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Gaza: la storia non raccontata

di Ramzy Baroud - 29/12/2008

 

 


È incomprensibile che una regione come la Striscia di Gaza, così ricca di storia, così satura di dignità, possa essere ridotta a pochi soffietti editoriali, frasi scarne e affermazioni riduzioniste, comode ma ingannevoli, vuote di ogni significato rilevante o perfino di un autentico valore analitico.

Il fatto è che la Striscia di Gaza è ben più del milione e mezzo di palestinesi affamati che starebbero scontando la militanza di Hamas o la “punizione collettiva” di Israele, a seconda di come i mezzi di informazione decidono di etichettare il problema.

Ma soprattutto l'esistenza di Gaza da tempo immemore non dev'essere giustapposta alla sua vicinanza a Israele, al fallimento o il successo nel “garantire” a una minuscola città israeliana – costruita su terra sottratta a quella che solo 60 anni fa era considerata parte della Provincia di Gaza – la sicurezza che le è necessaria. È proprio questa aspettativa che ha reso l'uccisione e il ferimento di migliaia di palestinesi a Gaza un prezzo che valeva la pena di pagare, dal cinico punto di vista di molti.

Queste aspettative irrealistiche e l'indifferenza per una storia importante continueranno a costare care e serviranno solo agli scopi di coloro che sono interessati alle rapide generalizzazioni. Sì, Gaza può anche essere economicamente morta, ma le sue lotte e tribolazioni attuali sono coerenti con un patrimonio di conquiste, colonialismo e occupazioni straniere, e anche con il trionfo collettivo del suo popolo nella sua capacità di elevarsi al di sopra della tirannia degli invasori.

 

I conquistatori sono arrivati e ripartiti, Gaza è rimasta in piedi (castello ottomano di Khan Yunis)

In tempi relativamente recenti Gaza è diventata una storia ricorrente con l'afflusso dei profughi del 1948, cacciati dalle loro case dalle milizie sioniste o fuggiti per il bene delle loro famiglie con la speranza di poter tornare quando la Palestina fosse stata ristabilita. Queste persone si stabilirono a Gaza vivendo in assoluta povertà, una situazione che continua, più o meno, fino a oggi.

La storia di Gaza e Gaza stessa erano ampiamente irrilevanti, se non addirittura rivoltanti. Dal punto di vista dei rifugiati che si riversavano nella Striscia dal sud della Palestina esse rappresentavano la somma della loro perdita, umiliazione e, a volte, disperazione. Importava poco ai contadini profughi, mentre fuggivano a Gaza, il fatto che stessero probabilmente camminando sulla stessa antica strada che correva lungo la costa palestinese quando Gaza era l'ultima metropoli per i viaggiatori diretti in Egitto che stavano per imbarcarsi in una spietata traversata del deserto attraverso il Sinai.

Allora non importava che Gaza fosse la città, come sta scritto nel Libro dei Giudici, dove Sansone aveva compiuto le sue famose gesta ed era morto. Il Cristianesimo importava ai profughi solo nella misura in cui le antiche chiese di Gaza offrivano riparo alle stanche membra in fuga da cecchini, proiettili e massacri. Perfino la credenza, forte tra i musulmani, che il bisnonno del Profeta Maometto, Hashem, fosse morto durante uno dei suoi viaggi dalla Mecca al Levante e fosse stato sepolto a Gaza, aveva soprattutto una valenza sentimentale. La sua tomba nella città di Gaza veniva visitata da molti profughi, che si inginocchiavano e pregavano Dio perché un giorno permettesse loro di tornare alla loro umile esistenza e alla vita dalla quale erano stati separati con la forza.

Ma la storia di Gaza assunse maggiore rilevanza per i rifugiati quando si resero conto che la loro permanenza temporanea nella Striscia si sarebbe probabilmente prolungata. Solo allora le tante storie di conquiste, tragedie, trionfi ma anche pura bontà divennero essenziali. Un pellegrino in Terra Santa, che passò per Gaza nel 570 d.C., scrisse in latino: “Gaza è una città splendida, piena di cose piacevoli; i suoi uomini sono i più onesti, si distinguono per la loro generosità e per il calore che dimostrano ad amici e visitatori”.

La storia di Gaza divenne ancora più importante quando i rifugiati si accorsero che i loro scontri con Israele non erano ancora finiti, e che avevano bisogno di una grande tenacia morale per sopravvivere a ciò che sarebbe stato visto come una delle più gravi catastrofi umanitarie di recente memoria. E di fatto c'era un grande passato storico di cui meravigliarsi e dal quale trarre forza e conferma.

I conquistatori sono arrivati e ripartiti, Gaza è rimasta dov'è. Questa è stata la lezione ricorrente per intere generazioni, perfino millenni. Gli antichi egizi vennero e se ne andarono, come pure gli hyksôs, gli assiri, i persiani, i greci, i romani, gli ottomani, i britannici e ora gli israeliani. E in tutto questo Gaza è rimasta forte e fiera. Né la sanguinosa conquista di Alessandro Magno nel 332 a.C. né il feroce attacco di Alessandro Ianneo nel 96 a.C. hanno spezzato lo spirito di Gaza o tolto qualcosa alla sua grandezza eterna. È sempre rinata per poi raggiungere un grado di civiltà inaudito, come fece nel V secolo d.C. Fu a Gaza che nel 1170 i crociati cedettero il controllo strategico della città a Saladino per aprire un'altra epoca di prosperità e crescita, occasionalmente interrotta da conquistatori e stranieri con ambizioni coloniali, ma senza successo. Le rovine dimenticate delle civiltà passate non facevano che ricordare che i nemici di Gaza non avrebbero mai prevalso, e che tutt'al più avrebbero registrato la loro presenza con un altro edificio di roccia e cemento presto dimenticato.

Adesso Gaza sta attraversando un'altra fase di difficoltà e di sfide. I suoi moderni conquistatori sono spietati quanto quelli antichi. È vero, Gaza soffre ma resta in piedi, la sua gente è piena di risorse e resistente come è sempre stata, battagliera come è sempre stata, e decisa a sopravvivere a tutti i costi, perché questo è quello che gli abitanti di Gaza sanno fare meglio. E io lo so bene, è la mia terra natale.


Originale da: Gaza: The Untold Story

Articolo originale pubblicato il 19/12/2008

L’autore

Manuela Vittorelli è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

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