Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il destino incerto della specie umana

Il destino incerto della specie umana

di Carmelo R. Viola - 13/12/2005

Fonte: rinascita.info


Che il padreterno abbia creato questo pianeta come “luogo dell’uomo” è una favoletta che ci riporta all’immaginario creazionismo, che non ha ombra di attendibilità scientifica. E’, appunto, una favoletta per uomini-bambini, biologicamente bambini, ovvero primitivi, alias antropozoi, che si sono inventati eventi e destinazioni gratuite solo per rispondere al bisogno di autorassicurarsi (seconda costante dell’esistenza) contro le insidie dell’ambiente circostante, l’ignoto e la paura della morte. Questo bisogno l’animale, incosciente per definizione, lo esprime con un’aggressività apparentemente gratuita, mentre nell’uomo si fa razionale e comprende possibili accadimenti come la malattia, ma anche la certezza della morte e quindi il lutto per la perdita di una persona cara.
La risposta a tale bisogno è uno dei diritti naturali ed è fisiologico quanto il soggetto primitivo o immaturo fa per soddisfarlo, come quello d’inventare un’entità onnipotente, preesistente al mondo e creatore di questo, e che si chiamerà dio. E’ invece patologico continuare a crederci (peggio, a “fingere di crederci) e d’infondere tale “fede” nell’infanzia per meglio dominare gli altri - quando la ragione è cresciuta abbastanza da vedere chiaramente l’inconsistenza della favola, cioè il non senso o l’autocontraddiziione di una potenza increata, vissuta solitaria da sempre - ab aeterno! - e che, ad un certo punto, abbia sentito il bisogno (sic!) di creare il mondo e l’uomo! Bisogno totalmente assurdo in chi, per definizione, non ha bisogno di niente.
E’ nociva per l’umanità ogni religione creazionistica e la più catastrofica è certamente quella cristiana, la quale, con il pretesto segreto di sfruttare il bisogno di rassicuranza degli uomini, ha finito per esercitare un potere politico (diretto: vedi potere temporale, o per interposto potere altrui) sulla mente e sul sentimento della gente per il solo piacere di farlo degli “agenti” della sua variegata gerarchia liturgico-burocratica piramidale, meglio quando qualche sempliciotto in veste talare ci creda davvero. Il cattolicesimo, in particolare, è la costruzione più grande, più mostruosa e più complessa che la ragione umana abbia mai potuto creare attorno al bisogno sopraddetto ed anche lo strumento più sottile e accattivante per razionalizzare, motivare e “legittimare” (agli occhi degli ignari) la tirannia più obnubilante sull’animo dell’uomo. La letteratura cattolica è poderosa e abbacinante.
Il pianeta Terra non è stato creato per l’uomo. Altra favola, avallata perfino da papi (non vale fare nomi), è che gli animali siano stati creati per l’uomo, al punto che le grida della loro sofferenza (per esempio, durante la macellazione) sono da paragonare ai rumori prodotti dal lavoro. Alcuni vivisezionisti devono essere proprio di questo parere. Il nostro pianeta fa parte di un organismo vivente sui generis detto “sistema”, che sappiamo non essere il solo in un universo (o pluriverso) di cui non conosciamo i confini, le origini e meno che mai la ragion d’essere. Non ci rimane che constatare che il mondo è come la vita che siamo noi. Prenderne atto!
Non siamo i padroni della Terra, ma suoi ospiti. Coesistiamo. Se essa fosse stata creata per noi, non avremmo ragione di difenderci dalla furia, talora catastrofica, degli elementi della natura. Essa è un punto dell’infinito cosmo, dove casualmente convergono condizioni chimiche e meteorologiche atte a tradurre la vita potenziale, immanente in ogni atomo, in quella che a noi appare l’unica vera vita, solo perché è la nostra. Per la Vita, la maiuscola è d’obbligo per indicare ciò che non muore, ciò che “è” anche laddove tutto sembra “senza vita”. (Vedi l’ilozoismo).
Per questo, il pianeta Terra è parzialmente ospitale (abitabile) e sempre a condizione che il soggetto si premunisca di accorgimenti e di strumenti di adattamento e di autodifesa. Negli animali e nei vegetali accorgimenti e mezzi di autodifesa sono istintivi. Il vegetale si copre di clorofilla o di spine (facciamo solo esempi banali per intenderci) come l’animale si munisce di lana e di corna.
Nell’uomo intervengono anche la ragione e l’esperienza: si copre di pellicce animali, che diventeranno anche indumenti e scava grotte per avere abitacoli protetti dal freddo e dal caldo, che poi saranno case e palazzi.L’intervento dell’intelletto e della scienza in difesa dell’uomo, si chiama civiltà e storia con quanto c’è dentro: dall’amore fraterno alla guerra più crudele. E’ nel corso della civiltà-storia che l’uomo si lascia sedurre dai prodigi della tecnologia (strumentalistica artificiale) e dal piacere del potere (che è autorassicurante) e dimentica la propria esistenza, casuale, precaria e condizionale, come dire la sua posizione di ospite sul pianeta Terra. In altre parole, dimentica la più grande delle verità del suo essere al mondo. Questa dimenticanza, inconsapevole prima, colpevole, dopo, è oggettivamente il viatico naturale dell’estinzione della nostra specie. La vita sul pianeta Terra ha subìto in passato cambiamenti epocali indipendentemente dal comportamento di una specie intelligente non ancora “emersa” dalla materia (leggi: madre). Basti pensare alla scomparsa dei dinosauri. Questo conferma l’esistenza casuale e precaria dello stesso nostro pianeta come di qualunque altro. E’ solo la lunghezza dei tempi che ci dà l’illusione dell’eterna stabilità.
Paradossalmente la comparsa dell’animale intelligente o ragionante, quale è l’uomo - inizialmente antropozoo (uomo-animale) - invece di migliorare la “salute” del pianeta, ha fatto esattamente il contrario e continua a fare sempre peggio. La ragione di questo paradosso dipende semplicemente dalla disparità di crescita fra intelligenza aggressivo-tecnologica (che continua l’animalità) e intelligenza affettivo-etica (che “crea” l’uomo propriamente detto e che quindi ha il compito di controllare la prima). (L’uso del verbo “creare” non è improprio perché non sottintende necessariamente la locuzione “dal nulla”, che appartiene alla logica creazionistica). In parole più semplici: con il primo tipo d’intelligenza l’uomo si comporta come “animale che ragiona” (che ragiona, appunto, “come animale”); con la seconda si comporta come soggetto capace di controllare la propria originaria animalità. Il secondo tipo d’intelligenza è l’ultimo stadio che fa dell’uomo un soggetto sui generis compiuto. C’è da aggiungere che il primitivo animale-uomo, per definizione amorale e anaffettivo (fatta eccezione, per la seconda qualità, per i propri congiunti e per gli amici), tende a conservare ed accrescere le conquiste (predazioni) della sua animalità antropomorfa, cioè il possesso senza limite (donde il futuro diritto alla proprietà illimitata, fulcro del capitalismo) e il potere di sfruttamento dei suoi simili (che è una forma speciale di proprietà: dalla schiavitù alla “vendita del lavoro” come concessione di vita) e quindi ad impedire che le nuove generazioni crescano in affettività etica, che porta alla solidarietà istintiva verso i propri simili, alla consapevolezza dei privilegi (predazioni) dei “dominanti”, al bisogno di cambiare il sistema in termini di fratellanza (giustizia) e via via fino al. socialismo (che i predatori non si stancano di additare come il male sociale per antonomasia: vedi Berlusconi!). L’attuale civiltà è la risultante di un antropozoismo amorale-anaffettivo fortemente aggressivo che ha imparato ad usare i termini della civiltà compiuta (socialista) come voci di suggestione e di inganno per la gran massa di antropozoi mansueti e ignari. Tali termini sono democrazia, solidarietà umana, diritto, Stato di diritto e simili “flatus vocis”. I pochi soggetti veramente più evoluti si ritrovano stranieri in casa e spesso finiscono emarginati, sommersi, costretti a “lanciare voci nel deserto”. Il risultato di siffatta situazione è uno sviluppo tecnologico con il doppio coefficiente di possesso-potere. La specie umana, come ogni specie animale, non poteva non cibarsi della natura per soddisfare la fame (prima costante biologica). Siamo ancora nei limiti della fisiologia. Quando, più avanti, impara a disboscare senza discernimento - per esempio la Foresta Amazzonica, polmone della Terra - per usare o vendere il legno che ne ricava, siamo già ad un livello patologico: la specie umana si è evoluta di molto rispetto all’animalità ma, nel contempo, è diventata un fattore nocivo del pianeta. Una ditta italiana possedeva e credo che ancora possegga, per fini di sfruttamento, un pezzo di tale foresta grande quanto la Lombardia. Gli animali si possono paragonare a microbi fisiologici dell’organismo Terra, mentre certi antropozoi a microbi patogeni.Quando la depredazione e l’abuso della natura sono accompagnati dalla consapevolezza del male arrecato alla stessa, e, per riflesso, a noi stessi, allora si può affermare che la specie umana è, rispetto alla Terra, un’ospite invasiva, criminale e suicida.
Siamo a questo punto. Il protagonista di uno scempio sistematico della Terra, nostro naturale habitat, è il capitalismo inteso nella sua globale artescienza della predazione umana, voglio dire nella sua doppia valenza di “fame” insaziabile di possesso e di potere.
L’emissione di anidride carbonica inquina l’aria, cioè avvelena l’atmosfera ovvero la biosfera. L’inquinamento ha prodotto una serie di danni che si chiamano buco nell’ozono, effetto serra, rialzo della temperatura, vere e proprie “pazzie” meteorologiche con effetti anche apocalittici (come lo “tsunami”).
L’urbanizzazione selvaggia con distruzione di verde corrisponde ad un processo di desertificazione. Non sappiamo il danno prodotto da centinaia di esperimenti nucleari nel sottosuolo e quello delle esplosioni di migliaia e migliaia di bombe, magari contenenti sostanze radioattive, durante i conflitti bellici. Non sappiamo dove vada a finire il veleno versato nel “bel Danubio blu” dall’aggressione Usa alla Serbia. Certamente anche nella catena alimentare e cioè dentro ognuno di noi attraverso il cibo e l’aria che respiriiamo. Ma l’antropozoismo tecnico-predatorio dominante - insomma, la barbarie capitalistica, oggi estremizzata nel neoliberismo - va per la propria strada inseguendo ogni successo materiale (predatorio) e il piacere del potere, incurante della casa (habitat) che va in rovina.
Mancano quasi in assoluto la consapevolezza di essere non padroni della Terra, ma suoi ospiti, e il senso del dovere del rispetto verso l’ospitante, che è poi rispetto verso noi stessi. Le industrie continuano ad inquinare; le auto, che ormai coprono a tappeto ogni spazio urbano e non solo, fanno peggio al punto da indurre a prendere provvedimenti di sospensione del loro uso per far calare il tasso del veleno: è un momento della crescente drammatica “ridicologia” dell’esistente sistema sociale antinatura.
I produttori dei mezzi di locomozione a combustione inquinante fanno a gara a chi vende di più. Pensare a forme di vita del passato - per esempio alla trazione animale - è segno, dicono i padroni (padreterni della predazione) e i loro ingenui echeggiatori, di arretratezza mentale! Non si pensa nemmeno di mettere in circolazione mezzi pubblici in abbondanza, comodi, igienici e a poco prezzo (se non gratuiti) per far fronte alla crescente mobilità con il minor danno possibile alla natura. L’uso dell’auto è diventato un costume viscerale che fa comodo ai cacciatori di profitti.