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Ucraina, la guerra infinita dei neoconservatori

di Davide Malacaria - 22/08/2025

Ucraina, la guerra infinita dei neoconservatori

Fonte: Insideover

La guerra ucraina si stava “dirigendo verso la terza guerra mondiale… non dovete più preoccuparvi di questo”. Così Donald Trump in un’intervista. In fondo, come peraltro avevamo accennato nella nota pregressa, l’incontro di Anchorage con Putin serviva essenzialmente a questo.
Nella ricostruzione di Trump c’è un errore, dal momento che la guerra ucraina è in sé “la terza guerra mondiale”, date le nazioni scese in campo contro la Russia; ma è legittimo che rivendichi di aver evitato che diventasse termonucleare, prospettiva insita nella folle escalation controllata dispiegata dall’amministrazione Biden e interrotta dalla nuova (si ricordi, ad esempio, la follia di attaccare i bombardieri strategici russi preposti alla deterrenza atomica).
Detto questo, resta da vedere se si riuscirà a chiudere il conflitto. Tante le pressioni per tenerlo aperto e su Trump perché receda dalle sue posizioni. Di ieri la ferma presa di posizione della Russia sullo schieramento di una forza di interposizione europea in Ucraina dopo un’eventuale intesa.
Un’opzione che sta prendendo sempre più piede, come evidenzia il summit dei capi di Stato Maggiore dei Paesi Nato tenutosi ieri, i quali hanno espresso il loro sostegno alla “coalizione del volenterosi” per quanto riguarda i negoziati in corso e affermato di essere uniti nella ricerca di una “pace giusta“.
Tanta ambiguità in queste dichiarazioni, dal momento che la “coalizione dei volenterosi” sta attivamente tentando di sabotare le trattative immettendovi variabili che, di fatto, servono a far saltare il tavolo perché inaccettabili dalla controparte e che la ricerca di una “pace giusta” è uno slogan usato per prolungare la guerra, dal momento che l’apparente tensione a una pace ideale – di fatto secondo i loro desiderata – serve a vanificare ogni tentativo di trovare compromessi più o meno accettabili alle parti (dove lo spazio di quel più o meno è alquanto ampio).
D’altronde, il conflitto ucraino, che nel teatro di guerra è un confronto tra Occidente e Russia, a livello culturale, se così possiamo dire, è anche un confronto tra idealismo e realtà, con l’Occidente preda dalle fumisterie dei neoconservatori secondo le quali la realtà non ha consistenza in sé, è solo qualcosa da modellare attraverso l’esercizio del potere.
Quando la realtà con cui avevano a che fare era l’Iraq o la Libia tale pretesa aveva un suo peso, anche se non tutto è andato secondo il loro piani, ma ora che tali fumisterie si sono scontrate sul muro russo tale presunzione mostra la corda.
Eppure, ossessivamente ligi al loro idealismo, che non gli permette di prendere atto della realtà, continuano imperterriti nel loro refrain, nella stralunata certezza che prima o poi avranno ragione dell’ostinata realtà.
Non abbiamo citato a caso i neoconservatori Usa, dal momento che la guerra ucraina è la loro guerra. Apparecchiata nel 2014 grazie al colpo di stato di Maidan, di cui pubblica artefice fu la neocon Victoria Nuland, sposata con Robert Kagan, faro indiscusso dei neoconservatori ed estensore del loro Project for a New American Century.
Il fratello, l’analista militare Frederick Kagan, è sposato con Kimberly Kagan, a sua volta direttrice dell’Institute of study of war, thik thank che ha modellato la narrazione occidentale sul conflitto ucraino grazie ad analisi accurate, quanto di parte, alle quali hanno attinto in maniera dogmatica tutti i media mainstream Usa e, a cascata, quelli delle colonie europee.
Anche la dizione “coalizione dei volenterosi” di cui si fregiano i leader europei è made in neocon, essendo nata al tempo per identificare l’alleanza che diede vita all’invasione dell’Iraq per eliminare la minaccia delle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam.
Perfino la riproposizione in chiave ucraina di tale marchio non è farina del sacco dei leader della Ue, essendo una proposta avanzata dall’ex capo della Cia, il neconservatore David Petreaus. Così la scelta di accogliere tale definizione da parte dei baldanzosi volenterosi non è solo una scelta di campo, ma anche una dichiarazione pubblica di sudditanza.
Anche la decisione di frapporre ostacoli allo slancio diplomatico di Trump – indiretti ovviamente ché non hanno la forza – non nasce da loro, ma è made in neocon. Lo evidenzia il feroce j’accuse di Brett Stepehns nei confronti di Trump e del suo slancio diplomatico pubblicato dal New York Times, di cui il titolo dice tutto: “Trump mi ha appena ricordato perché sono ancora un neoconservatore”.
Nella nota, il mix di idealismo e irriducibile aggressività propri degli adepti del movimento neocon, consegnato irrevocabilmente all’unilateralismo Usa. Ovvie le conclusioni, nelle quali si esorta a “una ferma opposizione a Putin attraverso sanzioni, ostracismo e sostegno militare ed economico all’Ucraina” etc… ricetta usuale delle guerre infinite.
Abbiamo scelto Stephens per evidenziare l’irriducibile opposizione neocon allo slancio diplomatico di Trump, ovviamente ferocemente stigmatizzato nell’articolo, non solo perché egli è un autorevole esponente del movimento, ma perché alcuni giorni fa aveva pubblicato, sempre sul Nyt, un articolo su un’altra guerra. Questo il titolo: “No, Israele non sta commettendo un genocidio a Gaza“.
Nella nota, Stephens non solo scagiona Israele da tutte le critiche, ma spiega che ciò che sta accadendo a Gaza è proprio di tutte le guerre, niente di più. L’unico aspetto che Stephens trova “insolito è il modo cinico e criminale con cui Hamas ha scelto di condurre la guerra” (e dire che anche i più accaniti difensori di Israele hanno dovuto ammettere qualche eccesso dell’IDF…).
Questo secondo articolo spiega più di tante parole il senso della pace giusta per il conflitto ucraino alla quale tendono i neocon e la subordinata “coalizione dei volenterosi”. E concorre a spiegare la connivenza dei volenterosi rispetto al genocidio di Gaza.