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Un gioco senza regole

di Aldo Sacchetti - 30/11/2020

Un gioco senza regole

Fonte: Alberto Frattini

“SCIENZA E COSCIENZA” DI ALDO SACCHETTI, ARIANNA EDITRICE, 2002 (EBOOK, ARIANNA EDITRICE
OTTOBRE 2018)

per gentile concessione di Arianna Editrice

Ciascuna delle particelle del tessuto rivela
l’organizzazione della tappezzeria
nel suo insieme.
 (Richard Feynmann)

L’inquinamento colma la distanza che
separa il razionale dal reale. (Michel Serres)

L’apertura in profondità dello scrigno terrestre – vero e concreto vaso di Pandora – non solo ha consentito alla tecnoscienza di rimuovere ogni limite alla disponibilità di energia, ma le ha offerto, insieme alle chiavi per sperimentare all’infinito la chimica del carbonio, l’illusione di poter dominare in modo analogo la chimica della vita. Il carbonio è, infatti, elemento fondamentale di tutti i composti organici: per la sua straordinaria capacità di combinarsi con se stesso in catene atomiche lineari più o meno lunghe, più o meno ramificate, e in configurazioni cicliche ad anello, esso offre la possibilità di costruire una varietà praticamente illimitata di molecole. Sicché l’uomo prometeico non tardò a ravvisare nel carbone, e poi soprattutto nel petrolio, una fonte quasi universale di materie prime e di intermedi chimici per l’industria, una specie di magica pietra filosofale con cui trasformare in ricchezza e progresso materiale (o “sviluppo”) le “risorse” naturali.

In verità carbone e petrolio sono il residuo di forme di vita vissute milioni di anni fa, dal periodo carbonifero al neogene: residui non completamente riciclati dai batteri decompositori e sottoposti, nel tempo, all’azione combinata di vari fenomeni fisici (anaerobiosi, pressione, alte temperature). Particolarmente il petrolio, per la sua fluidità, si trova spesso a profondità notevoli (anche vari chilometri sotto la superficie terrestre) e incastrato in trappole ad alta pressione dove tutti i parametri chimici e fisici – abissalmente lontani da quelli consentanei alla vita – hanno trasformato i residui organici in miscela ipertossica, tenuta dalla biosfera per milioni di anni ben segregata da sé, in condizioni di sicurezza.

Ai combustibili fossili e alla petrolchimica (sviluppatasi intensamente soprattutto dopo il 1940 grazie alla seconda guerra mondiale, soppiantando la carbochimica) si deve la massima parte delle molecole xenobiotiche da cui è intossicata oggi la biosfera.1 Già nel decennio 1860-70, mentre Alfred Nobel realizzava la dinamite, balzava in primo piano nella chimica organica il settore dei coloranti artificiali, destinato ad avere un impatto biologico subdolo, ma a lungo termine ben più esplosivo delle cariche di dinamite.2 Dopo non molti anni di produzione industriale dei coloranti sintetici fondati sull’anilina si manifestava, nei lavoratori esposti, la prima epidemia di cancro alla vescica (1). Evento paradigmatico, che segnò allora una svolta nell’epidemiologia oncologica e conferma adesso lesigenza di considerare in una nuova luce tutta la biofisica.

Il colore è una manifestazione mirabile della vita, dalla profondità degli oceani al cielo. Gli astronauti che per primi contemplarono dall’esterno il pianeta vivo sentirono la palpitante unicità di quel globo azzurro venato di bianco, goccia di rugiada in un arido deserto siderale di chiaroscuri, ai loro occhi quasi acromatico, su fondo nero.

Quello che gli occhi percepiscono come colore dipende dalla radiazione elettromagnetica. La luce visibile è approssimativamente compresa tra le lunghezze d’onda di 380 e 750 nanometri e alle varie lunghezze corrispondono sensazioni cromatiche diverse.3 La colorazione di qualsiasi cosa è data dall’insieme di radiazioni che essa emette o riflette: il colore riflesso è quindi determinato dalle radiazioni che non sono state assorbite. Le piante appaiono verdi perché i loro pigmenti principali (le clorofille) assorbono in particolare la luce rossa e blu-violetta, mentre riflettono la porzione centrale dello spettro visibile. Ma vi sono pigmenti accessori che permettono di assorbire radiazioni dalle altre porzioni dello spettro, consentendo al mondo vegetale di attingere in modo più ampio l’energia solare e, nello stesso tempo, di diversificare le nicchie delle varie specie in termini non competitivi, ma cooperativi.4

Nelle molecole organiche la presenza di doppi o tripli legami è essenziale per differenziare l’assorbimento di lunghezze d’onda. Secondo la teoria della risonanza elettromagnetica, infatti, il colore è dato dalla possibilità delle configurazioni di legarne di oscillare con le stesse frequenze (tra 1014 e 1015 Hz) delle onde luminose incidenti.

Torniamo quindi al concetto fondamentale già espresso nel capitolo III, circa la stretta interdipendenza tra legarne chimico, struttura molecolare e radiazione elettromagnetica. L’uomo ha creduto di poter comporre e scomporre a discrezione le molecole organiche, in un infantile gioco di assemblaggio a base di componenti inanimate, creando in pochi decenni milioni e milioni di sostanze xenobiotiche. Premi Nobel sono stati conferiti a geniali inventori di nuovi processi di sintesi e di nuovi polimeri artificiali, che hanno consentito all’industria di emarginare ovunque la produzione concorrente di sostanze e polimeri naturali (lana, seta, cotone, fibre cellulosiche, sostanze medicinali complesse). E forse proprio a questa libera ideazione costruttiva dell’homo artifex (teso a mimare puerilmente la natura senza comprenderla) si deve il successo di ingenue tesi filosofiche pseudoliberatrici, secondo cui nella vita non vi sarebbero particolari vincoli da rispettare ma solo “opportunità” da cogliere e godere.

Il premio Nobel Manfred Eigen, che ha studiato a fondo i polimeri e le macromolecole biologiche di base (acidi nucleici e proteine), sottolinea che la vita è un gioco del tutto originale e inimitabile, in cui nulla è stabilito se non “le regole del gioco” stesso (3).

In biologia non è lecito barare perché l’informazione è organizzata in ciascun vivente secondo la medesima legge. Vi sono vincoli che non possono essere più modificati, decisioni prese “una volta per tutte”, come la complementarità dei costituenti elementari degli acidi nucleici e la chiralità – ossia l’orientamento spaziale – delle macromolecole biologiche (4).5

Il filamento di DNA è la più grande macromolecola della vita, lunga in media parecchi centimetri in ciascun cromosoma delle cellule somatiche (o diploidi) umane e più di due metri per ogni cellula. Moltiplicata per tutte le cellule dell’organismo (che, comprendendo anche i mitocondri, il cui DNA è peraltro molto più breve, raggiungono un numero di circa 1016) la lunghezza complessiva della catena arriva a migliaia di miliardi di km (7).

È il caso di ricordare, per un paragone concreto, che la distanza tra la Terra e il Sole è di appena 149 milioni e 600 mila km.

Pure essendo strutturalmente molto semplice, fatto di quattro nucleotidi e solo quattro elementi chimici, questo filamento racchiude una quantità illimitata di contenuto informativo, con una “differenza fondamentale” rispetto a tutte le costruzioni materiali umane: nel DNA ogni atomo, ogni legame interatomico non è disposto a caso ma rappresenta il risultato di miliardi di anni di evoluzione globale coerente. La medesima coerenza selettiva e organizzativa vale per la ventina di amminoacidi che costituiscono le proteine di tutte le specie viventi e, più in generale, per le altre biomolecole semplici di base (zuccheri, acidi grassi) espressioni della fratellanza storica, genesico/evolutiva di ogni forma di vita.

Che i legami interatomici del vivente siano disposti secondo una precisa coerenza elettrodinamica globale lo dimostrano non solo la struttura e il funzionamento del DNA e dell’RNA. Le proteine enzimatiche (cfr. cap. VI) possono catalizzare in pochi secondi

«complesse sequenze di reazioni chimiche cellulari che nell’ambiente abiotico di un laboratorio richiederebbero giorni, settimane o mesi di lavoro».(8)

Ma vi sono almeno altre tre “differenze fondamentali”:

  1. le reazioni catalizzate dagli enzimi nelle strutture viventi – manifestazioni di una coerenza quantistica globale – hanno un’efficienza impareggiabile e non danno sottoprodotti, laddove questi sono in genere presenti nelle reazioni catalizzate artificialmente dalla chimica industriale. L’inquinamento diviene perciò il costo ineludibile dell’attività tecnica;
  2. in una cellula lavorano contestualmente migliaia di enzimi e vengono soddisfatte nello stesso tempo – nella giusta proporzione – tutte le trasformazioni metaboliche necessarie, cosa che nessun laboratorio al mondo potrà mai realizzare. «Se un chimico dovesse affrontare il problema della sintesi di due prodotti – per esempio un amminoacido e un lipide – non penserebbe mai di sintetizzarli contemporaneamente dagli stessi precursori nelle stessa provetta»;
  3. ogni cellula viva (anche un semplice batterio) è “un sistema isotermico aperto” capace di regolare in tempo reale le reazioni metaboliche e la sintesi degli enzimi a tal fine necessari: essa attiva o blocca, accelera o rallenta i processi biosintetici in maniera differenziata e coordinata, secondo un “principio di massima economia ed efficienza”.(8) Ciò non solo non è possibile alla tecnica umana, ma non è neppure scientificamente concepibile, per i limiti insuperabili della nostra capacità conoscitiva.6  7

Ogni anno i combustibili fossili vengono estratti dalla terra a miliardi di tonnellate e a miliardi di tonnellate ammonta l’estrazione sia di metalli, sia di altri minerali.(14,15) A miliardi di tonnellate l’industria trasforma la materia, introducendo nella biosfera legami chimici xenobiotici, di cui la plastificazione planetaria è visibile testimonianza offerta alle nuove generazioni.

La tecnoscienza sta colpendo sempre più in profondità l’omeostasi planetaria. Che è l’omeostasi di ogni essere, di ogni uomo.

«La natura è l’unica a sapere il fatto suo»: così Barry Commoner sintetizzò negli anni ’70 una delle leggi fondanti dell’ecologia (16). La vita, organizzandosi con coerenza secondo un criterio di autosostenibilità globale, non annoda fisiologicamente legami chimici che non sarebbe poi in grado di governare senza danno.8 Solo l’empirismo scientista, nella sua intrinseca fallibilità, può compiere errori “gordiani” così radicali. Le molecole volatili di clorofluorocarburi, derivati del bromo e altri composti alogenati, giunte nella stratosfera (dove i raggi ultravioletti ne spezzano legami interni), scatenano un ciclo illimitato di interazioni con l’ozono, provocando effetti destabilizzanti nella coltre protettiva della vita. Lesive all’interno dei tessuti viventi, micidiali nella stratosfera, le molecole xenobiotiche persistenti – ormai ubiquitarie – sono un prodotto paradigmatico della cultura della morte.9

Concetti chiave

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La fotosintesi non solo dona alla biosfera energia di legame e armonia di colori, ma consente un’ordinata distribuzione spaziale delle diverse forme di vita.

Dopo aver rimosso ogni limite alla disponibilità di energia, l’Homo faber ha potuto, grazie alla chimica, manipolare senza limiti i legami interatomici della materia, creando miriadi di molecole xenobiotiche, ormai ubiquitarie in ogni angolo del globo, dal livello ipogeo alla fascia stratosferica di ozono.

Ma la biosfera è governata da norme precise, da decisioni prese una volta per tutte in un contesto di regole immodificabili, come la complementarità dei costituenti elementari degli acidi nucleici e la “chiralità” (ossia lo stesso orientamento spaziale per cui un guanto destro non può calzare la mano sinistra) delle macromolecole biologiche.

Che i legami interatomici del vivente non siano disposti a caso, ma secondo una precisa coerenza elettrodinamica globale, emerge in modo inconfutabile non solo dalla struttura e dal funzionamento del DNA e dell’RNA. Gli enzimi di una cellula, catalizzando in pochi secondi complesse sequenze di reazioni chimiche che in laboratorio richiederebbero giorni di lavoro, operano in maniera essenzialmente diversa rispetto alla chimica industriale:

1) le reazioni catalizzate fisiologicamente in vivo dagli enzimi raggiungono un’efficienza insuperabile e non danno sottoprodotti inquinanti;

2) in una cellula lavorano “contestualmente” migliaia di enzimi e vengono soddisfatte nello stesso tempo – nella giusta proporzione – tutte le trasformazioni metaboliche necessarie, secondo la competenza cellulare;

3) la cellula è capace di regolare fisiologicamente in tempo reale le reazioni metaboliche e la sintesi degli enzimi a tal fine indispensabili: essa attiva o blocca, accelera o rallenta i processi biosintetici in maniera differenziata e coordinata, secondo un principio di “massima economia e coerenza”.

La tecnica, impossibilitata a dominare il livello quantico, non potrà mai raggiungere la competenza fisiologica cellulare.

«La natura è l’unica a sapere il fatto suo».

Note

1 – Dalla distillazione frazionata del petrolio si ottengono, a temperature di ebollizione progressivamente più elevate, gas di raffineria (metano, etano, propano, butano, comprendenti rispettivamente 1, 2, 3, 4 atomi di carbonio), benzine leggere (miscele di idrocarburi composti da 5, 6 atomi di C) e poi miscele di idrocarburi sempre più pesanti (con 11, 12 atomi di C nel cherosene, da 13 a 25 atomi di C nel gasolio, fino a ottenere residui densi, come il bitume).

2 – Prima del XIX secolo i coloranti usati per fibre tessili, nell’industria alimentare, in cosmetica, erano ·naturali. Il rosso carminio, per es., veniva ricavato dalle femmine di cocciniglia (insetti appartenenti alla famiglia dei coccidi), uccise ed essiccate poco prima di deporre le uova. Questa pratica sopravviveva – alla fine del millennio – nelle Canarie, dove i fichi d’India ospitano in gran copia le cocciniglie. Il primo colorante artificiale fu scoperto casualmente nel 1856 da H.W. Perkin, nel tentativo di sintetizzare dal catrame di carbone il chinino, allora indispensabile per la profilassi e la cura della malaria. Ossidando l’anilina (monoamminobenzene) con bicromato di potassio, egli ottenne la mauveina (detta anche violetto di Perkin).

3 – I colori dello spettro visibile sfumano gradualmente uno nell’altro. Partendo dal rosso (750-620 nanometri) seguono l’arancione (620-590), il giallo (590-520), il verde (520-470), l’azzurro (470-430), il violetto (430-380 nm). Sotto il profilo biochimico i coni della retina umana contengono un pigmento sensibile ai tre colori fondamentali (rosso, giallo-verde, blu) dalla cui miscela proporzionata si ottengono tutti gli altri. Una superficie che assorba tutte le radiazioni dello spettro ci apparirà nera, una che le rifletta tutte (attivando adeguatamente nei coni la risposta ai tre colori fondamentali) verrà percepita come bianca. Possono darsi alterate percezioni dei colori (discromatopsie) per carenze parziali nei coni (famosa quella di John Dalton, che non sapeva distinguere il rosso), oppure incapacità totale di discernere i colori (acromatopsia) quando la deficienza di pigmento nei coni è generale. Sotto il profilo biofisico è evidente la ripartizione delle funzioni tra le cellule fotoricettrici della retina: i bastoncelli, grazie alla rodopsina, sono sensibili a minime intensità luminose e a singoli fotoni; i coni sono organizzati diversamente per poter operare con maggiore intensità di luce e discriminare le vibrazioni delle varie lunghezze d’onda. Aspetti soggettivi in ogni sensazione fisiologica sono ovviamente ineliminabili, dato il continuum quantistico della radiazione elettromagnetica e le differenze percettive individuali. Ma vi sono oggi strumenti (spettroscopi, spettrografi, spettrometri, spettrofotometri) che permettono di determinare analiticamente le frequenze in gioco.

4 – La clorofilla “a” assorbe in particolare le lunghezze d’onda da 600 a 700 nanometri, quella “b” da 400 a 500 nm. Tra i pigmenti accessori, il beta-carotene cattura le lunghezze d’onda fra circa 400 e 550 nm., la ficoeritrina quelle fra 450 e 600 nm., la ficocianina quelle tra 500 e 700 nm.(2, cap l8, && 476-477) La diversa miscela dei vari pigmenti non solo permette di catturare fotoni da tutte le lunghezze d’onda del visibile e di arricchire d’una infinita varietà di sfumature la bellezza cromatica della biosfera, ma consente anche alle differenti forme fotosintetiche di collocarsi in posizioni diverse, sulla terra o nelle acque, come fattore di armonia per il mondo vegetale e per quello animale.(2, cap. 18, & 477)

5 – E’ stato già osservato, alla nota 3 del capitolo II, come vi sia una sola possibilità di accoppiamento tra i simboli chimici dell’informazione genetica. Le basi azotate hanno struttura ciclica composta di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. Citosina e timina sono molecole ad anello singolo (ciascuna con tre doppi legami alternati a legami singoli), ma di composizione chimica e configurazione spaziale diversa; adenina e guanina sono molecole con due anelli condensati (ossia saldati tra loro) e poseggono ciascuna quattro doppi legami oltre a una propria identità chimica e fisica. Nell’acido ribonucleico (RNA) le quattro basi azotate sono legate allo zucchero ribosio e la base timina è sostituita da un composto simile, l’uracile (che può accoppiarsi solo con l’adenina). Nel DNA (acido deossiribonucleico) lo zucchero è il deossiribosio che, rispetto al ribosio, ha un atomo di ossigeno in meno. Una molecola di acido fosforico, insieme allo zucchero e alla base azotata, completa l’unità fondamentale dell’acido nucleico- sia esso DNA oppure RNA – detta “nucleotide”.
Quanto alla “chiralità” (da kheir, mano), essa trova riscontro nel fatto che le proteine, «nella misura in cui sono state prodotte dall’apparato di sintesi delle cellule guidato dall’informazione, fanno esclusivo uso di amminoacidi levogiri e danno perciò luogo a strutture avvolte soltanto in senso sinistrorso»(4). Negli acidi nucleici sono stati invece selezionati monomeri destrogiri (il costituente che dà la chiralità è in questo caso lo zucchero, ribosio o desossiribosio) che sviluppano spirali doppie, avvolte sia in senso destrorso sia in senso sinistrorso.
Diversamente da quelli sintetizzati dalla bioinformazione, proteine e zuccheri ottenuti in laboratorio presentano entrambe le chiralità (sono cioè come guanti non distinti per mano destra e sinistra). Gli avvolgimenti privilegiati confermano l’esistenza, in biologia, di vincoli universali fisiologicamente immodificabili, che non lasciano spazio alcuno alla casualità.(5)
È importante sottolineare che, anche volendo trascurare i fondanti aspetti dell’elettrodinamica quantistica coerente, non sempre è concepibile una raffigurazione spaziale statica dei legami chimici. Nel caso esemplare dell’anello benzenico (a sei atomi di carbonio) i tre doppi legami si potrebbero immaginare tra gli atomi 1-2, 3-4, 5-6, oppure tra quelli 2-3, 4-5, 6-1, o, ancora, tra gli atomi di carbonio 1-2, 4-5, con un legame equatoriale 3-6. Si ritiene quindi che nella molecola del benzene gli elettroni siano delocalizzati, costituendo una nuvola in movimento tra tutti gli atomi di carbonio. Anche nella chimica inorganica si danno casi in cui gli elettroni dei legami interatomici debbono considerarsi quasi liberi di muoversi, formando una sorta di nuvola elettronica: a questa particolare libertà si attribuisce l’alta conducibilità elettrica e termica di metalli e leghe metalliche allo stato solido. Correnti interatomiche di elettroni sono proprietà tipiche della superconduttività (ossia della mancanza di resistenza elettrica misurabile, riscontrata in diverse sostanze a temperature prossime allo zero assoluto). In stretta connessione funzionale con correnti di protoni sono ritenute proprietà essenziali di strutture cellulari con caratteristica di “elettretti”, come alfa-eliche, piani beta, legami idrogeno del DNA, microtubuli. I flussi endocellulari di protoni e di elettroni sono, in altri termini, aspetto ineludibile delle interazioni quantistico/conformazionali della vita.(6)

6 – Questi concetti furono mirabilmente sintetizzati dal compianto Albert Lehninger nell’introduzione alle prime due edizioni del suo trattato di biochimica.(8) Anche in un rapporto scientifico presentato nel 1995 alla Comunità Europea si sottolineava esplicitamente «la superiorità dei sistemi biologici», i quali «producono sostanze complesse con una precisione, un’efficacia e una velocità senza pari». La tecnologia umana, invece, «evita accuratamente la complessità» … «Nella chimica di sintesi le diverse tappe delle reazioni vengono in genere separate con cura l’una dall’altra» e «Si evitano gli eventuali contributi legati alla diffusione dei reagenti» (9).

7 – Nella forma di un enzima non vi è nulla che, di per sé, spieghi il suo potere catalitico (10) e tanto meno la sua capacità di controllare determinate reazioni chimiche del substrato. Eppure le differenze di velocità, rispetto alla reazione non catalizzata, possono essere enormi (dr. cap. VI). È stato dimostrato che l’attività enzimatica cellulare può essere influenzata da campi magnetici ed elettromagnetici, anche di bassa densità, i quali agiscono sul movimento delle cariche elettriche in gioco (11, 12, 13). Sebbene i sistemi viventi possano mantenere l’omeostasi entro un ampio e dinamico campo di perturbazioni, è chiaro che modificazioni tecnogeniche persistenti della velocità di una reazione enzimatica fisiologica impegnano sempre, al livello quantico, il coordinamento omeostatico.

8 – La maggior parte dei biologi non considera la coerenza quantistica delle interazioni bio-elettro-dinamiche e ritiene che la rapidità con cui i microrganismi hanno adattato reciprocamente vita e ambiente sia da attribuire alla capacità batterica di socializzare l’informazione genetica, attraverso lo scambio di geni anche tra ceppi diversi e indipendentemente dall’attività riproduttiva. Ma, comunque la si interpreti, la coerente armonia realizzata dai batteri in miliardi di anni è stata ora corrotta dalla tecnoscienza e non sappiamo se l’intelligenza sociale del microcosmo vivente potrà elaborare strategie adatte ad accelerare la risoluzione dei legami xenobiotici più complessi e resistenti, sintetizzati dalla miopia industriale. Anche l’attività microbica, vincolata a limiti energetici, deve contare sulla provvidenziale partecipazione di forze esogene, come quelle della degradazione fotochimica e – per l’incorporazione nei sedimenti – della gravità. L’incognita più pesante, per noi e per i nostri figli, è il tempo necessario al recupero omeostatico.

9 – Oggi anche un rapido ed eccessivo dimagrimento, trasferendo veleni indegradabili da tessuti adiposi a organi vitali, può produrre imprevedibili esiti tossici o degenerativi.

Bibliografia

1 – L. Rehn, Bladder Tumours in Fuchsine Workers, Arch. Klin. Chir., 50, 588-600, 1895 (in W.H.O. IARC, vol. 27, 1982, pp. 52, 58).

2 – A. Lehninger-D.L. Nelson-M.M. Cox, Principles of Biochemistry, Worth Publishers Inc. 1993. (Principi di Biochimica, Zanichelli, Bologna, 2000).

3 – M. Eigen, Das Spiel, R. Piper Gmbh. & Co., München, 1975. (Il gioco, Adelphi, Milano, 1986).

4 – M. Eigen, Stufen zu Leben, R. Piper Gmbh & Co., München, 1987. (Gradini verso la vita, Adelphi, Milano, 1992, p. 85, 203).

5 – N. Del Giudice-E. Del Giudice, Omeopatia e bioenergetica, Cortina International, Verona, 1999, cap.VI.

6 – F. Bistolfi, Radiazioni non ionizzanti:·ordine, disordine, biostrutture, Minerva Medica, Torino, 1989, cap. V

7 – L. Margulis-D. Sagan, Microcosmos, Simon & Schuster, Inc. 1986. (Microcosmo, Mondadori, 1989).

8 – A.L. Lehninger, Biochemistry, Worth Publishers, Inc. 1975. (Biochimica, Zanichelli, Bologna, 1987, Introduzione, 6, 7, 8).

9 – C.K. Biebracher-G. Nicolis-P. Schuster, Self-Organization in the Physic-Chemical and Life Sciences, Report EUR 16546, European Commission, 1955, citato da I. Prigogine in La fin des certitudes. Temps, chaos et les lois de la nature, Editions Odile Jacob, Paris, 1996. (La fine delle certezze. Il tempo, il caos, le leggi della natura, Bollati Boringhieri, Torino, 1997, p. 69).

10 – C.W. Smith-S. Best, Electromagnetic man, Dent, London, 1989. (Uomo elettromagnetico, Andromeda, Bologna, 1997, cap. 4).

11 – M. Blank, Mechanisms of biological interaction with electric and magnetic fieids, in “Electricity and Magnetism in Biology and Medicine”, F. Bersani Ed., Kluwer Academic/Plenum Publishers, New York, 1999, pp. 21-25.

12 – I. Nair-R.P. Liburdy-B, More, Biological electron transfer:a possible framework for some of the biological effects of ELF magnetic fields?, in “Electricity and Magnetism in Biology and Medicine”, F. Bersani Ed., Kluwer Academic/Plenum Publishers, New York, 1999, pp. 231-234.

13 – I.A. Litovitz-D, Krause-M. Penafield-E. C.Elson-J.M. Mullins, The role of coherence time in the effect of microwaves on ornithine decarboxylase activity, Bioelectromagnetics, 14, 395-404, 1993.

14 – L.R. Brown-M. Renner-B. Halweil, Vital Signs 99, Worldwatch Institute, Washington, 1999. (Edizioni Ambiente, Milano, 1999, pp. 48-49).

15 – L.R. Brown et al., State of the World 99, Worldwatch Institute, Washington, 1999. (Stato del pianeta e sostenibilità. Rapporto annuale, Edizioni Ambiente, Milano, 1999, p. 51).

16 – B. Commoner, The Closing Circle, Publ. by A.A. Knopf, Inc., 1971. (Il cerchio da chiudere, Garzanti, Milano, 1972, p. 37).