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La seconda guerra civile americana

di Gianni Petrosillo - 07/01/2021

La seconda guerra civile americana

Fonte: Gianni Petrosillo

Nel 1997, sulla televisione americana, andava in onda il film diretto da Joe Dante, The second civil war (la seconda guerra civile americana, nella traduzione italiana).
Una pellicola profetica, vista con gli occhi di oggi, abbondantemente superata dalla realtà, almeno in alcuni eventi e protagonisti.
La trama della proiezione parla di un’America invasa dagli stranieri che spinge il Governatore dell’Idaho a chiudere le frontiere, per impedire i flussi di clandestini da vari Paesi come il Messico. Ne nasce un contenzioso con il Governo Federale che tenta di infrangere il blocco cercando di far entrare in Idaho dei piccoli pakistani, rimasti senza genitori, dopo il lancio di una bomba nucleare da parte dell’India.
Il politico a capo dello Stato nord-occidentale degli Usa non si lascia intimorire, lancia il suo slogan anti-immigrazione e a difesa del sogno americano (L’America…come dovrebbe essere) che sembra quello di Trump (America…First) e mette la Guardia Nazionale a protezione dei confini.
Altri Stati, stanchi delle imposizioni buoniste di Washington, mandano i loro corpi di sicurezza a sostenere il coraggioso Governatore Jim Farley che proprio non comprende come si possa definire razzista “chi vuole preservare l’integrità della propria cultura”, salvare i posti di lavoro dei connazionali ed impedire alle banche e agli industriali di mandare la gente sul lastrico.
Farley, inoltre, come Trump è un vecchio porco sposato che si è innamorato di una giornalista messicana, la quale aspetta un bambino da lui. Ha già deciso di chiamare suo figlio Juan Pablo e di farne un grande leader americano, a dispetto di chi lo accusa di xenofobia, perché una cosa sono le orde di profughi ed un’altra è un solo messicano, per giunta figlio suo. Tuttavia, per amore della giornalista promette di far riaprire le frontiere, un’ora prima della scadenza dell’ultimatum datogli dalla Casa Bianca, e di avviare la successione. Qualcuno però a Washington viene informato male e anziché successione capisce secessione. Senza attendere il termine dell’aut aut l’esercito federale invade l’Idaho ed inizia la guerra civile. Gli americani si spareranno tra loro senza pietà per una decina di giorni finché non verrà riportato l’ordine dall’Amministrazione centrale.
Poiché, come dicevamo la realtà supera l’immaginazione, un tipo quasi come Farley (Donald Trump) è arrivato alla Casa Bianca con gli stessi slogan contro l’immigrazione, a favore dei lavoratori statunitensi e per il ripristino del sogno americano. Contro di lui si sono scatenati i politicamente corretti di ogni dove e i poteri forti, d’ispirazione democratica, usciti sconfitti dalle elezioni.
Con metodi menzogneri ed illegali costoro provano ora a rovesciare il legittimo Presidente. Ogni mezzo è lecito per raggiungere lo scopo, dalla propaganda-disinformazione (le accuse di razzismo) alle imputazioni, per ora solo adombrate, di alto tradimento (i legami con i russi). Dubito che, come nella finzione cinematografica, le cose possano sfuggire di mano ma non si può mai sapere. Certo è che gli Usa hanno sempre risolto tali problemi utilizzando sistemi più mirati e anche se non meno clamorosi. Evidentemente, nel Deep State statunitense la lotta si è fatta molto acuta ed è in atto una guerra per il potere più acerrima che in passato. E’ plausibile che si ridetermini un equilibrio in nome dell’unità nazionale ma prima che questo avvenga ne vedremo delle belle. Nulla sarà come prima perché una volta innalzato il livello dello scontro s’impone la tendenza a spingersi sempre oltre, finché non muta tutto il quadro dei rapporti di forza, trovando una nuova stabilizzazione. La fase di crisi politica mondiale agevolerà il verificarsi di simili eventi, negli Usa come altrove. La guerra per bande dominanti in tutto il pianeta sarà l’atout dei nostri tempi che cambiano. Ed i paesi più dipendenti dagli americani, in perdita relativa di potenza, sono quelli che sentiranno maggiormente le scosse che partiranno dal cuore dell’impero occidentale.

Le rivolte di questi ultimi giorni negli Usa ci ricordano cos’è questo Paese. L’America è un posto pericoloso. E’ pericolosa la polizia che adotta sistemi violenti, sono pericolose le minoranze che la abitano perché mai veramente integrate, sono pericolose le sue élite che coperte dalla legalità operano costantemente con una mentalità gangsteristica. Sceriffi, banditi, pistoleri, fuorilegge, indiani che, in fogge moderne, combattendosi formano una comunità. Il pericolo, in America, è un mestiere. In America non sai dove finisce il bene e dove inizia il male e viceversa. Quando i nostri mafiosi scopersero l’America si ritrovarono a casa ma in una casa ancor più grande di quella dalla quale erano partiti cosicché una piccola organizzazione malavitosa di provincia, in quel contesto, poté divenire una società del crimine internazionale. L’America fa tutto più grande e fa le cose in grande. L’America non è soltanto un paese grande ma è piuttosto un grande paese. Questo è il suo segreto. La tiene viva e forte una sedizione fratricida permanente, che cova sempre sotto la cenere, pronta ad esplodere al primo pretesto, tra gruppi di potere contrapposti, popolazioni etnicamente diverse in tensione, odi sociali collettivi e particolari, divisioni di razza, cultura, denaro, tanto denaro, tutti elementi unificati sotto la stessa bandiera. Per scaricare la sua energia interiore essa deve dare battaglia al mondo intero. Deve conquistare sempre nuove frontiere. L’America è criminalità legalizzata, è cattiveria della bontà, ingiustizia della giustizia, ferocia del bene, malvagità della pietà, inciviltà della civiltà, asocialità della socialità. Non destino manifesto come credono ma manifestazione di una destinazione inevitabile, perché ogni impero si è spento e si spegnerà.
In America, più forte del diritto è il diritto del più forte, ovvero forte è il diritto del più forte.
L’America non è un solo popolo, è un popolo solo dove ciascun individuo si sente solo e deve cavarsela da solo. Questa estrema solitudine la chiamano Libertà ma quando la Libertà chiama non c’è un americano che non risponda. Per la libertà dell’America gli americani sono disposti a dare la vita e si accontentano in cambio di un sogno americano di libertà che se lo possono sognare.
L’America è una grande potenza che maneggia una potenza toppo grande. Quando sarà scalzata dal suo primato esploderà di contraddizioni. La seconda guerra civile americana, se accadrà, sarà l’ultima che combatterà fino all’autodistruzione. L’America è troppo anche per se stessa.