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Fratelli Rosselli, la pista francese (recensione)

di Mimmo Franzinelli - 21/04/2007

Settant’anni fa l’omicidio dei fratelli antifascisti Carlo e Nello: ma nessuno pagò per il crimine

Ora un saggio di Franzinelli ricostruisce il ruolo del regime e quello dell'estrema
destra d'Oltralpe, esecutrice materiale

«Negli ambienti vaticani si è parlato in questi giorni dell'uccisione dei fratelli Rosselli e si ha l'impressione che debba trattarsi di un delitto fascista. Si dice e si assicura che il fascismo ha delle branche segrete all'estero, dove vi sono numerosi affiliati». Il breve giudizio dell'informatore della polizia italiana che opera nel territorio della Santa Sede, è forse quello che meglio coglie questa storia di "giustizia mancata" per le lacune, i depistaggi, le strumentali verità politiche, le contraddizioni e le contorsioni di innumerevoli pagine di atti giudiziari che si sono susseguiti dal tardo pomeriggio del 9 giugno 1937 quando gli antifascisti Carlo e Nello Rosselli, che si trovavano in vacanza a Bagnoles-de-l'Orne, furono costretti a fermarsi con l'auto in una strada di campagna per essere barbaramente uccisi. Chi erano stati gli autori di questa imboscata? Da chi erano stati informati? Quale il ruolo dei servizi segreti italiani, che conoscevano minutamente idee e spostamenti di Carlo e anche di Nello, e che davano notizie di tutto ad alcuni dei maggiori gerarchi del regime, Ciano e Anfuso in testa? Quali soprattutto i rapporti tra le nostre centrali di spionaggio e la Cagoule, un movimento francese di estrema destra fortemente anticomunista, con forti agganci militari e politici, una sorta di massoneria che si proponeva di abbattere la Terza Repubblica e i cui membri, legati da giuramento, indossavano un cappuccio e che erano stati ben presto identificati come gli autori di questo omicidio politico? Lo stridente divario tra le realtà processuali, dove confessioni e ritrattazioni si sono scontrate soprattutto dopo la fine della guerra, e le risultanze storiografiche, viene ora colmato, grazie anche ad una esauriente documentazione in parte inedita, da Mimmo Franzinelli, con un libro che mostra ampiamente il ruolo di Carlo Rosselli. Ruolo in particolare interno dell'antifascismo, spesso rissoso, che era stato costretto a trovare rifugio all'estero, sopr attutto in Francia. È a Parigi che nasce, su suo stimolo, il movimento Giustiza e libertà che, in un'informativa del novembre 1935 al capo della polizia, Arturo Bocchini, viene definito «il più importante, più pericoloso, più attivo per ora». È a Parigi che Rosselli (mentre il fratello Nello, il cui antifascismo è altrettanto esplicito e noto, privilegia a Firenze la ricerca su alcune figure del Risorgimento) pubblica il suo «socialismo liberale» alternativo al fascismo, ma anche al comunismo e all'anarchismo. Il suo antifascismo, esposto in tutte le occasioni, che si esprime contro la guerra in Etiopia e che lo porta ad organizzare un intervento armato a sostegno del governo repubblicano in Catalogna (e a illudersi anche, dopo la sconfitta delle Camicie nere a Guadalajara, che il regime di Mussolini potesse finire) ne fa un personaggio "scomodo", che parla sempre con franchezza, del quale il regime intende liberarsi in ogni modo. «Il maggior pericolo viene da Rosselli e, a mio modo di vedere, è assolutamente necessario sopprimerlo», scrive un altro informatore, nel 1934. Le spie del regime, gestite dal colonnello Emanuele, al vertice della III sezione del nostro servizio di informazioni (e in stretti rapporti con Ciano e soprattutto Anfuso), conoscono tutto di Carlo Rosselli. «Gli archivi fascisti rigurgitano di confidenze più o meno attendibili carpite a lui. Quando si sposta, tra gli interlocutori figura sempre una spia», osserva Franzinelli. In quegli anni Trenta dove il nazionalismo anticomunista sembra prevalere in Europa con forze politiche decise a tutto (mentre in Francia il Fronte popolare accende passioni e uomini), non meraviglia che il nostro controspionaggio abbia avviato contatti con la Cagoule, alla quale Rosselli viene descritto «come un trafficante internazionale, impegnato nel recupero di mezzi bellici per le organizzazioni filocomuniste». Al controllo ininterrotto delle nostre spie, si aggiunge ora quello degli "incappucciati" francesi. Si avvia quella che sarà chiamato "affair Rossignol". La sorte di Carlo Rosselli è segnata: per le sue idee, per le attività, per il suo impegno antifascista. Sia i fascisti sia la Cagoule sanno che Carlo Rosselli andrà per le vacanze a Bagnoles-de-l'Orne, dove è raggiunto dal fratello Nello. Entrambi vengono uccisi. Mentre in Francia le indagini procedono stancamente, in Italia i giornali si sprecano in una campagna ben orchestrata che cerca di accreditare come il delitto debba farsi risalire ad una faida interna all'antifascismo gestito dai comunisti bolscevichi o dagli anarchici. Ciò per le posizioni critiche assunte da Rosselli nei confronti di certo "fuoriuscitismo". Anche i gerarchi fascisti cercano di respingere ogni responsabilità. Il colonnello Emanuele, che in tanti ritengono il mandante dell'assassinio, nel processo contro di lui nel 1944 riconoscerà di aver trasmesso ai cagolulars la direttiva di eliminare Rosselli «secondo quanto gli era stato ordinato dai superiori». Nel 1949 sarà assolto per insufficienza di prove. Anfuso sarà assolto con formula piena da ogni accusa, anche lui nel 1949. Ma, per Franzinelli, sapeva come erano andate le cose in quel tragico 9 giugno di settant'anni fa.

Il delitto Rosselli
9 giugno 1937. Anatomia
di un omicidio politico
Mondadori. Pagine 352. Euro 18,50