Mosca riabilitata sulla scena internazionale, ma la pace è lontana
di Antonio Terrenzio - 18/08/2025
Fonte: Antonio Terrenzio
Il vertice di Anchorage non aveva l'obiettivo di raggiungere passi concreti verso la risoluzione del conflitto, aldilà degli appelli di facciata di Donald Trump che ha accolto Putin con un tappeto rosso e con un sorriso smagliante. Il riavvicinamento delle parti è sicuramente un dato importante, così come il clima amichevole e disteso che ha caratterizzato l'incontro. Rispetto ai toni di Biden e alla disumanizzazione dell'avversario con improperi degni di demenza senile, i toni cordiali e di rispetto reciproco segnano un sicuro passo in avanti nelle relazioni tra Russia e Stati Uniti. Cosa di non poco conto, soprattutto se si considerano altri dossier sul tavolo come sanzioni e collaborazione nell'Artico. I media internazionali sembrano però tutti concordare sul successo di Vladimir Putin e il riaccreditamento della Russia sulla scena internazionale, il risultato a cui più di tutti aspirava il capo del Cremlino. Durante il vertice Putin non ha lesinato accuse rivolte all'Europa nel volere la prosecuzione della guerra a tutti i costi e ha fornito un assist a Trump anche sul piano della politica interna, ricordando che la guerra non sarebbe mai iniziata se alla guida americana ci fosse stato il Tycoon. Convenevoli e felicitazioni a parte, sul piano materiale tutto rimane come prima e la Russia continua a bombardare Kiev con droni e missili.
Le "cause profonde" del conflitto rimangono sul tappeto e fin quando le ragioni di sicurezza di Mosca non troveranno un accordo chiaro e a tempo indeterminato, la guerra sarà destinata a continuare. Gli Usa lo sanno benissimo anche se spingono per un "cessate il fuoco, meno gli Europei che non danno segni di ravvedimento e continuano sulla linea oltranzista portata avanti dai "volenterosi". Tale situazione in fondo fa comodo a Mosca che si trova legittimata ad andare avanti fino alla prosecuzione del suo obiettivo massivo: arrivare ad Odessa, sigillare il Mar Nero, e trovarsi con un piede in Transnistria, altro fronte caldissimo che rischia di deflagrare come l'Ucraina. L'esercito di Kiev è sul punto di crollare e Mosca ha tutti gli interessi per fare l'"All in".
Al vertice in Alaska l'Europa era assente e anche se bistrattata, il suo ruolo resta decisivo per gli esiti del conflitto. Come notato anche da Elena Basile, il Deep State neo-occidentale marginalizzato negli States, si è trasferito definitivamente a Bruxelles ed i suoi manutengoli ne continuano a perorare la linea, che rimane quella di proseguire il conflitto, fino a quando non è dato saperlo e con obiettivi opachi.
Fin'ora l'unico obiettivo raggiunto è stato quello di deindustrializzare l'Europa, tagliare i rapporti energetici con il suo fornitore naturale per dipendere dallo shale gas americano. Minacce di Dazi di Trump hanno fatto il resto. Per non parlare delle politiche demenziali del green che hanno finito di massacrare la sua industria.
Difficile fare di peggio e anche con le politiche improvvidenziali di riarmo che la legano ancora di più al finto alleato dato che gli americani hanno bisogno di fessi che vadano a foraggiarne il complesso militare industriale. In questo l'America di Trump mantiene una linea coerente col suo predecessore, segno che l'"American first" è sempre stato più che uno slogan brandito dal ciuffo arancione.
Malgrado il vertice di Anchorage segni un primo ufficiale riavvicinamento russo-americano, la partita rimane aperta e subirà un ulteriore surriscaldamento in misura che le ostilità andranno avanti.
Anche se la Russia dovesse ottenere il massimo risultato, ottenendo territori e neutralità dell'Ucraina, La NATO si è assicurata l'adesione di Finlandia e Svezia. Per la Russia la vittoria in Ucraina non sarebbe una vittoria sulla Alleanza Atlantica, ma solo nei confronti dell'Europa che in ogni caso rimarrebbe in salde mani americane. Chi preconizza la prossima fine della NATO non vede che essa si è allargata e con essa il dominio americano sul continente. Gli americani né con Trump né con nessun'altro molleranno mai la presa sul continente Europeo. Con sodali come Mertz, Macron e Starmer poi, si sono assicurati un vassallaggio perpetuo per la sicurezza Europea, dove per essa si intende la responsabilità del bilancio militare per una guerra voluta dagli americani, ed in tale prospettiva va visto il suo aumento auspicato al 5%.
Già prima del vertice in Alaska era chiaro che Europei ed Ucraini dovessero rimanere in disparte. Essi comunque continueranno ad intralciare ogni processo di pace, perché questa guerra rappresenta anche un modo per scaricare le tensioni interne dovute a crisi di integrazione multietnica ed economia ristagnante. Oltre al rilancio di una economia di guerra, il nemico esterno russo è quindi fonte di distrazione dallo screditamento dei governanti europei in piena crisi di consenso.
È un paradosso nemmeno tanto complicato, ma fino a quando la guerra in Ucraina rimarrà attiva, l'Europa avrà un collante per rimanere unita e non esplodere nelle sue contraddizioni e con essa le sue classi politiche che l'hanno portata alla rovina. Per questo la situazione è potenzialmente sempre più esplosiva proprio mentre gli eventi internazionali come quello di Anchorage ne suggeriscono una distensione. Oltre all'Ucraina ci sono due fronti di prossima crisi come Transnistria e Georgia. In Moldavia il prossimo 28 di settembre ci saranno le elezioni e si paventa una seconda Maidan, in Georgia continuano le pressioni sul governo guidato da Sogno Georgiano, partito non ostile alla Russia. Per quanto l'Europa possa essere marginalizzata nei meeting internazionali, l'azione dei suoi governi è tracciata verso uno scontro con la Federazione Russa. Il Deep state angloamericano dovrà subire una sconfitta definitiva anche in Europa per segnare un cambio di passo nelle relazioni euro-russe. Diversamente gli eventi sono destinati a peggiorare, così come le condizioni dell'Ucraina. L'Europa in tal senso rimane un pivot centrale. Su questo sia Trump che Putin possono poco. A Kiev hanno bollato l'accoglienza a Putin come "disgustosa ed inutile". Il nervosismo serpeggia e si fa sempre più tangibile quanto più la posizione di Zelensky si fa precaria. Nella telefonata seguita tra lui e Trump a seguito del vertice in Alaska, Il joker di Kiev continua a rifiutare qualsiasi concessione di territori, continuando ad accusare Mosca di non volersi fermare al Donbass e di continuare premere sull'Ucraina. Un dialogo che continua a rimanere sordo, con Zelensky che nel mantenere una posizione ottusa perde sempre più consensi di una popolazione stremata da tre anni e mezzo di guerra.
La sensazione è che anche un vertice a tre tra Usa-Russia-Ucraina non porterà a nulla di concreto e che l'ultima parola spetterà al campo di battaglia, dove la posizione di Kiev ogni giorno che passa si fa più spacciata. L'esercito ucraino è prossimo alla disfatta totale, con Zelensky che riparerà a Londra e il resto del territorio Ucraino che non farà mai parte della Nato. Ma dopo la sconfitta dell'Ucraina lo scontro non terminerà e sarà spostato su altri scenari come Baltico, Transnistria e Georgia. La sconfitta dell'Ucraina non segnerà una sconfitta delle classi politiche europee, tutt'altro. Esse radicalizzeranno lo scontro ideologico contro l'orso Russo che minaccerà in maniera sempre più incombente Baltici e Polonia. Il fatto che la Polonia stia costituendo il terzo esercito europeo con oltre 1100 carri armati conferma questa lettura.
Il riamo europeo in questo senso è un obiettivo imprescindibile per le elites europee che sono diretta emanazione dei Dem americani. L'Europa è un ologramma politico ma si prepara a diventare un gigante militare, incollata alla NATO con Washington che scaricherà i costi militari su di essa, ma continuando a tenerne le fila. Una situazione win to win dove accordo o non accordo gli americani sono gli unici veri vincitori del conflitto. E un'Europa minacciata dai dazi, in riconversione energetica ed industriale e prossima ad un decennio di economia di guerra. La transizione al mondo multipolare ha visto la guerra in Ucraina come preventiva ad un riarmo del vecchio continente che saldasse la strategia euro-atlantica contro eventuali minacce russe e cinesi.
In ultimo, il vertice in Alaska è servito oltre a riavvicinare Usa e Russia in funzione anticinese, anche a far recuperare la credibilità degli Stati Uniti sul piano Internazionale; mostrare i muscoli di super potenza ormai in declino economico. La forza militare rimane il vero strumento su cui gli Usa possono contare per mascherare una crisi finanziaria e un debito pubblico fuori controllo. Scaricando la responsabilità della guerra sui Democratici americani Trump incassa un successo diplomatico con Putin che accolto in pompa magna, e con gli europei a fare da spettatori, e che si assumeranno l'intera responsabilità umana ed economica di una nazione distrutta.