Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La Cina fa i conti con l'effetto clima

La Cina fa i conti con l'effetto clima

di Marina Forti - 18/04/2007

 
La Cina deve affrontare una contraddizione non da poco: è in piena espansione economica, e questo significa che ha una gran fame di energia; ma è anche un paese che comincia a fare i conti con le questioni ambientali, sulla spinta di un inquinamento disastroso e dell'incombente degrado delle sue risorse naturali, dall'acqua alla terra coltivabile. All'interno di questa contraddizione sta il «Primo rapporto nazionale sul cambiamento di clima» di cui l'agenzia Reuter ha dato ieri un'anticipazione da Pechino: da cui risulta che la Cina, prima tra i grandi paesi in via di sviluppo, si prefigge di limitare le sue emissioni di gas «di serra» in un futuro abbastanza vicino.

Bozza ancora non definitiva, il «First National Climate Change Assessment» è il risultato di quattro anni di consultazioni tra i principali ministeri cinesi, dunque si può supporre che rappresenti il più ampio consenso tra i dirigenti di Pechino. Afferma che la Cina deve darsi l'obiettivo di quasi dimezzare entro il 2020 la quantità di gas di serra emessi per ogni dollaro di prodotto interno lordo. Ovvero, abbassare la cosiddetta «intensità di carbonio» - che non significa tagliare le emissioni totali ma aumentare l'efficenza energetica della sua economia, consumare meno combustibili fossili e quindi inquinare meno per unità di prodotto. E' ovvio che se nel frattempo l'economia cresce aumentano anche le emissioni di gas di serra, in termini assoluti, benché calino in proporzione. E la Cina, dice il documento citato dalla Reuter, continuerà ancora nei prossimi decenni a rifiutare limiti obbligatori alle emissioni di gas di serra.

E' esattamente ciò che dice anche il presidente degli Stati uniti George Bush: nessun limite obbligatorio (come vuole il Protocollo di Kyoto) ma un impegno volontario a diminuire l'«intensità di carbonio» dell'economia americana. Pechino e Washington però parlano da due punti di vista diversi. Gli Usa sono il maggior produttore di gas di serra al mondo (da soli fanno circa un quarto del totale), e tra i primi pro-capite, senza considerare che condividono con l'intero mondo industrializzato la responsabilità di un accumulo storico. La Cina è il secondo emettitore di gas di serra al mondo, ma è assai al di sotto dei paesi industrializzati come emissioni pro capite; la sua espansione economica ha solo una ventina d'anni, e rivendica ancora un «deficit» di consumo di energia: così i dirigenti cinesi (come quelli dell'India) considerano di non poter accettare limitazioni che porterebbero pregiudizio alla loro crescita economica. «Prima di aver completato una generale modernizzazione entro la metà del 21esimo secolo, la Cina non deve intraprendere misure assolute e obbligatorie di riduzione delle emissioni», dice il documento (che la Reuter cita una traduzione in inglese).

I dirigenti cinesi non sottovalutano il problema del cambiamento del clima: nello studio citato si auspica di tagliare la «intensità di carbonio» dell'80% entro il 2050 rispetto al livello dell'anno 2000; si prevede però che le emissioni pro capite continueranno ad aumentare ben oltre i livelli previsti per le nazioni in via di sviluppo, prima di cominciare a diminuire.
Il 24 aprile il governo di Pechino diffonderà il suo Piano nazionale sul clima; il documento anticipato ieri è un'altra cosa, sembra piuttosto un documento di indirizzo generale. Indica una politica sul medio termine; se diventerà la politica ufficiale del governo di Pechino, la Cina sarà il primo grande paese in via di sviluppo che si da un obiettivo a lungo termine per frenare le emissioni di gas di serra - cioè ridimensionare la crescita del consumo di combustibili fossili, che sono la principale fonte di anidride carbonica e degli altri gas. Un gesto di responsabilità, come chiesto dai paesi aderenti a Kyoto: i quali riconoscono a Cina, India e altri il diritto a colmare un gap di sviluppo ma gli chiedono di unirsi allo sforzo globale sul clima - da cui mancano ancora gli Usa...