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La Biodiversità in tre documentari

di Romina Rossi - 30/10/2010




Che sapore ha una nespola? Perché andando al supermercato troviamo mille quantità di frutta e verdura dallo stesso indistinto sapore? Quanti modi ci sono per fare il formaggio? E quando facciamo la spesa, pensiamo da dove viene quello che mettiamo nel carrello e in che modo è stato coltivato o prodotto?

“Viaggio nel mondo della biodiversità” – quinto festival audiovisivo promosso dalla ONG romana Centro Internazionale Crocevia, tenutosi in varie città italiane – ci fa riflettere su queste tematiche e ben documenta sia l’importanza delle risorse ambientali ai fini della sicurezza alimentare, che i rischi e le minacce a cui è sottoposto quotidianamente il nostro Pianeta.
I tre documentari selezionati hanno il pregio di mostrare il profondo legame fra alimentazione, agricoltura e ricchezza culturale dei popoli. Frutto dimenticato, del regista Barney Snow, si concentra sulle varietà estinte da oltre cento anni di piante coltivate per l’alimentazione. Oggi anche in Italia si cerca di recuperare queste antiche varietà, per diversificare una produzione standardizzata in poche culture, causa dello stato di trascuratezza in cui versano molte altre colture tradizionali.
Greina, di Villi Hermann, il più intimista dei tre documentari, ci illustra il metodo tradizionale, e ancora genuino, di fare il formaggio e il burro con l’uso della caldera riscaldata a legna sulle Alpi della Greina, nella Svizzera italiana. Un metodo che, pur essendo semplice e naturale, rischia di scomparire in quanto non “euro compatibile” e quindi non conforme alle presunte moderne regole di igiene a cui si appellano le grandi industrie alimentari.
Infine, Reverdecer del Colectivo de Comunicaciòn Chaya, interessante documentario sulle monoculture transgeniche (come la soia) protagoniste di un devastante “pacchetto tecnologico” che cancella tutti i segni di diversità naturale e culturale. Il documentario denuncia i metodi – spesso al limite del lecito – utilizzati nelle grandi coltivazioni intensive soprattutto in Sud America, dove la famigerata Monsanto è proprietaria di grandi latifondi. Ad un uso smodato dei fertilizzanti chimici si associano malattie, fra cui vari tipi di cancro e leucemie, e disturbi genetici che affliggono le popolazioni che lavorano i campi: i fertilizzanti vengono sparsi con gli elicotteri a qualsiasi ora del giorno, a pochi metri dai luoghi in cui i bambini giocano a pallone. Queste irresponsabili politiche agricole vengono portate avanti al grido di “combattiamo la fame nel mondo”, ma vanno unicamente a vantaggio del portafoglio delle grandi multinazionali dell’agro business.

“Il minimo battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo” – recita il teorema dell’effetto farfalla. La prossima volta che andiamo a fare la spesa controlliamo l’origine di ciò che mettiamo nel carrello, preferendo alimenti genuini e biologici e che rispettino la biodiversità e le condizioni dei lavoratori: se iniziamo a sbattere le ali nel nostro supermercato prima o poi l’uragano investirà anche un gigante come la Monsanto.