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I veleni del Nicaragua. 1.420 morti a causa dei pesticidi usati in agricoltura

di Giorgio Trucchi - 18/04/2007

 
 
"Il modello di produzione agricola improntato sull'esportazione e adottato in Nicaragua a partire dalla metà del secolo scorso si è basato sull'utilizzo di un'elevata quantità di prodotti chimici e sulla manodopera non qualificata impiegata nei campi. Dagli anni 60, al Nicaragua è toccato rivestire il ruolo di principale polo di sviluppo dell'industria chimica regionale e da allora le persone hanno cominciato a morire senza sapere perché. E' solo negli ultimi anni, e prevalentemente nella zona occidentale del Nicaragua dove si concentrano le produzioni agroexportadoras, che abbiamo iniziato a renderci conto che l'uso indiscriminato di pesticidi stava distruggendo la popolazione". È con queste parole che Ddenis Meléndez, del Centro di informazioni e servizi dell'assessorato alla Salute ha dato il via alla conferenza che ha denunciato pubblicamente la grave situazione nicaraguense
 
Ex colitvatore della canna da zucchero ammalato di IrcDue morti al giorno. Uno degli esempi più allarmanti lasciati da questo modello di produzione è il caso degli ex lavoratori della canna da zucchero (caña) colpiti da Insufficienza Renale Cronica (Irc). Secondo i dati della Associazione nicaraguense dei malati di Insufficienza renale cronica "Domingo Téllez" (Anairc), al giorno 8 aprile 2007 erano decedute 2.427 persone. Negli ultimi 24 mesi, il numero di morti ha raggiunto la spaventosa cifra di 1.420, con una media mensile di 59 persone.
"Se controlliamo i dati statistici sulla mortalità provocata da malattie professionali, da epidemie o dall'Aids - ha continuato Meléndez - ci rendiamo conto che la Irc sta decimando la popolazione. È una situazione che dovrebbe allarmare le autorità, le quali dovrebbero adottare immediatamente misure d'emergenza in tutta la zona occidentale e nei territori dove si stanno registrando indici molto elevati di Irc tra chi lavora nelle varie produzioni agricole".
 
Contadina reclama i suoi dirittiLenta presa di coscienza. In Nicaragua, come in altri paesi centroamericani, il fenomeno della Irc è stato scoperto molto tardi, in quanto la gente non sapeva di che cosa stesse morendo. Le organizzazioni ancora non erano in grado di rendersi conto di ciò che stava succedendo e anche i medici curavano le persone come se si trattasse di una malattia qualsiasi. Nelle cartelle cliniche non venivano mai registrate le informazioni che avrebbero potuto provare un vincolo con l'attività lavorativa”.
"Nel paese - ha ricordato il rappresentante del Centro informazioni dell'Assessorato alla Salute - si trovano tutt'oggi i resti dell'industria chimica di un tempo e ci sono posti che ancora funzionano da magazzini di prodotti chimici ormai proibiti. Tutto questo contribuisce pesantemente all'inquinamento del Nicaragua. Abbiamo seri problemi di contaminazione delle acque, del suolo, ma la cosa peggiore è che la storia si sta ripetendo: si continuano a usare pesticidi che nei paesi sviluppati sono già stati tolti dal mercato e il ministero dell'Agricoltura (Magfor) non è mai intervenuto come avrebbe dovuto", ha indicato Meléndez.
 
Contadina in una piantagione di bananeDiritti disumani. "A questo si aggiunge un altro pericolo e cioè l'implementazione del nuovo modello di produzione di biocombustibili - ha continuato - che è stato pensato per alimentare i veicoli e non per risolvere i bisogni alimentari della gente. Si coltiva mais per produrre etanolo, mentre il prezzo della tortilla - elemento basilare dell'alimentazione nazionale - è cresciuto a dismisura. Anche la palma africana (o aceitera) è in competizione con le persone per lo sfruttamento delle falde acquifere. Nel caso della Irc, nemmeno con l'approvazione della Legge 456 (Ley de Adición de Riesgos y Enfermedades Profesionales a la Ley 185, Código del Trabajo) le autorità si sono fatte carico in modo responsabile delle conseguenze di questa malattia. La gente continua a consumare acqua e non sa che è inquinata", ha concluso Meléndez.