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Questa terra è la mia terra

di Silvia Zaccaria - 03/01/2006

Fonte: peacereporter.net

 

Gli indigeni del Roraima hanno riavuto al loro terra. Ma le violenze continuano 
   
 
Gli indigeni di Raposa Serra do Sol hanno festeggiato l'omologazione delle loro terre ancestrali, ovvero la definitiva consegna di quegli sterminati ettari ai legittimi proprietari, decisa dal governo Lula, dopo una lunga attesa. Ma qualcuno ha deciso di dimostrare al mondo che non ci sta a quella decisione, che non chinerà la testa. Così i fazendeiros, i grandi proprietari terrieri che occupano da decenni illegalmente parte di quella terra, hanno appiccato il fuoco a quasi tutte le costruzioni della missione Surumú, che da tempo lotta accanto agli indigeni, nella difesa dei loro diritti. A raccontarci cosa sta avvenendo in quella zona, nonostante o proprio a causa dell'omologazione, è un'antropologa, esperta della questione. 
 
 
Scritto da
Silvia Zaccaria*


 Lo scandalo del finanziamento illecito ai partiti, che ha colpito il PT, partito dei lavoratori nonché del suo leader, il presidente del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva, si è ripercosso anche sullo stato di Roraima: le élite locali hanno ironizzato e accusato il presidente di sprecare denaro pubblico per garantire la sicurezza e il tranquillo svolgimento della festa per l’omologazione della la terra indigena Raposa Serra do Sol. Così sono rimasti indifesi i villaggi indigeni di quell’area ed alcuni dei suoi presidi più rappresentativi come il Centro di Formazione e Cultura Raposa Serra do Sol, antica missione Surumu. In questa latitanza del governo centrale, i gruppi tradizionalmente ostili ai popoli indigeni, tra cui anche molti indios corrotti dai politici locali, sono riusciti ad avere mano libera: appena quattro giorni prima dell’inizio della festa, 150 uomini incappucciati e armati hanno bruciato il centro, la chiesa e l’ospedale. Dietro tali atti ci sono mandanti ed esecutori ben noti: il sindaco di Pacaraima, nonchè maggior risicoltore della regione, Paulo César Quarteiro, di lontane origini italiane e il tuxawa (capo) del villaggio di Contão, Genivaldo Macuxi.
I media locali - giornali e tv - hanno provveduto a coprire i mandanti e svelare gli esecutori materiali, che si sono assunti tutte le responsabilità. Al tempo stesso, però, hanno fatto di tutto per scagionarli, ripetendo fino alla noia la solita tiritera sull' "internazionalizzazione" dell'Amazzonia:  “A difendere i diritti degli indios sono soltanto stranieri, perché in verità sono interessati a impossessarsi delle loro terre”. A questo hanno aggiunto anche la critiche alla polizia militare locale di non intervenire contro gli stranieri e ad alcuni organi giuridici che ne garantirebbero l’impunità.
 
La festa. Il tanto contestato manipolo della polizia federale, che avrebbe dovuto garantire la sicurezza nell’area, è arrivato solo dopo l’inizio della festa - e la distruzione della missione -  costituito da appena tre uomini (contro i 150 attesi), che non hanno comunque impedito, il giorno successivo, la parziale distruzione di un ponte sul fiume Urucurí, l’unico che permette l’accesso via terra all’area indigena.
Questi fatti non hanno bloccato, però, il regolare svolgimento della festa, anche se hanno contribuito a delegittimarla istituzionalmente. A parte la presenza di un consigliere personale di Lula, Cesar Alvarez, alla festa hanno partecipato unicamente dei “tecnici” dell’apparato governativo, come il presidente della Fondazione Nazionale per l’Indio e quello dell’Istituto nazionale di colonizzazione e riforma agraria.
Si attendeva infatti la presenza di almeno tre ministri: Marina Silva ministro dell’Ambiente, Miguel Rossetto dello Sviluppo agricolo e Marcio Thomaz Bastos della giustiza,  il quale aveva confermato da tempo la sua partecipazione. I timori per la sua incolumità (volantini distribuiti per tutta la città di Boa Vista che minacciavano una manifestazione e altre azioni ai suoi danni) e di rappresaglie nei confronti delle comunità indigene, hanno impedito a Bastos di recarsi alla festa dell’omologazione, di cui è stato certamente il maggior artefice.
 
Non solo indios. C’erano invece tanti stranieri, rappresentanti di organizzazioni non governative, la cui presenza ha scatenato la facile ironia dei mezzi di comunicazione che hanno sparato a caratteri cubitali: “La festa è solo un’iniziativa degli indios e degli stranieri”, fomentando ancora una volta la tesi dell’internazionalizzazione dell’Amazzonia. Questa la tesi sostenuta dai detrattori dell'evento: “L’area unica è sostenuta da una minoranza indigena, dalla chiesa e dalle ong, mentre la maggioranza degli indios avrebbe voluto la demarcazione 'in isole', in quanto solo questo tipo di suddivisione può garantire lo sviluppo delle comunità indigene e, soprattutto, dello stato di Roraima”.
Certamente la regione del Basso Cotingo, che vede la presenza stabile dei grandi coltivatori di riso, fornisce spesso uomini, ma anche donne e giovani, alle azioni terroristiche condotte ai danni delle comunità che hanno sostenuto l’omologazione in area continua. Sembra, però, che questi individui si prestino a tali atti per tre motivi principali: ricevono compensi e vantaggi economici, sono ricattati, subiscono le pressioni della Missione evangelica dell’Amazzonia, da tempo presente nell’area (soprattutto nel villaggio di Contão) e da sempre contraria alla demarcazione in area continua.
Tuttavia, dietro coloro che a Roraima si oppongono al riconoscimento delle terre, dei diritti indigeni e alla riforma agraria, ci sono parlamentari locali che però godono di notevole rappresentatività a Brasilia. Essi vedono nella risicoltura e in altre attività intensive il futuro di Roraima per cui non hanno nessun interesse alla regolarizzazione delle terre, perchè ciò significherebbe un controllo più diretto sul loro uso, che invece non è mai esplicitamente dichiarato.
Ne deriva una situazione assurda: l'amministrazione locale di Roraima preferisce che non si realizzi il passaggio delle terre federali allo Stato regionale e che, piuttosto, rimangano nell’indefinizione, consentendo così che tali terre cadano nelle mani dei grileiros (invasori illegali di terre federali), la mano lunga dei todos poderos (potentati) locali, i quali, a loro volta, rappresentano gli emissari delle multinazionali che stanno “internazionalizzando” il Brasile. Per esempio, nella regione domina pure un certo Walter Vogel, svizzero. Possiede 12mila capi di bestiame, due agenzie immobiliari, diversi negozi, piantagioni di acacia mangium per migliaia di ettari, nonché il 40 percento delle terre coltivabili dello stato (escluse quelle indigene). Spesso i bianchi recriminano: "A Roraima c'è troppa terra per pochi indios", ma non si sente dire: "Troppa terra per un solo bianco".
 
L'irreversibile. Intanto la festa continua, sotto la guida del grande tuxawa Jacir de Souza Macuxi, che “è stato ricevuto a Brasilia come un capo di stato”. Egli è nipote di Makunaima, “creatore” mitologico di quella terra, dove abita dalla notte dei tempi, grazie al coraggio dei popoli che da lui hanno avuto origine, e che quella terra hanno difeso con il loro sangue.
Jacir è commosso, mentre inaugura il monumento che rappresenta la mappa della regione Raposa Serra do Sol, realizzata da Barthò, un artista non-indio. Anche questo costituisce una significativa testimonianza del fatto che la convivenza pacifica tra indios e non indios a Roraima e in tutto il Brasile è possibile, e che il processo di riappropriazione delle terre da parte dei suoi più antichi abitanti, dopo 500 anni di soprusi, è ormai irreversibile. 

* Silvia Zaccaria, antropologa, ha condotto la sua ricerca di campo tra i caboclos dell’Amazzonia brasiliana. Da diversi anni collabora con organizzazioni non governative in progetti di cooperazione internazionale a favore dei popoli indigeni del Brasile