

Malgrado la prestigiosa carriera universitaria, al fianco di accademici del calibro del maestro Giuseppe Tucci, o di Henry Corbin, del quale fu anche allievo, le decine di libri pubblicati e le esperienze acquisite direttamente sul campo, rimaneva imperdonabile quel proposito giovanile, velleitario quanto spontaneo: «Lavare l’onta del tradimento». Difendere l’onore della sua terra, della terra dei suoi padri: «Il 9 novembre mi resi conto che quello che avevo fatto fino ad allora non era altro che lo sfogo di un giovane studioso, quello che avevo ancora da fare era qualcosa di molto più vicino all’ideale di uomo». Sì, perché Filippani Ronconi, già volontario degli arditi, dopo l’8 settembre del ’43 si schierò dalla parte “sbagliata”, forse illudendosi in un nuovo Cid Campeador le cui gesta coraggiose ne avevano infiammato l’adolescenza di italiano in Spagna (nato a Madrid e vissuto in Catalogna). «Sentivo di dovermi comportare come un caballero», ha raccontato, certamente non per giustificarsi. Forte rimaneva in lui il ricordo del dramma della madre dagli «occhi verdi e spirito celtico»




Non meno importanti gli studi condotti da solo, al di fuori da ogni percorso universitario: dall’antico norvegese all’aramaico, dal tibetano al greco, dalla dialettologia iranica allo svedese. Il tutto arricchito da viaggi. Adattandosi, grazie alla sconfinata conoscenza delle lingue, almeno una quarantina, a qualsiasi mestiere: alcuni probabilmente solo immaginari, come quello che lo vede parte attiva nei servizi di intelligence dell’America Latina, altri – riferiti da lui stesso – di segretario di un ministro sudamericano e doppiatore cinematografico. Tanto che la sua stessa vita, alla fine, sembra piuttosto un film in cui il dramma sentimentale, la spy story, l’avventura esotica e persino la commedia sembrano essersi date appuntamento. Oggi le sue esequie alle ore 11 nella Chiesa russo-ortodossa romana di via del Lago Terrione, 77 (zona Gregorio VII). E ieri, come vuole il Libro tibetano dei morti, è stato salutato dalla luce "bianca e non abbagliante" della neve.