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Non scherziamo con il ghiaccio

di Stefano Ceccarelli - 25/04/2021

Non scherziamo con il ghiaccio

Fonte: Il cancro del Pianeta

Cosa accadrebbe se togliamo dal freezer dei broccoli surgelati e li lasciamo all’aria a temperatura ambiente per qualche settimana? Possiamo ben immaginarlo senza fare l’esperimento: man mano che l’ortaggio si scongela il suo aspetto cambierà diventando sempre meno appetibile, il verde naturale comincerà ad imbrunirsi e un pesante olezzo invaderà la cucina. Col passare del tempo il broccolo all’inizio florido e ricco di sostanze nutrienti andrà a male trasformandosi in uno striminzito ramoscello secco, perdendo gran parte del suo peso. Oltre all’acqua che pian piano sarà evaporata, i microrganismi avranno decomposto la materia organica rilasciando CO2 e metano nell’ambiente.

Proviamo ora ad immaginare di ripetere lo stesso esperimento su una gigantesca massa di broccoli contenente 1700 miliardi di tonnellate (GT) di carbonio dispersa sul 20% delle terre emerse del nostro pianeta. Lo scenario è di quelli di un film dell’orrore, ma uscire dalla sala cinematografica in questo caso non ci tranquillizzerà, perché ciò che sta accadendo nella realtà dopotutto non è così diverso. Dobbiamo solo sostituire i broccoli con il permafrost, il suolo permanentemente ghiacciato ricco di materia organica che ricopre immense superfici dell’emisfero boreale, presente in particolare in Siberia, Canada e Alaska, ma anche in molte zone montane a latitudini più basse. Il permafrost, generalmente ricoperto da un sottile strato di suolo attivo superficiale non perennemente ghiacciato, può spingersi nel sottosuolo fino a 1500 metri di profondità. Per effetto del riscaldamento globale, che è più accentuato nelle zone artiche, il permafrost tende a scongelarsi a partire dal suo strato esterno e a rilasciare lentamente carbonio in atmosfera sotto forma di CO2 e metano, che a loro volta accentuano l’effetto serra e il conseguente surriscaldamento del pianeta. Lo scongelamento del permafrost è una delle conseguenze dei cambiamenti climatici da tempo prevista dagli esperti, i quali tuttavia ritenevano, sulla base dei modelli elaborati anni addietro, che il fenomeno avrebbe cominciato a manifestarsi non prima della metà di questo secolo. Purtroppo avevano torto, perché da una decina di anni a questa parte il permafrost ha cominciato a fondere ad una velocità che in Alaska è stata valutata in circa un decimo di grado l’anno, lasciando esterrefatti i ricercatori che tengono sotto osservazione quei territori.

Rispetto all’esempio dei broccoli per certi versi la situazione è ancora peggiore, perché non è solo grazie all’azione dei microrganismi e del calore prodotto dal loro metabolismo che avviene il rilascio di carbonio in atmosfera. Il permafrost infatti in molte aree ingloba vasti giacimenti metaniferi, normalmente sigillati dal terreno compatto ghiacciato, che in presenza di uno scongelamento possono, come una bottiglia di spumante, far saltare il tappo sovrastante facendo fuoriuscire il metano in atmosfera. Un preoccupante indizio in questo senso sono i sempre più frequenti ritrovamenti di misteriosi crateri in Siberia, che si pensa siano appunto provocati dall’eruzione di depositi sotterranei di metano favorita dallo scioglimento del permafrost.

 

 

Del resto, i segni di una crescente destabilizzazione dei suoli alle alte latitudini sono numerosi ed evidenti: si va dalle cosiddette “foreste ubriache” diffuse nella taiga siberiana e in Alaska, con gli alberi inclinati a causa della fusione del suolo sottostante, alle improvvise cadute di vaste masse rocciose dai pendii, ai devastanti incendi estivi, fino ai sempre più frequenti danneggiamenti e crolli di edifici e infrastrutture, a cui viene letteralmente a mancare il terreno sotto i piedi. L’instabilità geologica innescata dal progressivo scongelamento peraltro rende problematica una futura creazione di insediamenti urbani in queste aree – il cui clima sarà sempre più mite – da parte di un numero crescente di donne e uomini in fuga da Paesi resi invivibili da siccità, desertificazione e violente ondate di calore.

 

Va aggiunto che le conseguenze potenzialmente nefaste di un permafrost che si scalda e scongela non finiscono qui: per dirne una, a seguito della scoperta di temibili virus preistorici risalenti all’ultima glaciazione rimasti silenti per millenni nel ghiaccio artico, c’è chi si è spinto ad ipotizzare possibili epidemie incurabili causate dal ‘risveglio’ di questi agenti patogeni indotto dallo scongelamento. Insomma un disgelo di portata così ampia può avere una miriade di effetti indesiderati, che oggi possiamo a malapena immaginare, su un ambiente delicato e ancora poco conosciuto che sin qui ha svolto la funzione cruciale di naturale frigorifero del nostro pianeta.

Ma è l’influenza sul clima globale della Terra che preoccupa di più. Vengono i brividi al pensiero dell’eventualità che, man mano che l’umanità riduce le sue emissioni per scongiurare l’apocalisse climatica, una quantità di carbonio uguale a quella risparmiata venga rilasciata dal permafrost in via di scongelamento, vanificando così un immane sforzo collettivo che a quel punto si potrà dire essere intervenuto fuori tempo massimo. Certamente oggi non sappiamo se sarà così, e non possiamo fare altro che agire come se non lo fosse. I numeri in gioco però sono impressionanti: secondo stime recenti recensite dalla National Academy of Sciences americana, la quantità di carbonio contenuto nel permafrost è maggiore della somma di quello già presente in atmosfera (730 GT) più quello della massa vegetale vivente (650 GT), e vale l’equivalente di due secoli e mezzo di emissioni di carbonio da combustibili fossili all’attuale tasso.

Abbiamo scherzato e stiamo tuttora scherzando con il fuoco acceso dai combustibili fossili e con il ghiaccio che si scioglie. Con il passare del tempo diventa sempre più evidente che i feedback positivi come lo scongelamento del permafrost, che amplificano il riscaldamento globale, sovrastano ogni ipotetico feedback negativo, rendendo obsoleti i modelli climatici basati su una progressione lineare dei fenomeni, su cui si è fatto troppo affidamento. Viene alla mente l’immagine di uomini che, dopo aver lentamente spinto la Terra fin sulla cima di un rilievo, ora si affannano nel cercare disperatamente di frenarla evitando che la sfera, rotolando, prenda velocità fino a schiantarsi.