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Strage di Bologna: le ombre sulla versione ufficiale. Due comitati chiedono la verità oltre il segreto di Stato

di Massimiliano Mazzanti - 30/07/2020

Strage di Bologna: le ombre sulla versione ufficiale. Due comitati chiedono la verità oltre il segreto di Stato

Fonte: Affari Italiani

Il 2 agosto prossimo a Bologna non si ricorderà la strage del 1980 solo con la cerimonia ufficiale classica che si celebra ogni anno nel piazzale della stazione alle 10.25 ma anche con il comitato ‘L’ora della verità sul 2 agosto 1980’ e l’associazione ‘La verità su Ignoto 86’. I due gruppi si concentreranno alle 18 in piazza Carducci per chiedere nuovi accertamenti sui terroristi internazionali Carlos (il terrorista marxista e mercenario venezuelano con cittadinanza palestinese), Kram, la Frolich ed altri. “Tutte persone che sapevano maneggiare bene bombe, facevano attentati e quel 2 agosto gravitavano, in un modo o nell’altro, su Bologna”, spiega Massimiliano Mazzanti dell’associazione ‘La verità su Ignoto 86’ ad Affaritaliani “ma per onore alla verità e alle vittime ci sono altri quesiti che andrebbero sollevati”.

L’iniziativa ha ricevuto le contestazioni del Pd.
“Certo con il rispetto per la libertà di manifestazione e di opinione credo che la scelta di organizzare quella manifestazioni non possa passare sotto silenzio”, ha reagito il parlamentare del Pd Andrea De Maria, “ritengo molto grave che si ripropongono vecchie e logore teorie, per mettere in discussione la verità giudiziaria e soprattutto, dividersi il 2 agosto è inaccettabile. Tutte le forze politiche e tutti coloro che hanno ruoli istituzionali dovrebbero essere quel giorno in un unico posto: a fianco dei familiari delle vittime".

Massimiliano Mazzanti, perché questo polverone? Quali questioni dirimenti ponete sulla strage del 2 agosto?
“Intanto ci tengo a dire che noi il rispetto per i familiari delle vittime, per quanto non condividiamo l’impostazione di Paolo Bolognesi, lo abbiamo dimostrato, dandoci appuntamento in un luogo e in un orario distanti dalla celebrazione pubblica”.

Ma perché è così urgente porre delle questioni?
“E’ recentissima la decisione, del 23 luglio, della presidente del Senato Casellati di rimuovere il segreto funzionale sulle carte conservate negli archivi del Senato che sono circa 1 milione di fogli. Ci dovrebbero essere 6-700 documenti che riguardano le vicende legate alla strage di Bologna. Lì potrebbe esserci la pista che porterebbe a spiegare il perché nel 1980 è esplosa a Bologna una bomba. Poi c’è l’aspetto più diretto rispetto alle indagini che si possono ancora esperire, legate ad evidenze che sono emerse durante il processo Cavallini (il quarto esponente del gruppo terroristico Nar condannato di recente per la strage, ndr).

E quali sono?
“Il Tribunale ha promosso l’esame del Dna dei resti di Maria Fresu scoprendo che quelli non sono i resti di Maria Fresu e che non appartengono neanche alle altre 84 vittime. C’è una questione sia relativa alla sparizione dei resti di Maria Fresu ma anche all’identità del soggetto che è sepolto. Esiste ‘Ignota 86’, a cui appartenne il lembo di volto ancora esistente ed erroneamente attribuito a Maria Fresu. Una vittima che nessun familiare ha reclamato. Inoltre esistono 4 persone, di cui 2 sicuramente ancora in vita, ma dovrei averne trovata una quinta, che riferiscono di aver visto in stazione dopo la strage cadaveri decapitati. Alcuni ne parlarono alla tv locale al tempo di proprietà del Partito Comunista Italiano, Punto Radio Tv. Non risultano però tra le 84 vittime alla stazione di Bologna persone che sono andate all’obitorio con la testa staccata dal corpo. Esistono però diversi indizi che delle persone sono sparite dalla scena del delitto. E ci risulta che resti umani siano spariti anche dall’obitorio”.

Come si originano queste scoperte?
“Con alcune inchieste di un gruppo di ricercatori e giornalisti, Gianpaolo Pellizzari, Gabriele Paradisi, il sottoscritto, Valerio Cutolilli che è anche un avvocato e che hanno lavorato sulle carte e dimostrato durante il processo Cavallini che la scena del delitto è stata, nelle ore successive alla strage, e contrariamente a quanto si creda, fortemente inquinata. Noi abbiamo fatto una rilettura delle stesse carte che erano confluite nel fascicolo dei vari inquirenti dell’epoca e che non sono state guardate. Ma una questione mi piacerebbe sottolinearla”.

Quale?
“Che quello che abbiamo portato sui resti della Fresu che nasce da una nostra intuizione, come prova ha avuto riscontri di carattere scientifico. Che quei resti non appartengono a Maria Fresu lo ha stabilito la perizia ordinata dalla Corte d'Assise di Bologna nell'ambito del processo contro Gilberto Cavallini, accusato di aver concorso alla strage del 2 agosto 1980”.

In quei giorni a Bologna c’erano tanti terroristi, di estrazione diversa. Questo sembra risultare...
“Risulta che vi fosse una pletora di terroristi rossi italiani a Bologna, di terroristi stranieri e di personaggi legati, e lo si capirà poi avanti negli anni ma già all’epoca esano segnalati o sospettati per questo tipo di attività, al traffico delle armi con i terroristi e le organizzazioni palestinesi”.

Lei parla della cosiddetta pista palestinese, ossia alla possibilità che a fare la strage sarebbero stati i terroristi palestinesi o soggetti legati a loro e che per errore sia esploso uno di questo ordigni trasportati, come fra l’altro sosteneva l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga...
“Si. Che sia un caso che tutte queste persone fossero a Bologna tra la notte del 1 e il 2 agosto francamente fa sorridere. Viene invece considerato un elemento insignificante, anche perché con la condanna di Cavallini abbiamo l’ennesimo pronunciamento giudiziario con un forte piano logico teorico”.

Cioè?
“Concretamente non c’è prova ed elementi che Cavallini fosse a Bologna”.

Ah si!? E su che base è stato condannato secondo lei?
“E’ stato condannato perché sostiene che quella mattina della strage fosse con Mambro, Fioravanti e Ciavardini a Padova. Si pensa che i tre mentano ed essendo i tre considerati colpevoli, secondo la Corte Bologna lo è anche lui. I più c’è un’altra questione che aggiunge ulteriori contraddizioni al caso”.

Quale?
“La Corte ha condannato Cavallini per il reato previsto dell’articolo 422 del codice penale, che punisce chiunque ‘al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità’ provocando la morte di persone'. E non è una cosa da poco per capire i motivi della strage. Cavallini non è stato condannato come Mambro e Fioravanti in base all’articolo 285 per sovvertire l’ordine dello Stato. L’articolo 285 del codice penale condanna infatti ‘chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto a portare la strage’. Cioè persone che erano insieme avrebbero compiuto quell’azione per motivi diversi. In sostanza oggi si dice per quanto riguarda Cavallini che il gruppo Nar (eversivo di destra, ndr), nella loro piena autonomia, operativa senza essere stati pagati da nessuno e senza essere stati indotti da alcuno hanno deciso di compiere la strage. Il motivo sarebbe una vendetta per il rinvio a giudizio di Mario Tuti (esponente di estrema destra, ndr) rinviato a giudizio l'1 agosto 1980 per la strage dell’Italicus (verrà alla fine assolto, ndr)”. Ma non si capisce più quale sia il motivo della strage stessa, visto che Mambro e Fioravanti sono stati condannati per il motivo opposto, sovvertire l’ordine dello Stato”.

Si parla di nuovo di prove sul mandante della strage che sarebbe Gelli e del famoso milione di dollari con i quali avrebbe pagato i Nar...
“Il famoso conto di Gelli viene strombazzato dal 2018. Fino al 6 febbraio 2019 la prova che quelle transazioni dai conti svizzeri di Gelli fossero finiti nelle mani dei Nar era un documento trovato addosso a Cavallini nel momento dell’arresto nel 1983, in cui lui avrebbe appuntato la cifra che aveva a disposizione come latitante. Scriveva di avere la disponibilità di 3 milioni di franchi svizzeri che col cambio dell’epoca corrispondevano a 1 milione di dollari.

Perché il 6 febbraio 2019?
In aula, il 6 febbraio 2019, durante il processo di Cavallini, è stato fatto rivedere il documento a Cavallini. Lui ha riconosciuto la sua calligrafia ma continuando a dire che non era vero, non possedeva 3 milioni di franchi svizzeri. Io ho chiesto all’avvocato di Cavallini, durante la pausa pranzo, che gli venisse mostrato il foglio dove era scritta la somma. A quel punto mi accorgo che sul foglio c’è scritto ‘3 milioni e mezzo in franchi svizzeri’. Vuol dire che Cavallini aveva 3 milioni e mezzo di lire ma in franchi svizzeri. In aula furono presentate tante scuse e non se ne parlò più. Era un semplice errore. Ora è passato un anno e la prova sarebbe non più questa ma che Gelli ha dato un milione di dollari in contati a Fioravanti a Roma il 31 luglio. Non vorrei che l’unica prova fosse la compresenza, il 31 luglio, di Fioravanti e Gelli a Roma, cioè in una città dove vivono 2 milioni e ottocento mila abitanti e dove entrambi hanno una casa”.

a cura di Antonio Amorosi