Tasse e affari – Gest Crime
di Furio Lo Forte Antonio Menna - 04/01/2006
Fonte: disinformazione.info
Tutti interrogativi da tempo sulla bocca dei contribuenti - migliaia e migliaia di cittadini inferociti - anche a Rovigo, Padova, Gorizia, Bologna, Venezia, Pordenone, Caserta. Già, perchè Napoli? Quali credenziali offre, per un servizio tanto delicato, una società costituita all’ombra del Vesuvio nel 2001 e tuttora iscritta nel locale Registro imprese, benchè operante come esattore pubblico in ben otto piazze da un capo all’altro della della penisola? L’incoronazione arriva nel 2004: a giugno l’ufficio per il federalismo fiscale del ministero dell’economia dichiara
Società per azioni con un unico socio, il San Paolo IMI, la corazzata Gest Line nasce molto prima, il 29 novembre 2001, pochi mesi dopo l’insediamento del governo Berlusconi, Con circa 3 miliardi e mezzo di euro in dote, ha il suo quartier generale nella city partenopea, in via Roberto Bracco. Il 7 aprile 2003 incorpora
Le ultime notizie sulla ex società di riscossione del Banco di Napoli riguardano l’arresto di un funzionario per presunte tangenti sul pagamento delle cartelle esattoriali. Ma torniamo a Gest Line. Alla vigilia del riconoscimento da parte del ministero retto da Giulio Tremonti, il 19 maggio
Con sede nel monumentale edificio di via Crispi 2, la società si chiamava in origine BNB Meridionale Leasing. Cambia nome nel ‘92 e diventa appunto BN Commercio e Finanza, «con il ruolo - raccontano alcuni esperti dei fatti & misfatti di via Toledo - di sviluppare le attività di leasing e factoring del Gruppo Banco di Napoli». Controllata al 100 per cento di BN Commercio e Finanza era poi Finproget. Entrambe passano, nel
L’organigramma
Oltre a Palmarini, nella nomenklatura Gest Line figurano anche il veneziano Andrea Martin, il piemontese Mauro Rossi e lo storico vertice San Paolo Maurizio Montagnese, senza contare il “rosso” Gianguido Sacchi Morisani, emiliano purosangue, amministratore delegato. Tutti “scesi” a Napoli per esaltare le misconosciute virtù esattoriali dell’era Iervolino-Bassolino. E poi ci sono i procuratori: il palermitano Riccardo Bondì, 45 anni, ed il coetaneo Marco Rossini, romano, area Gruppo De Benedetti-L’Espresso. Tutti partenopei doc i sindaci: il collaudato commercialista Bruno Matera, i vomeresi Raffaele Casuscelli e Marco Esposito, il posillipino Paolo Piscitelli e Sergio Pirone, residente in corso Vittorio Emanuele. Amministratore delegato della sigla partenopea è il vicentino Andrea Rigoni, cinquant’anni, residente a Roma in via del Giordano.
Strenuo sostenitore delle famigerate “ganasce fiscali”, Rigoni prova a difendere la società dalle accuse dei consumatori. «Purtroppo, c’è chi solleva una campagna denigratoria nei nostri confronti, anche piuttosto aggressiva. Potrei essere portato a pensare - dichiara qualche tempo fa al Mattino - che dietro certi atteggiamenti si nasconda l’intento di mettere in cattiva luce l’amministrazione cittadina». E la marea di errori? «Non è un problema soltanto napoletano. Noi - geme - siamo solo l’ultimo anello della catena e ci sono lentezze burocratiche a vari livelli». Insomma, secondo Rigoni sarebbe in atto un “complotto” da parte di esponenti del Polo per “screditare” le amministrazioni partenopee di centro sinistra colpendo il loro braccio operativo,
Qualche settimana fa, il 9 novembre scorso,
CASE ALL’ASTA CON CLAN
Cinque anni di tassa di possesso dell’auto non pagate, una decina di multe per divieto di sosta lasciate nel cassetto. Un debito con lo Stato di qualche migliaio di euro. Che anno dopo anno, con mora e interessi, cresce. Fino a mangiarti la casa. Il dramma della classe media va in scena a Napoli. Questa volta alla porta non bussa il vecchio usuraio che ti mangia il capitale con interessi da capogiro; ma l’esattore. Bussa l’autorità che ti dice, perentoria, se non paghi mi prendo la casa. E la vendo all’asta. A Napoli, nelle ultime settimane, sono andati sotto il martello del banditore una novantina di appartamenti, la maggior parte localizzati nelle zone periferiche, Ponticelli, Barra, Poggioreale, Pianura, Casoria, Cercola. Il lavoro di una vita che finisce all’asta in un contesto, come quello partenopeo, dove da sempre questo settore risulta inquinato da prsenze malavitose. E manca un’adeguata vigilanza. Lo scorso 27 novembre è stata bandita una maxi asta con ben 23 decreti di esecuzione e 31 immobili da vendere entro gennaio. I lotti sono disseminati tra la città di Napoli e parti della provincia. A Pozzuoli sono andate all’asta porzioni di proprietà su immobili di via Campana a prezzi di assoluta convenienza, come dicono gli operatori in gergo. Base d’asta di 34mila euro, con ribassi previsti in caso di seconda o terza battuta, per arrivare fino a 15mila euro. A Bagnoli, case di via Giulio Cesare e via degli Scipioni; anche qui prezzi interessanti: 46 mila euro in prima battuta, 31 mila in seconda. A Marano le aste hanno riguardato un immobile di sei vani al primo piano di via Pendine Casalanno, base d’asta 50 mila euro. A Ponticelli, a via Bartolo Longo, un primo piano di sei vani è andato all’asta per 90 mila euro; a Casoria, in via Rieti, un appartamento di tre vani è stato bandito con base d’asta di 14 mila euro. A Cercola, sulla via Nuova Provinciale, un appartamento al quarto piano di quattro vani si è partiti da 60 mila euro. E via via, fino ad arrivare addirittura ad un immobile di via Chiaia: sei vani al primo piano di uno stabile di categoria A10 venduti a base d’asta con la cifra di 260 mila euro. «Si tratta - mettono le mani avanti alla Gest Line - di aste aperte, con immobili che vanno presi nelle condizioni in cui sono; bisogna pagare tutto il prezzo, in contanti, al concessionario entro trenta giorni.
Spesso nelle case stesse ci sono gli ex proprietari pignorati, non è facile liberare gli immobili. Tuttavia si tratta pur sempre di case vendute a prezzi molto bassi rispetto al mercato. A qualcuno interessano». Già. A chi? Naturalmente a uomini d’affari lesti nel chiudere le trattative. Ma, su territori come quelli della provincia di Napoli, anche a chi, evidentemente, ha più facilità di altri nel gestire ingenti liquidità (caso mai da “lavare”) e nel liberare le case da ospiti sgraditi: uomini ovviamente “di rispetto”. A metà novembre nel capoluogo partenopeo sono state arrestate quattro persone, ritenute vicine al clan Nuvoletta di Marano. I quattro sono stati colti in flagranza di reato dagli agenti del commissariato di Polizia San Ferdinando durante un’asta in uno studio notarile per la vendita di immobili. I poliziotti, per scovarli, hanno finto di voler partecipare ad un’asta per alcuni appartamenti di Giugliano, Arzano e Marano: quando hanno cominciato a partecipare al bando e a rilanciare per aggiudicarsi il lotto, i quattro si sono avvicinati e con minacce esplicite li hanno invitati a lasciare l’asta. «Qui le case le compriamo solo noi, siamo gente del clan di Marano: andate via oppure non state tranquilli», hanno intimato ai poliziotti ovviamente in borghese. Immediate sono scattate le manette per Emiliano Pesce, vomerese di 30 anni, Vincenzo Iasevoli, incensurato 23enne del Vomero, Luciano Vitiello, 44 enne di Secondigliano, e Vincenzo Piretti, imprenditore incensurato 53enne di Marano, considerato la mente del gruppo. Un metodo sbrigativo per acquisire con poco e per liberare e rimettere sul mercato case comprate con la fatica di un lavoro e perse con l’accumularsi di un debito con lo Stato. “Il problema delle aste - spiega Giuseppe Carotenuto, a nome di un comitato di utenti che sono stati bersagliati da cartelle esattoriali talvolta sbagliate - è a monte. Non si possono trattare cittadini in difficoltà come criminali, incalzandoli sul debito, stringendoli nella morsa fino a togliergli la casa che poi, finita caso mai nelle mani della camorra, deve essere anche liberata in fretta e furia. Ci vorrebbe un metodo più attento ai bisogni della gente. Le tasse si pagano ma la gente non può fare miracoli».