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Iraq: ¾ truppe Usa chiedono fine occupazione entro un anno

di Kevin Zeese - 04/03/2006

Fonte: comedonchisciotte.org

 

 
Il Comandante-in-Capo ha perduto il sostegno delle truppe

Quasi ¾ delle truppe Statunitensi in Iraq chiedono la fine dell'occupazione entro un anno



Un sondaggio unico che è stato condotto fra le truppe in servizio attivo in Iraq ha rivelato l'enorme disconnessione che esiste fra il Comandante-in-Capo e le sue truppe, attualmente impegnate in battaglia. È evidente che il Presidente vede la guerra in maniera molto diversa dalle truppe in servizio. La perdita del favore delle truppe potrebbe rappresentare la goccia finale di questa occupazione illegale trasformatasi in una guerra fallimentare. L'establishment della politica estera Statunitense ha già fatto sapere al Presidente di ritenere che la Guerra in Iraq è stata uno sbaglio. La gente va dicendo da tempo che la guerra è stata uno sbaglio. Tutto quello che rimane sono il Presidente Bush e i leader - falchi dei due partiti – solo loro stanno ancora invocando il mantenimento della rotta o l'invio di altre truppe.

Un sondaggio da parte di Le Moyne College e Zogby mostra che se si vuole davvero sostenere le truppe, quello che bisogna fare è proclamare la fine della guerra. Una maggioranza schiacciante, il 72% delle truppe Americane che prestano servizio in Iraq, pensa che gli USA debbano uscire dal paese entro il prossimo anno. Fra i riservisti, è il 90% a sostenere il ritiro, confrontato all'83% della Guardia Nazionale, al 70% dell'Esercito, e al 58% del Corpo dei Marine. Inoltre, circa i ¾ delle unità della Guardia Nazionale e dei Riservisti è a favore del ritiro entro i prossimi sei mesi.

Pare che il Rappresentante John Murtha [D – PA], che ha richiesto il ritiro immediato in modo che venga completato entro i prossimi sei mesi, sia più in sintonia con le truppe di quanto non lo sia il Comandante-in-Capo. In un discorso dello scorso 17 Novembre 2005, Murtha ha dichiarato: “La guerra in Iraq non sta andando come ci viene publicizzato. È il risultato di una politica piena di punti deboli e avvolta nelle illusioni. Il pubblico Americano è molto più avanti di noi. Gli Stati Uniti e le truppe della coalizione hanno fatto tutto ciò che potevano in Iraq, ma è venuto il momento per un cambio di direzione. Il nostro esercito sta soffrendo e il futuro del paese è in pericolo. Non possiamo mantenere questa rotta.” Anche i principali commentatori conservatori (Pat Buchanan, Francis Fukuyama, Paul Craig Roberts) adesso parlano dell'invasione come di un errore e dicono apertamente che l'occupazione si è rivelata un fallimento. William F. Buckley ha invitato l'amministrazione ad ammettere la propria sconfitta e a cambiare strategia.

Il sondaggio mostra anche che le truppe sono confuse riguardo la propria missione in Iraq. Il 42 per cento riconosce il proprio stato confusionale. E mentre il 58% ritiene di conoscere la ragione per la quale i soldati Statunitensi si trovano in quel paese, i fatti sottolineano che la loro convinzione si basa su informazioni inaccurate. Quando alle truppe è stato chiesto quale sia la ragione per la quale si trovano in Iraq, l'85% ha risposto affermando che è stata la necessità di “una azione di rappresaglia a causa del ruolo di Saddam negli attacchi dell'11 Settembre” -- e questo quando è stato dimostrato con i fatti che Saddam non ha avuto alcun ruolo nel 9-11. E il 77% dei soldati pensa che la ragione sia quella di “impedire a Saddam di proteggere al Qaeda in Iraq” --- quando è stato dimostrato che Saddam e al Qaeda non sono mai stati alleati, anzi sono stati nemici, il primo secolare e il secondo religioso.

Le truppe hanno capito che non si trovano là per la ragione che è stata proclamata dal Presidente – il 93% riconosce che non sono in Iraq per rimuovere armi di distruzione di massa. La vasta maggioranza [il 76%] non crede neanche che gli Stati Uniti stiano costruendo una democrazia che possa essere un modello per il mondo Arabo. Ma non accettano che la ragione principale sia quella di assicurarsi il petrolio – solo l'11 per cento accetta questa motivazione.

Non è solo una schiacciante maggioranza dei soldati in Iraq a volere la rapida fine dell'occupazione ma anche l'establishment della politica estera Statunitense si sta opponendo alla guerra ed è intenta a parlare apertamente contro le politiche del presidente. All'interno di questo gruppo vanno menzionati:

* Il Generale a quattro stelle e adesso in pensione Joseph P. Hoar, che ha ricoperto il ruolo di Comandante Capo del Central Command Statunitense [1991-94] e ha comandato le forze Americane nel Golfo Persico dopo la guerra del 1991, il quale ha parlato della guerra in Iraq descrivendola come “sbagliata fin dall'inizio, e così come è spesso il caso, è molto difficile farla giusta una volta che tutto è iniziato imboccando la strada sbagliata.”

* Il Generale William Odon, adesso in pensione, un ex consigliere per la sicurezza nazionale dei Presidenti Carter e Reagan, che ha scritto, "What's Wrong with Cutting and Running?" [Cosa c'è di sbagliato a prendere e lasciare?], nel quale ha sostenuto in maniera persuasiva che la guerra sta servendo gli interessi di Osama bin Laden, degli Iraniani e sta fomentando la guerra civile in Iraq. Descrive la Guerra in Iraq come “il più grande disastro strategico di politica estera nella storia degli Stati Uniti.”

* Brent Scowcroft, consigliere per la sicurezza nazionale di H. W. Bush, che ha descritto la Guerra in Iraq come una “impresa fallimentare” e questo settimane prima dell'ultima elezione presidenziale e nel 2002, prima che venisse presa la decisione di invadere l'Iraq, ha sostenuto che: “Un attacco in Iraq in questo momento mette seriamente a repentaglio, se non distruggere, la campagna globale contro il terrorismo che abbiamo intrapreso.”

* Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Carter, descrive la politica estera di George W. Bush come “diplomazia suicida” in un articolo di commento pubblicato sul Los Angeles Times e scrive “Colpire un vespaio con un bastone e allo stesso tempo proclamare ad alta voce “manterrò la rotta” è un esercizio di leadership catastrofica.”

* John Deutch, a capo della CIA dal 1995 al 1996 e Primo Deputato del Segretario della Difesa nel periodo 1994-95, ha richiesto nel Giugno del 2005 l'immediato abbandono dell'Iraq da parte delle truppe Statunitensi.

Questi sono solo alcuni fra i tanti. Infatti, nel Marzo 2003, poco prima che la guerra avesse inizio centinaia di ufficiali militari in pensione scrissero al Presidente Bush richiedendo un incontro prima che la decisione finale sull'invasione venisse presa. Espressero serie preoccupazioni sulla guerra contro l'Iraq. La loro lettera fu una predizione del futuro, affermando:

“Mettiamo in forte discussione la necessità di una guerra in questo momento. Nonostante il rapporto presentato dal Segretario di Stato Colin Powell al Consiglio di Sicurezza e la testimonianza data da altri nell'amministrazione, non siamo convinti che il contenimento coercitivo abbia fallito, o che la guerra sia divenuta necessaria.

I nostri servizi segreti hanno fatto notare in maniera consistente sia l'assenza di una minaccia imminente da parte dell'Iraq che l'assenza di prove affidabili riguardanti l'accusa di cooperazione fra l'Iraq e al Qaeda. Lo ripetiamo ancora una volta, noi mettiamo in discussione il fatto che questo sia il momento giusto e la giusta guerra.

Inoltre, crediamo che i rischi che sono ricompresi nella decisione di andare in guerra, in circostanze poco chiare e mutevoli come quelle che ci ritroviamo oggi a fronteggiare, siano ben più grandi di quelli affrontati nel 1991. Al posto di una guerra nel deserto per liberare il Kuwait, il combattimento molto probabilmente finirà per comportare una protratta guerra d'assedio, caotici combattimenti strada per strada a Baghdad e un conflitto civile Iracheno. Se questo accade, temiamo che sia la nostra nazione che l'Iraq subiranno perdite come non si sono viste dai tempi del Vietnam. Temiamo che la risultante carneficina e le gravi conseguenze umanitarie devasteranno ulteriormente la società Irachena e infiammeranno un già volatile Medio Oriente, facendo crescere gli atti di terrorismo contro i cittadini Statunitensi.”

Il Presidente Bush e i suoi consiglieri decisero di ignorare la loro richiesta.

L'unico altro sondaggio che è stato condotto con i soldati Statunitensi è stato riportato da Military News lo scorso mese di Gennaio. Questo sondaggio, che ha coinvolto i lettori di Military Times, che sono per la maggior parte ufficiali dell'esercito e di carriera, ha rivelato una granda flessione nel sostegno alla Guerra in Iraq. Nel corso dell'ultimo anno, il sostegno alla Guerra in Iraq è sceso del 9%, e a malapena una maggioranza --- il 54 per cento --- interpreta in senso positivo la performance del comandante-in-capo. Nel 2004, il 38% credeva che gli USA avevano ampie probabilità di successo in Iraq, nel 2005 la percentuale è scesa al 31 per cento.

Adesso che si conoscono le opinioni delle truppe in servizio attivo è venuto il tempo per il Congresso, sia da parte della leadership del Partito Democratico che di quello Repubblicano, di dire al Presidente – che il momento di porre fine a questa guerra è adesso. Ed è venuto il tempo per quelli nell'Amministrazione di sollecitare il Comandante-in-Capo ad ascoltare le proprie truppe.


Kevin Zeese
il direttore di DemocracyRising.US ed è candidato al Senato Americano nello stato del Maryland -
www.KevinZeese.com.
Fonte:
www.dissidentvoice.org

Traduzione a cura di Melektro per
www.radioforpeace.info
Visto su:
www.radioforpeace.info