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Crescita e decrescita

di Giorgio Nebbia - 08/04/2006

Fonte: aspoitalia.net



La vita consiste sostanzialmente in un gigantesco flusso di materia ed
energia dalla natura agli esseri viventi, che possono essere batteri,
alghe, vegetali, mosche o mucche, i quali trasformano, col
metabolismo, le sostanze chimiche, gassose, liquide o solide, degli
"alimenti" presi dalla natura, liberando l'energia vitale e altre
sostanze chimiche, gassose, liquide o solide, di scarto o rifiuto. Gli
alimenti, compresa l'acqua, possono essere tratti soltanto dallo
spazio, dall'"ambiente", circostante che può essere il terreno, le
acque dolci, le acque oceaniche, l'atmosfera, e le scorie e le spoglie
della vita possono essere immesse soltanto nello stesso ambiente
circostante e diventano nutrimento per altri esseri viventi attraverso
le catene alimentari. Nel parlare degli scambi di materia che hanno
luogo nell'ambiente da parte degli esseri viventi userò i termini
"acquistare" e "vendere"; naturalmente si tratta di scambi non
accompagnati da denaro, o da premi o da guadagni perché nella vita non
c'è nessun profitto per nessuno e l'unico fine di tutti questi
traffici è la propagazione della vita stessa. A rigore non c'è neanche
la morte, come la intendiamo noi umani, perché gli atomi degli
organismi, alla fine della loro vita utile, ridiventano fonte di vita
per altri.

Alla base di tutto sta la formazione delle innumerevoli specie che
chiamiamo vegetali e che si formano con la fotosintesi; la radiazione
solare fornisce l'energia con la quale gli organismi vegetali
acquistano anidride carbonica (per lo più dall'aria) e acqua dall'aria
e dal suolo e le combinano formando molecole organiche contenenti
carbonio, idrogeno e ossigeno e liberando ossigeno gassoso che viene
"venduto" come scoria (per lo più all'aria); nei processi metabolici
intervengono anche minori quantità di elementi come azoto e fosforo e
molti altri.

La massa dei vegetali aumenta fino a quando alcuni finiscono la
propria vita utile e decadono nell'ambiente circostante dove vengono
decomposti, ad opera di microrganismi che "acquistano" ossigeno
dall'ambiente e trasformano le molecole organiche delle spoglie in
anidride carbonica e acqua che vengono "vendute" all'ambiente
circostante e che saranno utilizzate per la formazione di altri
vegetali, in un ciclo sostanzialmente chiuso.

Alcuni esseri viventi, che chiamerò, semplificando al massimo,
animali, possono ricavare l'energia metabolica soltanto scomponendo,
con liberazione di energia, molecole più complesse, dei vegetali e di
altri animali, mediante l'ossigeno acquistato dall'aria, e liberando
anidride carbonica e acqua (che finiscono nell'atmosfera) e altre
sostanze che finiscono come escrementi nel suolo; qui altri organismi
decompositori trasformano gli escrementi ancora in anidride carbonica
e acqua. A differenza dei vegetali, capaci di nutrirsi da soli e che
perciò i biologi chiamano produttori, o autotrofi, gli animali possono
acquistare cibo soltanto da altri organismi e vengono chiamati perciò
eterotrofi, che si nutrono di altri, o consumatori.

Questa grande circolazione di "vita", dalla natura ai vegetali, agli
animali, ai decompositori, alla natura, può essere descritta con una
contabilità fisica, cioè sulla base dei grammi o dei chili di
materiali prelevati dall'ambiente, trasformati e reimmessi
nell'ambiente, un bilancio che ubbidisce al principio di conservazione
della massa, per cui la massa, il peso, della materia entrata in
ciascun processo deve essere rigorosamente uguale alla massa della
materia che ne esce.

Nel grande palcoscenico della vita, nel corso di tremila milioni di
anni, a seconda delle condizioni ambientali, della temperatura, della
disponibilità di cibo, alcune specie vegetali e animali si sono
moltiplicate di numero, altre sono scomparse. Fra le grandi estinzioni
di specie animali quella dei dinosauri ha ricevuto la maggiore
pubblicità mediatica e, se non altro, ha contribuito a popolarizzare
una pagina della storia naturale.

Si potrebbe essere indotti a pensare che ogni essere vivente desideri
crescere, desideri avere una numerosa progenie senza fine, ma una
specie vivente potrebbe continuare ad aumentare di massa e di numero ?
La risposta è "no" perché la massa di sostanze nutritive presenti
nell'ambiente è limitata. L'"ambiente", il pianeta, con le sue distese
di aria, di oceani, di continenti, con i suoi 500 milioni di
chilometri quadrati di superficie (150 milioni di chilometri quadrati
di terre emerse), con i suoi 1.400 milioni di miliardi di tonnellate
di acqua, quasi tutta salata negli oceani, con i suoi 5.000 miliardi
di tonnellate di gas nell'atmosfera, è un serbatoio di materia grande,
anzi grandissimo, ma non infinito. Se una specie si appropriasse di
tutte le sostanze nutritive disponibili in un ambiente o sull'intero
pianeta, così com'è, arriverebbe un momento in cui il cibo verrebbe a
mancare e la stessa specie in espansione dovrebbe rallentare la
propria crescita e scomparire.

Quanti animali di una certa specie possono abitare un certo ambiente
naturale ? Un bel problema a cui si sono dedicati numerosi studiosi
soprattutto nell'"età dell'oro" dell'ecologia, gli anni trenta del
secolo scorso. Vari giganti intellettuali hanno elaborato una
descrizione matematica della lotta per la vita: in un ambiente di
dimensione e risorse limitate una specie vivente, per esempio una
specie animale, può aumentare di numero dapprima rapidamente ---
quando il numero degli individui è piccolo e il cibo e lo spazio sono
abbondanti --- poi cresce più lentamente fino a raggiungere uno stato
tale che i morti uguagliano i nuovi nati e la popolazione ha
sufficiente cibo per riprodursi e vivere, con un  numero di individui
che è stazionario..

In forma matematica l'aumento del numero di individui per unità di
tempo, dP/dt, è proporzionale al numero di individui esistenti P, con
un coefficiente di crescita r (numero di individui per unità di tempo,
cioè coefficiente di natalità meno coefficiente di mortalità);
l'incremento effettivo diminuisce a mano a mano che aumenta il numero
di individui:

dP/dt = rP(1 – P/K)

Gli ecologi chiamano K la "capacità portante" (in inglese "carrying
capacity") di un ambiente, cioè il massimo numero di individui la cui
presenza un ambiente può accogliere, sopportare, sfamare. A mano a
mano che P si avvicina a K e che quindi l'espressione

rP(1 – P/K)

si avvicina a zero, anche dP/dt diventa zero e nel sistema il numero
di individui della popolazione resta costante e uguale a K.

Ci sono altre complicazioni, perché le variazioni dell'età degli
individui, della loro fertilità, eccetera, influenzano il coefficiente
di crescita, ma molti dati sperimentali hanno mostrato che il numero
di individui di una specie, P, in uno spazio limitato, in funzione del
tempo t, segue davvero una curva più o meno a "esse", con rapido
aumento iniziale, rallentamento col passare del tempo e alla fine
stabilizzazione. Si tratta della curva "logistica" riportata in tutti
i trattatelli di ecologia e ben studiata dall'americano Alfred Lotka,
dall'italiano Vito Volterra, dal russo Giorgi Gause.

Questi tre autori sono poi andati avanti con l'analisi matematica
anche per descrivere come varia il numero di individui di una specie
(predatori) che si nutre di un'altra specie (prede), di specie che
convivono nello stesso territorio spartendosi lo stesso cibo, di
specie che scambiano molecole con un'altra specie (simbiosi), che
crescono uccidendo un'altra specie (parassiti), come i parassiti, dopo
essere aumentati di numero, si estinguono (sotto l'azione di
predatori, un fenomeno che sta alla base della "lotta biologica", o
sotto l'azione di agenti chimici), e tanti altri fenomeni della vita.

A questo punto Vladimir Kostitzin, un russo che era emigrato dall'Urss
a Parigi, salta fuori dicendo: "nossignori". Se guardate bene, la
popolazione di una specie non può continuare ad esistere, sia pur
senza crescere di numero, in una situazione stazionaria; molti
fenomeni sperimentali mostrano che in uno spazio limitato, sia pure
con cibo sufficiente, una popolazione, dopo aver raggiunto quel
massimo numero di individui consentito dal parametro K, di cui si
parlava prima, comincia a diminuire perché nell'ambiente si accumulano
le scorie del metabolismo che risultano tossiche per la specie e ne
avvelenano gli individui.

Ha ragione, ammise Volterra; l'equazione di crescita di una
popolazione di viventi in un ambiente di dimensioni e risorse limitate
deve essere completata con un fattore che tiene conto della
"intossicazione del mezzo ambiente" e che fa diminuire la popolazione,
nella forma

dP/dt = rP(1 – P/K – A)

una equazione integro-differenziale in cui A è proporzionale alla
massa di escrementi e scorie generati dalla popolazione P, dal suo
inizio fino al tempo t e accumulati nel mezzo stesso. Con un poco di
pazienza analitica si vede che, con l'aumentare di P e quindi di A,
alla fine, ad un tempo t infinito, la popolazione P si estingue.

Anche in questo caso si tratta di una semplificazione di fenomeni più
complicati, utile peraltro per spiegare due principi fondamentali: (a)
in un ambiente di dimensioni limitate e quindi di alimenti limitati
una popolazione P non può crescere al di là di un certo numero K di
individui, quelli che l'ambiente può "sfamare"; (b) in un ambiente di
dimensioni limitate, nel quale si accumulano le scorie del metabolismo
degli individui di una popolazione, il numero di individui, dopo aver
raggiunto un massimo, declina fino all'estinzione della popolazione.

Chi legge con un briciolo di attenzione il libro "I limiti alla
crescita" del Club di Roma, del 1972, non fa fatica a riconoscere che
le equazioni di crescita e declino (di popolazione mondiale,
produzione agricola e industriale, inquinamento) basate sulla "analisi
dei sistemi" di Forrester, non sono altro che rielaborazioni dei due
principi sopra indicati e che risalgono alla metà degli anni trenta
del Novecento.

La precedente esposizione presenta interesse non solo biologico, ma
anche per le analogie che i fenomeni considerati hanno con quelli che
riguardano quella specialissima specie vivente che è rappresentata
dagli umani. Gli umani si comportano come organismi animali
consumatori, eterotrofi, che si nutrono di vegetali ed animali
(esclusi (quasi sempre) quelli della loro stessa specie). Acquistano
ossigeno dall'aria per il proprio metabolismo e vendono all'ambiente
le scorie del metabolismo sotto forma di gas (nell'aria) o di
escrementi.

Peraltro gli umani, in quanto animali speciali, hanno dei bisogni per
i quali estraggono dall'ambiente sostanze differenti da quelle
richieste dal puro e semplice metabolismo biologico. Fra tali sostanze
vi sono minerali e rocce utilizzati per produrre metalli o costruire
edifici, fonti di energia fossili come petrolio o gas o carbone, e
l'uso e la trasformazione di ciascuno di questi materiali si svolge
con un "metabolismo" che genera scorie differenti da quelle dei
processi biologici, che finiscono nell'ambiente secondo cicli
natura-merci-natura.

Esistono innumerevoli processi di trasformazione non biologici, il cui
bilancio può essere redatto in unità fisiche. Un altoforno "compra"
minerale di ferro e carbone coke e ossigeno e "vende" gas e metallo
ferroso e scorie; peraltro, mentre la contabilità fisica dei processi
tecnici è uguale a quella dei processi non umani, per i quali sono
stati ugualmente usati i termini "comprare" e "vendere", nei processi
tecnici gli scambi sono mediati dal denaro. Una automobile compra aria
(bene ambientale, senza pagare denaro) dall'atmosfera e benzina
(pagandola in denaro al distributore) e vende all'atmosfera esterna
anidride carbonica, ossido di carbonio e vari altri gas (mali
ambientali, senza spendere denaro). In ciascun processo la massa dei
materiali in entrata e di quelli in uscita è rigorosamente uguale, ma
la composizione dei materiali in uscita è tale da alterare la
utilizzabilità biologica del corpo ricevente, per cui le azioni
tecniche e merceologiche umane impoveriscono alcuni territori
dell'ambiente e contaminano altri territori.

I processi umani, a differenza di quelli non umani, fanno aumentare la
massa di materiali che entrano nella biosfera (portandoli via da cave
e miniere), provocando un rigonfiamento della tecnosfera (l'universo
degli oggetti fabbricati) e fanno aumentare l'immissione nell'ambiente
delle scorie in quantità e di composizione chimica che le rende non
utilizzabili da altri esseri viventi e dagli stessi umani.

Non c'è quindi da meravigliarsi che durante i, e in seguito ai,
processi umani ci si scontri con problemi di scarsità, di
intossicazione dell'ambiente e di decrescita con pericolo addirittura
di estinzione di alcuni componenti nella biosfera e della tecnosfera.

L'estinzione si è verificata varie volte nella storia umana sotto
forma di scomparsa di specie animali a causa dell'eccessivo
sfruttamento o della caccia o della pesca, di specie vegetali a causa
dell'eccessivo taglio dei boschi, di specie di piante alimentari,
abbandonate perché non erano abbastanza profittevoli per gli
agricoltori.

Ma le società umane "si nutrono" di altre sostanze non biologiche, ma
ugualmente essenziali per la vita economica: si pensi al petrolio che
viene portato via dalla viscere della Terra per alimentare centrali e
industrie e raffinerie, a molti minerali, eccetera. Anche questi
"alimenti" non biologici in molti casi hanno subito fenomeni di
impoverimento e di estinzione: si sono avuti l'esaurimento di
giacimenti di petrolio, di minerali di zolfo e di nitrati, eccetera.

Le società umane sono sopravvissute andando a cercare gli stessi
"alimenti" da altre parte, o dei sostituti, a loro volta destinati ad
impoverirsi; in altri casi per evitare l'intossicazione del mezzo
ambiente, le società umane sono state costrette a cambiare processi e
tecnologie e beni materiali.

Un esempio è offerto dal cosiddetto "effetto serra": un crescente
consumo di combustibili fossili ha generato, dal secolo passato in
avanti, grandi quantità di anidride carbonica che si è andata
accumulando nell'atmosfera provocando alterazioni nell'equilibrio
energetico del pianeta con conseguenti mutamenti climatici; per
rallentare l'intossicazione dell'atmosfera ad opera dell'anidride
carbonica di origine antropica gli umani sono costretti a mettersi
d'accordo per rallentare il consumo di combustibili fossili; per ora
si tratta di un rallentamento e non di una estinzione, ma gli effetti
dell'intossicazione dell'ambiente ad opera dei metaboliti antropici
sono riconoscibili.

Ancora più in generale, anche il numero di oggetti in circolazione,
fabbricati dagli umani col solito ciclo natura-oggetti-natura,
ubbidisce alle leggi della dinamica della popolazioni animali. Una
merce si affaccia in un mercato, viene acquistata in un certo numero
di esemplari, poi la richiesta degli acquirenti, la capacità ricettiva
del mercato, si stabilizza, poi la stessa merce in circolazione
declina e alla fine si estingue la sua produzione e il suo uso. I
dischi fonografici di vinile si sono estinti quando sono stati
inventate le cassette da registrazione a nastro, che si sono estinte
quando il mercato è stato invaso dai CD; le penne stilografiche si
sono praticamente estinte quando il mercato degli strumenti di
scrittura è stato invaso dalle penne a sfera; le macchine per scrivere
si sono quasi estinte, soppiantate dai personal computer. La
produzione di zolfo da miniera si è praticamente estinta con
l'invasione del mercato da parte dello zolfo recuperato dalla
depurazione degli idrocarburi, un caso in cui la spinta ecologica ha
ucciso una popolazione di merci sostituita da un'altra popolazione di
merci concorrenti.

Si potrebbe scrivere una storia della tecnica e della merceologia
seguendo la concorrenza che una popolazione di merci ha fatto, in un
mercato, ad un'altra popolazione di merci, con andamenti che ben
possono essere descritti con le equazioni di Lotka e Volterra.

Possiamo andare avanti in questo modo o l'analogia fra processi
tecnico-merceologici e processi naturali può indurci a cambiare
comportamento, ad anticipare i mutamenti e attenuare i costi e i danni
dei mutamenti stessi ? Gli inviti al cambiamento di produzioni e di
consumi, ci sono da tempo. Nel 1970 il biologo Paul Ehrlich scrisse un
articolo sulla necessità di una decrescita, in alternativa al dovere
della crescita considerato dogma dagli economisti; nel 1972 Nicholas
Georgescu-Roegen ironizzò sulle proposte del Club di Roma di arrivare
ad una società stazionaria, sottolineando l'impossibilità, proprio per
le ragioni biologiche prima esposte, di attuazione di una società
stazionaria e la prospettive di una decrescita. Con il termine "La
decrescita" lo svizzero Jacques Grinevald curò una edizione francese
di alcuni scritti di Georgescu-Roegen; il francese Serge Latouche ha
riscoperto le virtù di una decrescita economica e il tema è stato
ripreso dall'italiano Mauro Bonaiuti con un libro intitolato
"Obiettivo decrescita", pubblicato dalla EMI.

Dopo le mode dell'"ecologia" e della "sostenibilità", adesso è
arrivata la "decrescita" che rischia di diventare anch'essa una moda,
bandiera di una nuova ondata di movimenti ecologisti, un po' come
nuova contestazione dell'"economia" che ha la crescita come suo dogma,
un po' come aspirazione romantica ad una vita semplice e amorevole. In
tutti questi fermenti mi pare che troppo poca attenzione sia stata
dedicata al fatto che il rischio di rallentamento della crescita e
addirittura di estinzione non è un capriccio, ma è intrinsecamente
legato ai fenomeni della vita e all'esistenza dei limiti fisici del
pianeta Terra. Forse qualche buona lettura di genuina biologia e
ecologia può aiutare sociologi e governanti a capire come soddisfare
bisogni umani, vitali, senza sfidare le leggi che la natura impone e
che non possono essere violate.