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Italia maglia nera

di Alberto Fiorillo - 11/12/2005

Fonte: lanuovaecologia.it


«L'Italia è ultima in Europa sia quanto ai trend delle emissioni di gas serra. E sia quanto alle politiche per acciuffare gli obiettivi di Kyoto...»
 
 
«Anche qui a Montreal i rappresentanti del governo italiano cercano di accreditare l'idea che i ritardi e le difficoltà nell'applicazione del Protocollo di Kyoto siano gli stessi per tutta l'Europa. Ma la realtà è diversa: qualunque indicatore si consideri, l'Italia è maglia nera in Europa sia quanto ai trend delle emissioni di gas serra, in 
 
 
sensibile crescita contrariamente a quanto accade in Germania, Regno Unito e Francia. E sia quanto alle politiche messe in campo per invertire questa tendenza e acciuffare in extremis, o se non altro avvicinare, gli obiettivi assegnatici dal Protocollo di Kyoto».

E' la considerazione con cui Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente, ha accolto l'arrivo oggi a Montreal del ministro dell'ambiente, Altero Matteoli. Alla conferenza Onu sui cambiamenti climatici, Legambiente ha infatti presentato ieri i numeri del ritardo italiano relativi all'aumento delle emissioni di gas serra, all'inefficacia del piano nazionale di assegnazione delle emissioni, all'enorme cifra impegnata per l'acquisto di crediti.

Partiamo dal primo punto: il mancato rispetto del protocollo di Kyoto. L'Italia deve ridurre del 6,5% le emissioni di anidride carbonica entro il 2012 rispetto ai livelli del 1990. Fino ad oggi (dati 2003) le nostre emissioni sono invece cresciute di quasi il 12%: circa 60 milioni 
 
Roberto Della Seta
di tonnellate di CO2 . Nell'Europa dei 15 solo la Spagna, cui peraltro il Protocollo di Kyoto consente di accrescere le proprie emissioni del 15%, ha fatto registrare un aumento assoluto superiore (+115 milioni di tonnellate).

Al secondo punto il Piano nazionale di assegnazione delle emissioni per il periodo 2005-2007. Presentato dall'Italia in grande ritardo, e approvato dalla Commissione europea solo nel maggio scorso, fotografa in modo impietoso l'arretratezza italiana: alle attività energetiche regolate dalla Direttiva sull'Emission Trading (centrali termoelettriche, industria mineraria, cartiere, impianti per la produzione e il trattamento dei materiali ferrosi), che coprono oltre il 40% di tutte le emissioni, vengono assegnati circa 220 milioni di tonnellate di CO2, certificando nero su bianco un aumento del 10% sui livelli del 1990. Ciò significa, in teoria, che per raggiungere gli obiettivi di Kyoto l'Italia dovrebbe ridurre di più di un terzo le sue emissioni in tutti gli altri settori 
 
Matteoli
(trasporti, consumi di energia nel residenziale e nel terziario): di fatto, è l'abdicazione quasi ufficiale del nostro Paese ai suoi impegni.

Infine la questione crediti. Il governo italiano ha dichiarato che per raggiungere gli obiettivi di Kyoto ricorrerà all'acquisto di crediti per oltre 70 milioni di tonnellate di CO2, la quantità di gran lunga più elevata tra i Paesi dell'Unione europea (al secondo posto ci sono Spagna e Olanda, ma con soli 20 milioni di tonnellate). Il grosso delle riduzioni italiane sarà cioè ottenuto non attraverso azioni interne di risparmio energetico e sviluppo delle fonti pulite, ma finanziando progetti in Paesi in via di sviluppo. Così, ci saranno da pagare molti miliardi di euro per l'acquisto di crediti (ogni tonnellata di credito costa da 5 a 25 Euro, e a pagare saranno i contribuenti) e l'Italia perderà l'occasione di sfruttare il Protocollo di Kyoto per rendere più efficienti e più puliti i sistemi di produzione e consumo di energia.