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Telecom: Prodi getta la maschera

di Gianfranco La Grassa - 03/04/2007

 
 
 
Romano Prodi

Due fatti degli ultimi giorni smascherano ulteriormente questa associazione… che ci governa. Innanzitutto partiamo da quell'anatra che si fa passare per aquila (con la connivenza di giornali asserviti e «acclamatori» coglioni) e che risponde al nome di D'Alema.
Un vero mediocre, ridicolo, personaggio che - dopo essere stato sgridato dai padroni americani e dalla «sua» Condy - a «Porta a porta», qualche sera fa, ha dichiarato di non aver mai trattato con i terroristi (talebani).
Era stato Strada (Emergency) a trattare (di sua iniziativa? Ma va là!); questi gli aveva trasmesso una lista di prigionieri che i talebani volevano in cambio di Mastrogiacomo, e lui si era limitato a farla avere a Karzai (premier afgano), il quale aveva poi fatto tutto da solo.
Strada - assieme agli altri che hanno manifestato in piazza Navona per criticare il nostro governo, insensibile nei confronti sia dell'interprete di Mastrogiacomo ancora detenuto dai talebani, sia verso il mediatore del nostro medico arrestato dai governativi - ha sbugiardato, senza più smentite, governo e ministro degli Esteri, poiché è stato lui ad essere investito dai suddetti della missione di sondare i talebani, ecc.
Quanto a Karzai, aveva già chiarito sin dall'inizio di aver liberato i prigionieri talebani dietro pressanti richieste del nostro governo.
Come ciliegina finale ricordo che su Libero è apparso il solito gustoso articolo di Cossiga.
Ne dice molte e di belle; non posso riportarle tutte, ma le più clamorose sono: a) chiama esplicitamente Karzai fantoccio degli USA; b) dice che è assolutamente non pacifista, convinto della necessità e giustezza della guerra in certi casi, ma afferma che quella in Afghanistan, come anche quella in Iraq, sono del tutto inutili e controproducenti; c) parla del nostro governo come composto da totali incompetenti, non meno dei loro oppositori.
Infine sfotte a più non posso il suo «amico» D'Alema, che non ha combinato nulla salvo far pianta-re 16.000 alberelli; e a un certo punto lo definisce «l'implacabile martellatore di Belgrado», in una guerra vinta seguendo Clinton.
Quale personaggio, di destra o di sinistra, è capace di dire simili verità?
Si può comunque essere sicuri che questo «borghese piccolo piccolo» del nostro «ministro estero» continuerà la sua carriera, incensato da vermi e coglioni, poiché è tutto il nostro ceto politico ad essere una torma di cavallette divoratrici, ma (a differenza delle cavallette) anche incapaci e inintelligenti; degno specchio, del resto, di una popolazione che esprime i suoi «giusti» rappresentanti.


Altra menzogna: Prodi dichiara una settimana fa (non un secolo!) che il governo non mette mano nella faccenda Telecom; e che non è contrario ad eventuali iniziative provenienti dall'estero. Bugiardo!
Tutti sanno del piano Rovati, smascherato (per fortuna) all'ultimo momento.
Tutti sanno della cordata guidata dal suo «amico e padrone» Bazoli (Intesa), con al seguito altri (fra cui le fondazioni bancarie in gran parte legate al gruppo Intesa-San Paolo).
Si vogliono prendere il controllo di Olimpia (80% di Pirelli e il resto di Benetton), che con il 18% controlla la Telecom.
Vi è tira e molla, fra l'altro perché gli acquirenti vorrebbero comprare al prezzo di mercato delle azioni Telecom (appena sopra i due euro) mentre il venditore intenderebbe avere 2,70 euro.
Adesso, un colpo di scena: intervengono gli americani del colosso AT&T (con la secondaria aggiunta di America Movil) che intendono comprare il 66% di Olimpia (e, in prospettiva, l'intero pacchetto) addirittura a 2,82 euro.
Immediatamente, sono entrati in forte agitazione i gruppi finanziari «amici e padroni» del governo.
Quest'ultimo non è più indifferente alla questione della Telecom e non finge più di «non opporsi» ad eventuali interessamenti stranieri.
Stavolta, poi, Tronchetti ha evidentemente condotto le trattative riuscendo a salvare la loro segretezza, per cui ha colto di sorpresa gli intriganti che volevano impadronirsi a basso prezzo dell'azienda.
Il ministro Fioroni - degno ministro di questa banda - ha espresso le gravi preoccupazioni del governo.
E' stata ritirata fuori la questione dell'italianità da salvare; quell'italianità («l'ultimo rifugio delle canaglie» come Samuel Johnson diceva della patria) che era stata svillaneggiata, irrisa, all'epoca in cui vi era bisogno di liquidare Fazio per mettere alla Banca d'Italia un personaggio proveniente dall'alta dirigenza della Goldman Sachs, enorme banca d'affari USA che - ne sono convinti in molti - stava dietro anche al Piano Rovati e alle successive manovre degli «amici e padroni» di Prodi e governo al fine di impadronirsi della Telecom e di tutto il resto cui puntano (obiettivo privilegiato: le Generali).
Non vi è dubbio che, nell'attuale situazione, il male minore sarebbe che la Telecom venisse presa da AT&T; sempre di gruppi di potere si tratta, e sempre americani, ma meglio questa grande impresa di telecomunicazioni (con una sua efficienza) che una finanziaria americana (nascosta) con alcuni gruppi finanziari italiani, che si farebbero, fra l'altro, anche un grosso polo massmediatico; il tutto avendo come rappresentanza politica questo maledetto e schifoso governo di malaffare, che nessuno - e tanto meno i mascalzoni e coglioni di destra - riesce a mandare a casa, impedendogli di devastare il Paese e di costituire una ipocrita, mefitica, untuosa «dittatura alla vaselina».


Non a caso, i gruppi finanziari, diretti da Intesa (Bazoli), sono comunque in agitazione.
Si cerca di spingere Mediobanca e Generali (in possesso del 5,2% di azioni Telecom) a esercitare un diritto di prelazione, previsto da un patto di consultazione stipulato con Olimpia.
Certo, il diritto di prelazione, se esercitato, implica che si sborsino i 2,82 euro previsti nella proposta del gigante telecomunicativo americano.
Ma il problema che interessa noi non è che questa apa (accolita per azioni) sia costretta a sganciare dei bei soldini (che ci frega degli incassi di Tronchetti, altro bel tomo!); l'importante è che venga dato un colpo decisivo ai disegni dittatoriali dei «padroni e amici» di Prodi & C.
Un colpo che si rifletterebbe sul partito democratico, sulle sue «tessere numero 1» (tipo De Benedetti, che si tira fuori dalla gara per Alitalia perché tende a farla fallire per poi cercare di prendersi l'azienda aerea per meno), sulle «sinistre estreme», terrorizzate dall'indebolimento del governo che garantisce loro cariche e carichette (centrali e locali), fiumi, rivoli e rivoletti di denaro pubblico che affluiscono per le loro inutili iniziative politiche e culturali, per le loro stupide associazioni, i loro orridi giornali e riviste, ecc.
Un «magna magna» generalizzato dell'intera sinistra che deve finire!
Bugiardi e corrotti!
Come direbbe Cossiga: «non meno dei loro oppositori».
A casa, a casa tutti: maggioranze e minoranze.
E' ora di dirlo senza giri di parole: questa apa non è composta da tipi migliori di Riina e di Provenzano.
Questi almeno rischiano di persona; infrangono la legge e vanno in galera.
Quelli dell'apa le leggi se le fanno loro, e anche quando le aggirano - vedi le reprimende  ammende comminate dalla CONSOB per le varie operazioni (equity swaps, ecc.) tramite cui si è riusciti a mettere al sicuro la proprietà Fiat per la «grande famiglia» - stanno tranquilli e ridenti.
Che schifo vedere tutti questi tizi, ben vestiti, riuniti in austere stanze dei «palazzi», con le «autorità» (per nulla autorevoli) al seguito, mentre fanno discorsi di «indirizzo» (anche morale, perché osano toccare perfino argomenti etici, le facce di tolla!) rivolti al popolo italiano (che spesso li ammira pure).
Mentre Riina e Provenzano si fanno almeno i loro ergastoli.


No, non credo si possa più tollerare chi continua a votarli e a dire che sono il «meno peggio», che «c'è Annibale (alias Berlusconi) alle porte».
Chi lo fa è complice di tutte le loro bugie e malefatte.
Sia chiaro, quel che dicono questi sporchi politici può anche a volte far sorridere ed essere considerato quasi come il «gioco delle tre carte».
Ma solo se si fa finta di non sapere a quali loschi personaggi del mondo finanziario e industrial-decotto tali politici tengono bordone.
Non è più lecito né ammissibile fingere di non sapere.
Si è complici e quindi mascalzoni; e basta!
Allego notizia da Dagospia che è poco piacevole (sempre i «sinistri» in mezzo).
Questo dimostrerebbe comunque che a destra ormai non contano una s…
Quindi un motivo di più per non accettare l'«Annibale è alle porte».


Professor Gianfranco La Grassa
www.lagrassagianfranco.com



Non sarà facile per Prodi sbattere la porta in faccia agli americani
La  A.T.&T. è un colosso che «influenza» la Casa Bianca ed è vicina a Spogli
Sconfitta la spocchia dei Profumo, Bazoli, Rossi: è il mercato, bellezza…


Non è un pesce di aprile, ma una pagina di capitalismo finanziario che ieri ha lasciato di stucco il governo, e rientra nella logica dove il mercato è sovrano.
E' la stessa logica che ha consentito ad Alessandro Profumo, il capo di Unicredit, di conquistare la roccaforte bancaria in Germania, e incoraggia il manager dell'ENEL Fulvio Conti a tentare la conquista del colosso energetico spagnolo Endesa.
Nel mercato globale, dove la concorrenza è senza frontiere, contano i soldi ed è a questi, più che ai progetti industriali, che ha puntato il blitz improvviso di mister Pirelli.
«Gli affari - ha detto due anni fa il marito di Afef - sono una combinazione di tempismo e rapidità nelle decisioni, come accade nello sport della vela».
Lui di vela ne capisce e non vede l'ora di riprendere il largo con il suo Tauris III da 99 piedi per lasciarsi alle spalle le vicende di questi mesi.
Che il cavaliere bianco abbia la maglietta americana oppure quella di Carlos Slim poco importa.
Per Tronchetti la partita di Telecom come grande sfida industriale è chiusa, e non vede l'ora di lasciarsi alle spalle il teatrino italiano dei Rovati, Bersani e delle banche incerte e lacerate dai conflitti personali.
Questo è il suo sogno che in un primo commento, apparso sul «Financial Times», nasce «dall'immensa frustrazione all'interno di Pirelli per l'incapacità di concludere accordi a causa dell'opposizione del governo».
Chi l'ha visto allo stadio di San Siro dove sedeva accanto ai figli e alle spalle del gaudioso Massimo Moratti, non immaginava certo che un'ora dopo la fine della partita Tronchetti avrebbe convocato d'urgenza il Consiglio di amministrazione straordinario di Pirelli per comunicare l'offerta parallela di AT&T e America Movìl.
Il colpo di teatro internazionale riporta alla ribalta un soggetto come l'americana AT&T che da molti anni tiene gli occhi aperti su Telecom.
Fin dai tempi della Stet la società USA ha considerato le telecomunicazioni del nostro Paese come un'area di mercato da sorvegliare in modo «speciale».
Prima di essere liquidato da Ciampi e Draghi fu Ernesto Pascale a tentare una grande alleanza con gli americani, poi ci provò Tommasi di Vignano, ma quando nel 1998 la Fiat mise al vertice di Telecom GianMario Rossignolo, l'intesa venne spazzata perchè il manager tentò un'impossibile
accordo con la Cable&Wireless.
La mano lunga degli americani riapparve poco tempo dopo attraverso Lehman Brothers e Citicorp che misero nelle mani di Colaninno 100mila miliardi dell'epoca per conquistare Telecom.


Il mercato italiano fa gola ai colossi d'oltreoceano e per un gruppo come l'AT&T, che capitalizza 242 miliardi di dollari e l'hanno scorso ha fatto 7,3 miliardi di profitti, non è un problema staccare un assegno da 2,7 miliardi e comprare le azioni a 2,92 euro.
Non sarà per niente facile per Prodi e compagni sbattere la porta in faccia al colosso USA delle telecomunicazioni anche per altre ragioni.
AT&T è la realtà che in America finanzia in modo trasversale sia i repubblicani di Bush e Giuliani che il partito democratico di Hillary Clinton, e rispetto all'altro concorrente che si è affacciato ieri sera con le vesti del messicano Carlos Slim, proprietario di America Movìl, è il soggetto che sembra avere più chances per turbare il sonno della politica italiana.
Non a caso subito dopo l'annuncio di Tronchetti Provera qualcuno ha cominciato a riflettere sul ruolo attivo dell'ambasciatore americano in Italia, Donald Spogli, che dal giorno del suo arrivo non ha mai fatto mistero della grande liquidità che hanno tra le mani i fondi di private equity e sulla possibilità di investimenti nel nostro Paese.
C'è chi si spinge ancora più in là, e ritiene che esista un sottile filo di intenti che legherebbe l'ambasciatore Spogli a Massimo D'Alema desideroso di non essere tagliato fuori dalla grande partita sul futuro di Telecom.
Di questo scenario non ci sono conferme, mentre cominciano a filtrare le prime indiscrezioni sull'attivismo «vendi-cattivo» di Gerardo Braggiotti (consulente di Tronchetti) al quale si attribui-sce la paternità di una trama che mette in soffitta la «soluzione di sistema» tessuta invano dalle ban-che italiane (che hanno sempre intralciato il Braggiottino).
Non è un pesce d'aprile, ma non è nemmeno un capitolo chiuso.
Con la sua mossa improvvisa Tronchetti Provera vorrebbe ripetere quel copione del 2001 che lo portò con un colpo magistrale a vendere una piccola società (Optical Technologies USA) agli americani di Corning e Cisco per 3,6 miliardi di dollari.
L'uomo dei blitz finanziari, il manager che ha dimostrato di non saper costruire un destino industriale per le telecomunicazioni, pensa adesso di mettere alle corde con un colpo solo le banche e la politica.


Da ieri sera e per i prossimi 30 giorni è iniziata una primavera calda che vedrà scatenarsi un'asta al rialzo e un fuoco di polemiche.
In ballo c'è l'italianità delle telecomunicazioni, la difesa del quinto baluardo industriale (dopo Fiat, ENI, ENEL e Finmeccanica) sul quale il mondo politico non è disposto a mollare.
Ne vedremo delle belle.
Vedremo le barricate dei partiti di sinistra che non intendono mollare la gestione della rete agli yankees e tantomeno ai messicani.
Vedremo le banchette italiane (anch'esse già violate e in gran parte vulnerabili alle scalate straniere) recarsi a Palazzo Chigi per valutare una controffensiva a prezzi di gran lunga superiori a quella soglia di 2,7 euro per azione che consideravano irreale.
E forse vedremo qualcosa che finora non si è manifestato e può avere le sembianze di un'Opa su Telecom, che stranamente non è stata ancora fatta, ma che è possibile se qualcuno avesse intenzione di mettere sul piatto 2 miliardi di euro.
Telecom è una telenovela che dura da dieci anni, cioè dall'autunno 1997 quando la privatizzazione portò alla presidenza Guido Rossi, il superavvocato che negli ultimi 100 giorni ha messo il suo nome e il suo prestigio a disposizione di Tronchetti Provera ricevendo un compenso di circa 700mila euro.
Una parcella di tutto rispetto che dovrà essere moltiplicata per dieci e per cento se gli verrà chiesto di convincere le banchette italiane a difendere l'onore della patria e se dovrà servire a cacciare il fantasma della «variabile giustizia», l'unico ostacolo «oscuro» che potrebbe impedire a Trochetti Provera di alzare le vele verso lidi più ricchi e sicuri.


Dagospia 02 Aprile 2007