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Il macroprocesso alla rete ETA

di Herman Bashiron - 13/12/2005

Fonte: rinascita.info



Nelle aule del Tribunale Nazionale di Madrid è in corso, dalla fine di novembre, uno dei più rilevanti processi della storia contemporanea spagnola per numero di accusati. Sul banco degli imputati siedono 59 persone. L’accusa è di collaborazione e appartenenza a banda armata, complicità in delitti fiscali e azioni contro la sicurezza sociale. Le pene sollecitate vanno dai 10 ai 51 anni di galera, per un totale di 991 anni ripartiti tra i 59 accusati.
Sotto il nome di Sommario 18/98, il macroprocesso è rivolto non verso l’ETA stessa, bensì contro ciò che in Spagna viene chiamato l’”entramado” dell’ETA, ovvero contro quella trama di disobbedienza civile che, secondo l’accusa, aveva a che fare direttamente con la banda armata.
Le associazioni, enti e organizzazioni messe sotto giudizio, e che hanno già assaggiato la mano dura del famigerato giudice Baltasar Garzòn, padrino dell’attuale processo, sono: KAS (che in basco sta per: Coordinamento Patriottico Socialista), la successiva EKIN; il quotidiano Egin; la rivista Ardi Beltza, la fondazione Joxemi Zumalabe e l’Associazione europea Xaki.
Alla prima seduta del processo gli accusati si sono presentati con il documento di identità basco (la volontà di creare un documento di identità indipendente fa parte, tra le altre cose, degli elementi di accusa) che il tribunale nazionale non ha ovviamente riconosciuto.
Le prime fasi del processo sono state caratterizzate principalmente dalla decisione dei 59 imputati di non rispondere alle interrogazioni e alle domande dell’accusa, composta dal Ministero Fiscale (organo dello Stato integrato nel potere giudiziario) rappresentato dall’avvocato Enrique Molina e dall’AVT (Associazione vittime del terrorismo), rappresentata a sua volta dall’avvocato Emilio Murcia.
I primi imputati chiamati a rispondere dei loro contestati crimini hanno rilasciato le proprie dichiarazioni solo ai loro avvocati difensori. La conversazione tra gli accusati e i propri legali si è tenuta in euskara, l’idioma basco, e i giudici del Tribunale di Madrid si sono dovuti avvalere di alcuni traduttori.
Unanime è stata la contro-accusa lanciata dagli imputati e dai loro difensori: il macroprocesso è mosso da un impulso politico. A ben vedere questa tesi sembra non avere tutti i torti. Il gruppo di lavoro18/98+, costituito da persone preoccupate dall’esistenza di questo processo o direttamente coinvolte in esso, ha dichiarato che non si possono identificare legittime attività politiche e sociali con la complicità, la collaborazione e l’appartenenza all’ETA.
Il medesimo gruppo, supportato dal giudizio di avvocati, politici, magistrati e individui interessati al caso, denuncia gravi deviazioni dal normale funzionamento di uno Stato di Diritto, evidenziando la privazione di garanzie giuridiche per i processati; l’abuso della detenzione preventiva; la strumentalizzazione politica della legislazione.
Secondo l’avvocato Txema Montero si tratta di: “una causa generale contro la sinistra abertzale (patriottica) che risponde a criteri di opportunità politica”; inoltre, facendo riferimento all’epoca dell’aggressiva politica antiterrorista del precedente governo Aznar, l’avvocato ha dichiarato: “si voleva terminare con l’ETA a qualunque prezzo e si decise che per uccidere il pesce si doveva prosciugare la laguna e quel lago era la sinistra abertzale”.
Attraverso le parole del consigliere di Giustizia, Joseba Azkarraga, il governo basco ha espresso le sue perplessità nei confronti del processo e l’auspicio che questo procedimento termini, in maniera definitiva, con una assoluzione: “perché non è tutto ETA”.
Il sospetto di trovarsi di fronte ad un processo che risponde a chiari disegni politici non è solamente un sentimento diffuso tra gli accusati e i loro sostenitori, ma, a causa di alcuni atteggiamenti ambigui compiuti dal tribunale e dai tre giudici chiamati a risolvere il caso, il sospetto si è esteso a gran parte della società civile spagnola e internazionale.
L’episodio che ha destato maggior stupore e che ha innescato una immediata contestazione da parte della difesa, riguarda un documento utilizzato come prova contro uno dei 59 accusati. Durante il corso di un’udienza la segreteria del tribunale ha dato inizio alla lettura di un documento attribuito all’Eta e che incriminava Joxean Etxeberria, l’imputato che stava dichiarando in quel momento. Terminata la lettura del documento l’avvocato difensore Jone Goirizelaia, uno dei 9 chiamati a difesa del numeroso gruppo, ha interrogato il tribunale per sapere chi aveva portato tale documento come prova e chi ne aveva richiesta la lettura e, di fronte a queste domande, si è constatato che la decisone fu presa unilateralmente dal tribunale. Gli avvocati della difesa hanno denunciato l’attitudine del tribunale e dichiarato che i tre magistrati dovevano essere destituiti dal processo per “manifesta parzialità”. Ai magistrati Luis Martinez De Salinas, Nicolas Poveda e soprattutto alla presidente Angela Murillo, è stato attribuito “l’intento di sostituire l’accusa”. Naturalmente i magistrati non solo hanno rifiutato la ricusazione della difesa, ma hanno ripetuto per ben due volte lo stesso tipo di incidente con la lettura di altri documenti, inoltre, durante una seduta, hanno espulso tutti gli imputati, colpevoli di aver applaudito uno di loro al termine di una dichiarazione e hanno continuato ad aggiungere diverse irregolarità nello svolgimento del loro lavoro. Questi episodi non hanno fatto altro che avvelenare ancor di più il clima già teso del processo, provocando sempre di più lo sdegno della difesa, degli accusati e di chi segue con molta perplessità l’andamento di questo singolare procedimento giudiziario.
Molte sono le voci che si sono levate contro il proseguimento del macroprocesso; se prima se ne chiedeva la sospensione adesso in molti ne chiedono la diretta invalidazione. Per i 59 accusati il processo è nullo, anche se le pene di decenni di galera richieste sono gravi e reali, e chiedono “alla società di convertire la propria indignazione in pressione contro questo giudizio e contro quelli che verranno”. I 59 hanno valutato il risultato di queste prime giornate del processo e, Iñigo Elkoro, a nome di tutti, ha manifestato la convinzione che i magistrati: “tentano continuamente di impedire e ostacolare il lavoro della nostra difesa e allo stesso tempo hanno dimostrato che sono parte attiva dell’accusa; hanno chiaramente evidenziato dove si situano, non al lato dell’obiettività e della giustizia, ma in quello della parzialità e della ingiustizia”.
I tre giudici in cattedra sembra quindi che invece di adempiere ai loro compiti e rimanere nella propria sfera stiano completando il lavoro dell’accusa, e questa condotta, quantomeno bizzarra, alimenta la convinzione che questo macroprocesso sia realmente influenzato da orientamenti politici.
Sulle strade di Euskal Herria (i Paesi Baschi compresi di tutte le province) intanto è già cominciata la protesta. Numerosi movimenti spontanei pro-amnistia hanno manifestato davanti a diversi tribunali delle province basche. Nella città di Bilbao centinaia di manifestanti si sono concentrati davanti al Palazzo di Giustizia e hanno protestato anche davanti alla sede del PSOE (il Partito socialista spagnolo). In decine di città e paesi si sono mobilitati i sostenitori della causa basca per dimostrare, in questo caso, la propria forte avversione nei confronti del processo in atto. Ainhoa Etxaide, vicesegretaria del LAB, il sindacato della sinistra nazionalista, ha reclamato che bisogna finirla con questa strategia dei processi politici che non aiutano affatto la risoluzione del conflitto, ed ha infine colpito il punto: “Dietro a tutto questo c’è il Patto Antiterrorista firmato dal PP e dal PSOE”. Leggi repressive che negano diritti e libertà e che purtroppo estendono i loro raggi d’azione in gran parte d’Europa e del mondo.