinchiusi, i suoi capi sono tutti cooptati, non eletti da alcuno. Del resto, difficilmente i popoli, per quanto resi zombie, eleggerebbero la laccata Frau Von der Leyen con marito in Big Pharma (oligarchia sanitaria) o l’amazzone guerrafondaia Kaja Kallas made in Estonia. Tutto ciò che ci impoverisce, ci lega mani e piedi e ci impedisce di decidere sul nostro destino è chiamato pietosamente vincolo esterno. In buon italiano significa che qualcosa o qualcuno – leggi calate dall’alto, oligarchie economiche e finanziarie, poteri estranei di varia natura – ha deciso in anticipo quello che si può e soprattutto quello che non si può fare. E dire, pensare, proporre.
Pensiamo al bizzarro criterio del debito statale, che non può superare annualmente il tre per cento del PIL, impedendo politiche economiche di lungo respiro e, da un po’ di tempo, all’ossessione per il riarmo europeo. Contro il nemico che non c’è bisogna orientare le risorse estratte dal lavoro dei popoli verso l’industria bellica per tamponare il crollo del sistema industriale franco-tedesco. Decide un’oligarchia – nessun popolo europeo è d’accordo – su mandato di cupole più potenti; un altro vincolo esterno. Neppure ciò che è accaduto con la pandemia apre gli occhi; non conosciamo la composizione e gli effetti dei preparati che ci hanno inoculato, ma chi li ha prodotti, oltre al segreto industriale, inammissibile quando si tratta della vita, ha ottenuto per sé lo scudo penale, ossia l’immunità, termine che con una “p” al posto della seconda “m” diventa impunità. Sapevano di averne bisogno, mentre, massima ironia, alle spalle dei giudici italiani campeggia la scritta la legge è uguale per tutti.
Ci hanno mai chiesto che ne pensiamo delle privatizzazioni di tutto o dell’immigrazione massiccia? Alcune oligarchie hanno deciso precarietà, meticciato e sostituzione etnica; ai popoli tocca obbedire e tacere. Se alzano la voce su quello e sugli altri temi sensibili sono pronte leggi elettorali e trappole giudiziarie che ribaltano la volontà popolare: la Romania, la Francia, il Regno Unito insegnano, mentre in Germania cercano di sciogliere il partito Afd, oggi primo nelle preferenze dei tedeschi. Appare sempre più sospetta l’esclusione dal parlamento per un pugno di voti – su cinquanta milioni – del partito di sinistra BSW, la cui presenza avrebbe impedito il governo Merz. Quasi ovunque accedono al potere politico – il livello più basso dell’oligarchia – mezze figure, spesso corrotte come in Spagna, o soggetti provenienti dalla finanza: Macron pupillo del gruppo Rothschild, Merz stesso, dirigente di Black Rock ed ex lobbista dell’industria tedesca.
In Italia abbiamo anticipato tutti con i governi tecnici, espressione dei poteri di fatto, e l’emersione di figure del mondo finanziario come Mario Monti ( senatore a vita dal 2011 per potergli affidare il ruolo di capo del governo dopo la liquidazione oligarchica di Berlusconi) e prima di lui Carlo Azeglio Ciampi, il governatore di Bankitalia già protagonista nel 1981 con Beniamino Andreatta (mentore di Romano Prodi) del disastroso “divorzio” tra Stato e Banca d’Italia responsabile dell’esplosione del debito, affossatore della lira nel 1992 al tempo dell’attacco alla nostra valuta di George Soros e della finanza dell’anglosfera. Per gli italiani l’esito fu la manovra “lacrime e sangue” di Giuliano Amato – unico sopravvissuto alla mattanza del Partito Socialista! – la svendita del patrimonio bancario e industriale sul panfilo Britannia, trampolino di un altro oligarca finanziario poi prestato alla politica, Mario Draghi. Per chi distrugge la nazione, la sua economia e la sua gente, le cariche istituzionali più alte. Tra gli applausi, poiché siamo prigionieri della narrazione menzognera promossa dall’oligarchia.
Tanto meno ci è stato spiegato il perché del vincolo esterno o ci è stato chiesto che ne pensavamo. Ma già, il popolaccio non è capace di decidere: a questo pensano gli oligarchi e i loro servi. Né ci è stato detto che non possediamo più la sovranità politica e quella militare: vietato discutere la Nato a trentacinque anni dalla fine dell’antagonista Patto di Varsavia. Soprattutto abbiamo perduto la sovranità monetaria. È il centro dei problemi, la madre di tutte le sconfitte subite dai popoli, dagli Stati e dai governi, ma domina la sacra mitologia dell’indipendenza delle “autorità finanziarie “e il divieto (Trattato di Maastricht) di intervento politico, cioè pubblico, sulla Banca Centrale Europea. La cupola finanziaria transnazionale è la regina di tutte le altre oligarchie, in stretta alleanza con i giganti tecnologici (fintech) che ha creato e alimentato. Oligarchie estrattive rapaci, padrone dei popoli. Possiedono tutto, dominano tutto. Ne riparleremo.