Lo scontro tra l'orso e l'aquila in Alaska
di Pepe Escobar - 13/08/2025
Fonte: Giubbe rosse
Tutti gli occhi puntati sull’Alaska. Lo scontro tra Orso e Aquila fa parte di una sorprendente accelerazione della storia nell’estate del 2025.
Due settimane dopo l’Alaska, si terrà il vertice annuale della Shanghai Cooperation Organization (SCO) a Tianjin, in Cina. L’indiano Narendra Modi e l’iraniano Masoud Pezeshkian si uniranno, tra gli altri, a Xi Jinping e Vladimir Putin allo stesso tavolo. Un tavolo BRICS/SCO.
Il 3 settembre, a Pechino, si celebra l’80° anniversario di quella che viene ufficialmente definita la vittoria della “Guerra di resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese e della guerra mondiale antifascista”. Putin è l’ospite d’onore. La prova generale, con 22.000 partecipanti, si è svolta lo scorso fine settimana in Piazza Tienanmen.
Lo stesso giorno, a Vladivostok, in Russia, si apre l’Eastern Economic Forum, che discuterà di tutto ciò che riguarda l’impegno della Russia per lo sviluppo dell’Artico e della Siberia orientale, l’equivalente della campagna cinese “Go West” iniziata alla fine degli anni ’90. Saranno presenti i principali attori eurasiatici. Putin interverrà alla sessione plenaria il 5 settembre.
Nel frattempo, i principali leader dei BRICS, Cina, Russia, Brasile e India, sono attivamente coinvolti in una raffica di telefonate per coordinare una risposta collettiva alle guerre tariffarie, parte della guerra ibrida dell’Impero del Caos contro i BRICS e il Sud del mondo.
Come Trump punta a vincere in termini di pubbliche relazioni
Vediamo come l’Alaska sta preparando il terreno per qualcosa di molto più grande. Il vertice è stato annunciato in seguito a quella che il consigliere di Putin Yuri Ushakov ha definito concisamente come “una proposta da parte americana che riteniamo del tutto accettabile“.
Questa frase è stata l’unica osservazione del Cremlino, in contrasto con l’incessante attacco verbale proveniente da Washington. Il fatto che il Cremlino abbia anche solo preso in considerazione l’offerta americana significa un implicito riconoscimento di ciò che la Russia sta realizzando sul campo di battaglia e in ambito geoeconomico.
Tempismo. Perché ora? Soprattutto dopo che Trump aveva minacciato di imporre dazi agli acquirenti di petrolio russo? In sostanza, perché l’intelligence militare in alcuni silos dello Stato profondo ha fatto i conti e ha finalmente ammesso che la lunga guerra per procura in Ucraina è persa.
Inoltre, Trump vuole personalmente superare la situazione per concentrarsi sui prossimi capitoli delle Forever Wars, incluso quello che conta davvero: contro la sua “minaccia esistenziale”, la Cina.
Dal punto di vista di Mosca, condizionato dai risultati positivi della sua calibrata guerra di logoramento, i fatti sul campo di battaglia delineano chiaramente l’operazione militare speciale in corso – e nessun cessate il fuoco; al massimo una pausa “umanitaria” di qualche giorno. Gli americani vogliono un cessate il fuoco di almeno qualche settimana.
Riconciliare le prospettive di entrambe le parti sarà un’impresa ardua. Tuttavia, l’Alaska è solo l’inizio: il prossimo incontro è già in programma nella Federazione Russa, secondo Ushakov.
Le motivazioni di Trump sono facilmente identificabili: creare l’impressione che gli Stati Uniti si stiano tirando fuori dal caos; una sorta di tregua; e tornare a fare affari con la Russia, soprattutto nell’Artico.
Parallelamente, nell’ipotesi di un accordo di qualsiasi tipo, lo Stato profondo non riconoscerà mai le nuove regioni russe, nemmeno Donetsk e Lugansk, e cercherà di riarmare l’Ucraina, “guidandola da dietro le quinte”, per un’ulteriore guerra condotta dalla NATO.
Quindi l’abisso tra Stati Uniti e Russia si riflette nell’abisso interno americano – e soprattutto nell’abisso tra Trump, NATO e UE. Il branco di chihuahua europei, nel tentativo di salvare il suo pietoso attore di Kiev, sta facendo capriole – con tanto di possibili cigni neri – per far fallire il vertice ancor prima che abbia luogo.
Non c’è modo che Trump possa riuscire a vendere qualsiasi genere di accordo al branco rabbioso della NATO/UE. Ma nulla gli farebbe più piacere che trasferire la guerra – tutta intera – a loro. Col vantaggio che lo Stato profondo in questo caso non si lamenterà, perché raccoglierà enormi profitti in euro dal racket della vendita di armi. Risultato finale: una classica vittoria di Trump in termini di pubbliche relazioni.
Usciamo dall’Ucraina, entriamo nell’Artico
L’Ucraina, tuttavia, non sarà il tema principale in Alaska. Il sempre perspicace viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov è andato dritto al punto: ciò che conta davvero è che “stanno emergendo i primi segnali di buon senso nelle relazioni tra Russia e Stati Uniti, assenti da diversi anni”.
Ryabkov si è affrettato a sottolineare anche i pericoli: il rischio di un conflitto nucleare nel mondo “non sta diminuendo”; e la Russia vede il rischio che “dopo la scadenza del nuovo trattato START, il controllo degli armamenti nucleari sarà completamente assente”.
Ancora una volta: l’Alaska è solo l’inizio di qualcosa di molto più grande, che include, finalmente, una seria discussione sull'”indivisibilità della sicurezza” (ciò che Mosca voleva già nel dicembre 2021, respinto dall’amministrazione autopen).
E questo ci porta all’Artico, un argomento serio che sarà sicuramente dibattuto approfonditamente al prossimo forum di Vladivostok.
L’Artico detiene almeno il 13% delle riserve mondiali di petrolio e il 30% di quelle di gas naturale ambedue non ancora scoperte. La Russia controlla almeno la metà di tutte queste riserve. L’Impero del Caos desidera ardentemente essere coinvolto nell’azione.
Tuttavia, una cosa è possibile: massicci investimenti statunitensi in progetti artici congiunti con la Russia. Un’altra cosa è che gli Stati Uniti aderiscano alla Rotta del Mare del Nord (NSR), che i cinesi chiamano Via della Seta Artica. La NSR riduce i tempi di spedizione tra Asia ed Europa fino al 50%.
La logica russo-cinese alla base della NSR – inclusa l’espansione dell’esclusiva flotta di rompighiaccio nucleari russa – è proprio quella di bypassare il Canale di Suez e i canali di collegamento controllati dagli Stati Uniti. La domanda chiave è quindi cosa ci vorrebbe per convincere Mosca ad accettare un accordo Trump-Putin nell’Artico.
Quindi, sull’Ucraina, in linea di principio, la Russia ha tutte le carte in regola, a patto che l’operazione militare speciale continui, ora a pieno regime. Sulla guerra ibrida, sul capitolo dei dazi, le classi dirigenti statunitensi hanno finalmente capito di non avere più carte in regola, perché il contraccolpo causato dalle sanzioni secondarie danneggerebbe gravemente gli Stati Uniti. Ciò che resta, quindi, è un accordo commerciale: l’Artico.
È piuttosto intrigante che persino il JPMorgan Center for Geopolitics abbia ammesso che la soluzione migliore per il caos ucraino sia uno scenario georgiano: ciò compenserebbe in qualche modo l’idea di una capitolazione totale dell’Occidente. Solo l’Ucraina capitolerebbe: niente NATO, niente UE, niente finanziamenti, niente garanzie di sicurezza.
L’inestimabile Prof. Michael Hudson ha condensato il modo in cui l’Alaska procederà secondo due vettori: “La prima parte riguarda la possibilità che gli Stati Uniti riconoscano che la traiettoria degli attuali combattimenti è quella di una vittoria totale della Russia, nei termini che Putin ha spiegato per due anni: nessuna adesione alla NATO, nessuna fornitura di armi dall’estero, processi simili a quelli di Norimberga per i leader banderiti e forse riparazioni da parte dell’Ucraina e della NATO per la ricostruzione della Russia un tempo ‘ucraina'”.
Supponendo che Trump lo accetti, e questo è un “se” importante, allora arriva il nocciolo della questione (ricordate Ryabkov), “a partire dal fatto che verrà messo in atto un nuovo trattato sui missili atomici e sugli armamenti”.
La versione russa della pace, scrive il Prof. Hudson, seguirà queste linee: “Non vogliamo una guerra atomica con gli Stati Uniti. Concordiamo sul fatto che se un missile tedesco o di un’altra entità UE/NATO colpisce la Russia, quando risponderemo, lo faremo solo contro Gran Bretagna, Germania e Francia, non contro il Nord America”.
Il Prof. Hudson è irremovibile sul fatto che “l’America ha una sola cosa da offrire agli altri Paesi: la promessa (temporanea) di NON danneggiarli. Non c’è nulla di positivo da offrire, data la sua deindustrializzazione e la dedollarizzazione del mondo”.
Allo stato attuale, e considerando anche le molteplici ramificazioni della guerra ibrida contro i BRICS, l’Alaska ha il potenziale di offrire a Washington una via d’uscita dalle macerie di una massiccia sconfitta strategica.
Qualsiasi analista che abbia cercato di comprendere l’operazione militare speciale fin dall’inizio, nei dettagli, avrebbe potuto capire che la guerra della Russia coinvolgeva qualcosa di molto più grande dell’Ucraina. Si è sempre trattato della sepoltura dell'”ordine internazionale basato sulle regole”, di fatto dell’intera architettura del vecchio ordine. Questo sta accadendo proprio mentre parliamo, nel suolo nero della Novorossiya. La pazienza strategica, alla fine, paga.
Pepe Escobar, sputnikglobe.com, 12 agosto 2025 — Traduzione a cura di Old Hunter