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Marcello Sorgi e il governo militare

di Diego Fusaro - 30/07/2021

Marcello Sorgi e il governo militare

Fonte: Diego Fusaro

Come più volte ho avuto modo di evidenziare, io non credo nelle coincidenze. Ritengo invece che sia possibile cogliere una logica, spesso disastrosa, nella storia degli eventi e dell'ordine del discorso. Intendo dunque non leggere semplicemente come una infelice sortita quella apparsa sul quotidiano sabaudo "la stampa" di ieri, ad opera del giornalista Marcello Sorgi. Questi si è avventurato a sostenere che in futuro al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe non rimanere altra scelta se non quella di mettere su un governo "perfino militare" sul modello della gestione dell'emergenza affidata al generale dell'esercito Figliuolo. Riconosco a Marcello Sorgi l'onestà intellettuale di aver detto espressamente ciò che altri hanno affermato obliquamente. Di più, gli riconosco il merito di aver messo nero su bianco l'essenza dello spirito del nostro tempo, il cuore del nuovo ordine tecnosanitario che sta sempre più celermente prendendo piede su scala planetaria. In questa climax che procede ormai da un anno e mezzo, abbiamo assistito increduli alla militarizzazione dello Stato, alla feroce repressione delle libertà e alla inaccettabile compressione dei diritti, al congelamento della carta costituzionale, a un controllo ormai totale della vita delle persone, come suffragato dall'infame tessera verde e da molte altre pratiche orwelliane affini. Che vi è dunque di strano e di controcorrente nelle parole del giornalista Sorgi? Egli semplicemente e conseguentemente sviluppa fino in fondo il discorso, con lucido rigore e con disincantato realismo: ci troviamo ormai dinanzi a una svolta autoritaria che, fondata sullo stato d'emergenza epidemico, utilizza la categoria di vita da proteggere come fondamento di una nuova razionalità politica, di un nuovo paradigma di governo delle cose e delle persone. Siamo rapidamente passati dal totalitarismo permissivo del mercato, come lo appellava Augusto Del Noce, al nuovo totalitarismo non più permissivo del Leviatano tecnosanitario, fase suprema di un capitalismo che deve darsi una riorganizzazione autoritaria per mettere in quarantena i popoli potenzialmente ostili alla globalizzazione mercatista e per neutralizzare con l'ausilio del discorso medico-scientifico ogni possibile contestazione del sempre più asimmetrico e disordinato ordine del fanatismo economico senza frontiere. Insomma, lo dico al di là di ogni possibile retorica: le parole di Sorgi vanno apprezzate per onestà e realismo, dacché non fanno altro che dire apertamente ciò che finora nessuno aveva avuto il coraggio di esprimere in modo tanto palese: siamo ormai in una situazione di evidente deriva autoritaria e postdemocratica, giustificata in nome di un'emergenza pensata ad hoc per essere infinita. Se l'emergenza permette di sospendere le libertà e la democrazia, non è ormai fuori luogo immaginare che essa venga appositamente evocata, narrata e magari anche all'occorrenza in futuro creata con questo scopo preciso: quello di scassinare la democrazia fingendo di rispettarne le forme, dicendo che Costituzione, libertà e diritti sono sospesi ma solo in relazione alla durata della emergenza; emergenza che poi però con tutta evidenza persiste e si cristallizza in una nuova normalità, con la conseguenza che nuova normalità di viene anche la sospensione dei diritti, delle libertà e della Costituzione. Attendiamo dunque che l'onesta e sobria profezia di Marcello Sorgi si realizzi, aspettiamo che arrivi un governo militare: del resto, ce lo ripetono fin dall'inizio, siamo in guerra; e se siamo in guerra occorre affidarsi ai militari, perché nel tempo dell'emergenza e del conflitto la democrazia e le lungaggini parlamentari sono nefaste. Ci vuole la scelta autoritaria immediata nell'hic et nunc. Anche in ciò sta l'essenza della crisi come metodo di governo, secondo quanto intuito perfettamente da Foucault. Ma i più non vogliono capire, e si ostinano a rimanere sulla superficie del discorso medicoscientifico, senza voler prendere coscienza del fatto che la questione è anzitutto politica, sociale ed economica.