Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La verità sui costi della guerra in Iraq

La verità sui costi della guerra in Iraq

di Joseph E. Stiglitz - 08/03/2006

Fonte: Comedonchisciotte

 

 
Nella vita le cose che più contano – come del resto la vita stessa – non hanno prezzo. Questo non significa ciò nondimeno che le questioni attinenti la salvaguardia della vita (o di uno stile di vita), come la difesa, non debbano essere soggette a un´analisi economica rigorosa e distaccata. Poco prima dell´attuale guerra in Iraq, allorché l´economista dell´Amministrazione Bush Larry Lindsey indicò che le spese ad essa correlate sarebbero potute arrivare ad essere comprese tra i 100 e i 200 miliardi di dollari, altri funzionari della stessa Amministrazione sollevarono immediatamente le loro obiezioni. Mitch Daniels, direttore dell´Ufficio management e bilancio, parlò per esempio di una cifra pari a 60 miliardi di dollari. Oggi è ormai evidente che le cifre indicate da Lindsey di fatto furono una colossale sottostima.

Temendo che l´Amministrazione Bush potesse ingannare tutti in relazione ai costi della guerra in Iraq - proprio come aveva fatto in relazione alle armi irachene di distruzione di massa e all´esistenza di un collegamento con al Qaeda – insieme a Linda Bilmes, esperta di bilanci di Harvard, mi sono applicato ad esaminare a fondo la questione. Persino noi, che ci siamo opposti alla guerra, siamo rimasti profondamente sbalorditi da quanto abbiamo appurato, visto che le valutazioni cui siamo pervenuti – da prudenti a contenute - vanno da poco meno di mille miliardi di dollari a oltre due.

La nostra analisi è partita dalla cifra di 500 miliardi di dollari di cui l´Ufficio del bilancio del Congresso parla apertamente, una cifra di per sé già dieci volte superiore a quanto l´Amministrazione aveva detto che sarebbe costata la guerra. Tale stima è finora ad ogni modo anch´essa una sottostima, perché le cifre riportate non includono neppure tutti i costi di budget del governo, costi che rappresentano soltanto una frazione della spesa economica nel suo complesso.

Per esempio, l´Amministrazione Bush sta facendo tutto ciò che le è possibile per tenere nascosto l´ingente numero di veterani che stanno tornando a casa con gravi ferite – 16mila fino ad adesso, un 20 per cento circa dei quali presenta serie lesioni cerebrali e craniche. Pertanto non stupisce che la sua stima di 500 miliardi non prenda in considerazione le spese legate all´invalidità a vita e all´assistenza medica che il governo dovrà pagare per gli anni a venire.
D´altra parte l´Amministrazione non intende neppure prendere in esame i problemi connessi al reclutamento e al mantenimento dell´esercito, da cui conseguono ingenti bonus per il ri-arruolamento, maggiori benefit, e più alte spese legate al reclutamento, fino al 20 per cento in più nel 2005 rispetto al 2003. Inoltre, la guerra comporta un pesante deterioramento delle attrezzature e delle dotazioni belliche, alcune delle quali dovranno essere sostituite.
Queste spese di bilancio (interessi esclusi) ammontano a 652 miliardi di dollari nella nostra valutazione prudenziale e a 799 in quella moderata. Senza dubbio, poiché il governo non ha arginato le altre spese né aumentato le tasse, tali spese sono state finanziate con il ricorso al credito, e le spese di interesse su tale credito aggiungono alle spese di bilancio altri 98 miliardi di dollari (stima prudenziale) o addirittura 358 miliardi di dollari (stima moderata).
Ovviamente, sono i soldati e le loro famiglie a dover sostenere l´impatto delle spese derivanti da lesioni o decesso. L´esercito, però, versa contributi per invalidità spiccatamente inferiori al valore dei mancati guadagni. Analogamente, i risarcimenti per quanti sono rimasti uccisi ammontano a 500mila dollari soltanto, una cifra di gran lunga inferiore alle stime standard del valore economico di una vita intera al momento della morte, talora denominato valore statistico di una vita (da 6,1 a 6,5 milioni di dollari).

Ma le spese non finiscono qui: l´Amministrazione Bush in passato ha dichiarato che la guerra in Iraq si sarebbe rivelata proficua per l´economia, e un portavoce arrivò perfino a suggerire che si trattava del modo migliore di garantirsi un basso prezzo per il petrolio. Come del resto è accaduto per molte altre questioni, anche qui le cose si sono rivelate ben diverse: a emergerne vincitrici di fatto sono le società petrolifere. A rimetterci sono invece l´economia americana e l´economia globale nel suo complesso. A voler far uso di stime molto prudenziali, noi calcoliamo che l´effetto complessivo sull´economia di anche solo 5 o 10 dollari di aumento sia attribuibile alla guerra.

D´altra parte, il denaro speso per la guerra in Iraq avrebbe potuto essere usato da qualche altra parte: noi stimiamo che se una percentuale della somma spesa fosse stata allocata per investimenti negli Stati Uniti - per le strade, le scuole e la ricerca - l´economia americana sarebbe stata maggiormente stimolata nel breve periodo, e la sua crescita sarebbe stata accentuata nel lungo periodo.

Esistono poi ancora altre spese, alcune potenzialmente assai rilevanti, ma quantificarle con esattezza è problematico. Per esempio gli americani pagano circa 300 miliardi di dollari ogni anno per il cosiddetto "valore opzione" dello stato d´allerta militare, la capacità di essere pronti a combattere ovunque ce ne sia bisogno. Che gli americani siano disposti a pagare per questo lascia intuire che il valore opzione supera i costi, ma è praticamente certo che questo valore opzione è stato gravemente compromesso e che tale rimarrà verosimilmente per molti anni.
In poche parole, persino nella nostra valutazione "moderata" potremmo sottostimare in modo significativo il costo del coinvolgimento americano in Iraq, senza contare che la nostra analisi non include alcuna delle spese che l´immane perdita di vite umane e di beni ha comportato per lo stesso Iraq.

Noi non intendiamo spiegare se il popolo americano sia stato deliberatamente ingannato per ciò che concerne le spese della guerra, o se la marchiana sottovalutazione delle spese da parte dell´Amministrazione Bush debba essere attribuita a incompetenza, come con veemenza si sostiene essere vero nel caso delle armi di distruzione di massa.
Né d´altronde tenteremo di determinare se ci fossero modalità più efficienti dal punto di vista delle spese per condurre una guerra. Le recenti testimonianze secondo le quali il numero dei morti e dei feriti sarebbe stato di gran lunga inferiore qualora ai soldati fossero stati forniti giubbotti antiproiettile migliori lascia intendere quanto la tirchieria sul breve periodo possa incidere sulle spese del lungo periodo. Sicuramente, inoltre, quando il periodo più opportuno per combattere una guerra è questione di semplice scelta, come in questo caso, è ancor meno giustificabile una pianificazione così inadeguata.

Tutte queste considerazioni, però, paiono proprio andare ben oltre le stime dell´Amministrazione Bush. Da quasi mezzo secolo le complesse analisi di valutazione dei costi e dei benefici di progetti di grande rilievo erano una prassi standard nel Dipartimento della Difesa e in altri settori del governo. La guerra in Iraq era sicuramente un "progetto" di immensa portata e malgrado ciò senza ombra di dubbio ormai sembra proprio che l´analisi dei suoi benefici sia stata assolutamente mediocre e quella dei costi praticamente inesistente.
Non ci si può esimere pertanto dal chiedersi: esistevano modi alternativi di spendere anche solo una frazione dei mille o duemila miliardi di dollari spesi in questa guerra, in qualcosa che avrebbe rafforzato maggiormente la sicurezza, incrementato il benessere e incoraggiato la democrazia?


L´autore è premio Nobel per l´economia
(Traduzione di Anna Bissanti)
Copyright: Project Syndicate, 2006
http://www.project-syndicate.org
Repubblica 7 febbraio 2006
http://www.repubblica.it