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Dietro la Scuola della Notte uno dei tanti tenebrosi misteri dell’Inghilterra elisabettiana

di Francesco Lamendola - 10/11/2010


 

 

«O paradosso! Il nero è l’emblema dell’Inferno, il color delle carceri, la scuola della notte, il cimiero del bello tocca invece a un bel cielo»: così esclama il Re nel Quarto Atto, Scena Terza, della commedia shakespeariana «Pene d’amor perdute», composta, probabilmente, fra il 1593 e il 1596.

Ma che cosa sarà mai questa «School of Night», questa Scuola della Notte, che Shakespeare nomina con apparente noncuranza, mentre si intuisce, dall’insieme del contesto e anche dal tono di pungente ironia, che deve trattarsi di qualcosa di più di una mera immagine poetica, di una sonante allegoria barocca? Si riferiva forse, il Nostro, ad una realtà concreta, ad un gruppo, una conventicola, una setta ben precisa?

Non è certo questo il minore dei misteri legati alla già misteriosa biografia shakespeariana, della quale ci siamo già altra volta occupati, confessando l’impossibilità di venire a capo della questione, almeno allo stato attuale delle conoscenze; ma conservando nondimeno un robusto scetticismo nei confronti delle versioni ufficiali, tendenti a negare l’esistenza del sia pur minimo problema di attribuzione delle opere che vanno sotto il nome di Shakespeare (cfr. l’articolo «Quel grande punto interrogativo di nome William Shakespeare», apparso sul sito di Arianna Editrice in data 15/02/2009).

L’Inghilterra elisabettiana era un Paese inquieto, percorso da mille fremiti di natura sociale, politica, religiosa; un Paese indubbiamente in crescita, sia interna, sia internazionale, e lanciato, dopo la vittoria sulla Invincibile Armata di Filippo II, nel 1588, verso la conquista del primato sulle rotte oceaniche e, con ciò, verso il dominio del commercio internazionale; un Paese, infine, culturalmente vivace, tanto è vero che i suoi storici sogliono definire col nome un po’ pomposo di Rinascimento quel periodo che, in Italia, corrisponde ormai ad un’altra e ben diversa civiltà artistica e letteraria, quella che trapassa dal Manierismo nel Barocco.

Esiste, sulla Scuola della Notte, un interessante studio monografico di un autore americano, vecchio ormai di quasi mezzo secolo e non facilmente reperibile: «The School of Night» di M. C. Bradrook, (New York, Russell and Russell, 1965), al quale comunque rimandiamo il lettore interessato ad un maggiore approfondimento dell’intricata questione; mentre noi ci limiteremo ad una ricognizione meno ambiziosa e certamente meno esaustiva.

Per prima cosa, tentiamo di delinearne un quadro d’insieme, facendo perno sul suo probabile fondatore e regista occulto, quel sir Walter Raleigh (1552-1618), navigatore, corsaro e poeta inglese che, nel 1585, condusse sette navi con a bordo centocinquanta coloni sulla costa dell’America Settentrionale, per fondare la colonia Virginia (in omaggio alla dubbia verginità della regina Elisabetta), presso l’isola di Roanoke.

Tutta la vicenda relativa a questa colonia è oscura e, per giunta, sinistramente pervasa di violenza: il governatore, sir Ralph Lane, fece uccidere il capo degli Indiani dell’isola, Wingina, quale esemplare punizione di un furto, ciò che innescò una sanguinosa guerriglia tra i coloni ed i nativi. Quando Raleigh tornò a Roanoke, trovò gli Inglesi stremati dagli stenti e decimati dalle perdite subite; sbarcò altri quindici uomini di rinforzo e salpò nuovamente.

Una seconda spedizione organizzata da Raleigh e guidata da un certo John White giunse due anni dopo, nel luglio del 1587, e trovò la colonia in gravi difficoltà; nondimeno tentò di rivitalizzarla e, poco dopo, la figlia del governatore mise al mondo la prima bambina inglese nata nel Nuovo Continente.

Rientrato in patria per procurarsi dei materiali necessari ai coloni, White fu trattenuto dallo scoppio del conflitto con la Spagna; e quando, infine, nel 1590, una spedizione di soccorso guidata da William Irish giunse a Roanoke, non trovò alcuna traccia dei centodiciassette Inglesi, benché la palizzata fosse intatta, e ripartì senza aver chiarito il mistero.

Chi non poté mai rassegnarsi a quel misero fallimento fu Willliam Raleigh, per il quale trovare gli eventuali sopravvissuti divenne quasi un’ossessione. Organizzò, infatti, ben cinque spedizioni di ricerca, tutte a sue spese, riempiendosi di debiti e finendo da ultimo in prigione, nella famigerata Torre di Londra, insieme alla sua famiglia. Il 29 ottobre 1618 salì il patibolo e venne decapitato, come il personaggio di una tragedia o come il simbolo vivente della sua stessa filosofia, scettica e pessimista, che lo aveva portato a scrivere: «Il mondo intero non è che una vasta prigione nella quale ogni giorno qualcuno viene estratto a sorte per essere giustiziato».

In realtà, Raleigh era stato imprigionato fin dal luglio del 1603, quando era salito al trono Giacomo I, sotto l’accusa di aver complottato contro il sovrano. Processato e condannato a morte nel novembre di quello stesso anno, l’esecuzione della sentenza era stata differita perché il re, a corto di denaro, gli offrì il comando di una spedizione nella Guyana, alla ricerca di una miniera d’oro che avrebbe dovuto trovarsi presso la foce del fiume Orinoco. Raleigh accettò e levò le ancore per il Sud America, dopo aver reso solenne promessa che non avrebbe causato incidenti con la Spagna; ma questa sua ultima spedizione si risolse in un totale fallimento, perché egli non trovò l’oro e, quel che è peggio, venne a conflitto con gli Spagnoli. Tornato in patria, secondo la promessa fatta dal governo inglese all’ambasciatore spagnolo, la sentenza del 1603 venne eseguita.

Walter Raleigh fu un personaggio notevole; oltre ad aver introdotto in Inghilterra la coltivazione del tabacco e, forse, della patata, lasciò numerose poesie, una descrizione della Guyana e una storia universale che lasciò incompiuta perché un giorno, osservando una zuffa dalla finestrella della sua cella e confrontando ciò che aveva visto con il racconto che ne fecero alcuni altri testimoni, si persuase che non esiste alcun criterio di oggettività nell’esame dei fatti e che, pertanto, il valore reale di qualsiasi opera storiografica è pressoché nullo.

Orbene, si vorrebbe capire che cosa si proponesse Raleigh dalla fondazione di una colonia nel continente americano; e, inoltre, perché attribuisse così tanta importanza al suo destino, al punto da consumare tutti i suoi averi nella vana ricerca di notizie. Una ipotesi abbastanza verosimile è che tale colonia fosse parte di un più vasto disegno di riforma sociale e culturale, maturato appunto nella società segreta denominata poi Scuola della Notte, ispirata a principi filosofici materialisti, anti-aristotelici e, più o meno esplicitamente, ateistici.

Si suppone anche, benché sia impossibile provarlo con certezza, che il celebre «Doctor Faustus» sia anch’esso parte di tale disegno, che potremmo definire come quello di creare una vasta contro-cultura ispirata al rifiuto del cristianesimo e della tradizione e all’affermazione dei nuovi valori propugnati da filosofi come sir Francis Bacon, basati sulla Rivoluzione scientifica e sulla convinzione che «sapere è potere».

Invero, vi è tutto un pullulare di fermenti culturali e religiosi eterodossi nell’Inghilterra elisabettiana, i quali, non di rado, vengono a intrecciarsi con le oscure manovre dei servizi segreti della monarchia: basti pensare a figure ambigue come quella del dottor John Dee (1527-1608), geografo, matematico, alchimista, esoterista e mago, del quale si sa per certo che fu anche un agente segreto dello spionaggio inglese.

Forse che anche Marlowe era un agente segreto? Sono stati in molti a pensarlo, specialmente considerando la stranezza della sua morte: venne ucciso a pugnalate al termine di una cena, a Deptford, il 30 maggio 1593, per mano di un certo Ingram Frizer. Altra circostanza significativa: appena dieci giorni prima di morire, Marlowe era stato arrestato, e rilasciato in via provvisoria, dal Consiglio privato della regina, sotto l’accusa di blasfemia, ateismo e sedizione.

Alcuni hanno pensato che, essendo Marlowe uno dei principali membri della Scuola della Notte, doveva conoscere molte cose, forse troppe, circa i disegni dei suoi compagni e del capo riconosciuto di essa, Walter Raleigh; e che la morte violenta di Marlowe, nel corso di una zuffa scoppiata improvvisamente, al termine di una tranquilla cena tra amici, abbia qualche cosa a che fare con la necessità di metterlo a tacere prima che, interrogato dal Consiglio, potesse fare delle rivelazioni compromettenti per il suo protettore.

Altri hanno fatto una supposizione ancora più audace e quasi romanzesca: secondo loro, Marlowe non sarebbe morto affatto, perché, al posto del suo cadavere, sarebbe stato fatto rinvenire quello di uno sconosciuto. Il saggista Calvin Hoffman, nel libro «The man who was Shakespeare», ci vedeva lo zampino dell’amante di Marlowe (che era omosessuale dichiarato), Thomas Walsingham, il quale - guarda caso - era cugino del capo dei servizi segreti inglesi; e che il tutto sarebbe stato architettato per sottrarre il drammaturgo ad una probabile condanna alla pena capitale.

Sempre che Shakespeare non fosse, in realtà, proprio Christopher Marlowe: tale è l’ipotesi avanzata da Calvin Hoffman e da A. D. Wraight. Ma, arrivati a questo punto, pensiamo sia bene fermarsi: perché la sarabanda delle supposizioni, che paiono scaturire l’una dall’altra come altrettante scatole cinesi, fa venire addirittura le vertigini…

Ma ora torniamo alla domanda su che cosa fosse, esattamente, la «School of Night».

Lo scrittore ed esoterista americano John Michael Greer, punta avanzata del movimento neopagano che si riallaccia al druidismo e studioso delle società segrete antiche e moderne, traccia questo profilo della Scuola della Notte, nel suo «Dizionario enciclopedico dei misteri e dei segreti» (titolo originale: «The Element Encyclopedia Secret Societies and Hidden History», Londom, Harpercollins Publishers Limited, 2006; traduzione italiana di Massimo Raiola, Milano, Mondadori, 2008, pp.554-55):

 

«[La Scuola della Notte fu]tra le più importanti società segrete occultiste nell’Inghilterra elisabettiana. La Scuola della Notte quasi certamente non fu conosciuta con tale nome,  se ebbe mai un nome; l’espressione è tratta da Shakespeare, autore di una satira sul gruppo nella sua opera teatrale “Pene d’amor perdute” (1590 circa). Fu un circolo di liberi pensatori, studiosi e occultisti  che ruotava intorno al famoso avventuriero e uomo di corte  sir Walter Raleigh e al suo insegnante di magia, Thomas Harriot, tra i cui membri vi erano uomini illustri come Henry, conte di Northumberland, noto come Mago Earl presso i suoi contemporanei per il suo coinvolgimento nell’alchimia e nella magia; o come sir George Carey, in seguito assurto al titolo di lord Hounsdon; o ancora lo scrittore teatrale Christopher Marlowe, i poeti George Chapman, Matthew Roydon e William Warner, e presumibilmente  Edmund Spenser, autore della “The Faerie Queen” (“Regina delle fate”) e senza dubbio il più importante poeta dell’epoca.

I membri della Scuola venivano comunemente ritenuti atei. Una pubblicazione del 1592, parla “a proposito della scuola di ateismo di Sir Walter Rawley, e dell’evocazione degli spiriti, di cui egli è Maestro, e della cura adoperata nel procurarsi i giovani gentiluomini di questa scuola, dove ci si burlava sia di Mosè che del nostro Redentore, del Nuovo come del Vecchio Testamento, e gli studenti imparavano, tra le altre cose, a dire Dio al contrario [il contrario di God, “Dio”, è dog, “cane”, Ndt] (cit. in Bradbrook, 1965, p. 12).

Di sicuro si sa che i membri del gruppo coltivarono un profondo scetticismo verso la religione ufficiale e che praticarono le scienze occulte, mentre lo stesso Raleigh fu ritenuto un valido alchimista.

Probabilmente la Scuola cominciò a riunirsi intorno al 1585, al ritorno di Raleigh dalle sue avventure sull’isola Virginia, oggi nota come Roanoke, e chiuse i battenti nel 1618, alla morte del suo fondatore, avvenuta per mano del boia. Quasi tutte le testimonianze che la riguardano sono compre nell’arco di tempo che va dal 1593 al 1595. Nel primo anno Raleigh fu esiliato da corte e Marlowe venne assassinato a Deptford in circostanze misteriose, appena dopo esser stato condotto innanzi alla Court of Star Chamber a Londra per rispondere ad accuse di blasfemia e ateismo. Entrambi questi eventi non fecero altro che rinsaldare la cattiva nomea che il circolo di pensatori si stava guadagnando presso l’opinione pubblica. Fornirono inoltre alla stella nascente della corte elisabettiana, il conte di Essex, al secolo  Robert Devereaux, l’occasione desiderata per colpire Raleigh, suo odiato rivale. Essex aveva il suo personale poeta e autore teatrale, un uomo che si firmava col nome di William Shakespeare  (che questi sia stato o no un prestanome). Shakespeare e la Scuola della Notte si punzecchiarono a vicenda nei loro scritti: il primo prendendo a bersaglio il poema di Chapman “L’ombra della notte” (1594) e genericamente la Scuola nel suo “Pene d’amor perdute”, Chapman ribattendo con una revisione del proprio poema e col successivo “Ovidio’s Banquet of Sense” (“Il banchetto del senso di Ovidio”), mentre altri membri della Scuola scrissero”Willoughbie his Avisa” come ulteriore energica replica a “Pene d’amor perdute”. Nel 1596 la contesa letteraria si fece più tesa ed Essex volse sempre più l’attenzione agli intrighi politici che condussero al fallimento del suo colpo di Stato e all’esecuzione capitale avvenuta nel 1601.

Nonostante l’esistenza della disputa tra la Scuola della Notte e l’autore delle opere teatrali e dei poemi di Shakespeare [qui al traduttore del testo che stiamo citando, evidentemente, è sfuggito “poemi” per “poesie”, in inglese “poems”], molti membri del gruppo, in particolare sir Walter Raleighe Christopherr Marlowe, sono tra i più accreditati a essere colui che si celò dietro il nome  di William Shakespeare.»

 

Riassumendo.

La Scuola della Notte fu una società segreta di pensatori libertini «ante litteram» (peraltro, una  setta di pensatori libertini è segnalata a Parigi e a Lille già nel 1525, dunque un secolo prima della nascita “ufficiale” del movimento), cioè atei e materialisti.

Essa ebbe il suo fondatore in sir Walter Raleigh e il suo uomo di punta nel celebre e geniale drammaturgo Christopher Marlowe; e sostenne un duello letterario, ma pieno di sottintesi politici, con William Shakespeare, protetto del conte di Essex.

Sia Essex che Raleigh si disputavano i favori della regina Elisabetta ed entrambi andarono a finir male: il primo venne decapitato per ordine di lei, dopo un tentativo di colpo di Stato; il secondo subì la medesima sorte sotto il regno di Giacomo I.

Raleigh fu protagonista della fondazione di una colonia inglese nell’America Settentrionale, la Virginia, che doveva forse fornire la base per i suoi progetti di riforma religiosa e culturale, ma che scomparve misteriosamente.

Marlowe fu assassinato nel corso di una strana zuffa, al termine di una cena in un sobborgo di Londra, nella casa di una vedova, pochi giorni dopo essere stato deferito presso il Consiglio della regina, imputato di accuse che lo rendevano passibile della pena capitale.

Mentre la vita di Marlowe si spezzava e l’astro di Raleigh tramontava, quello di Shakespeare si innalzava nel cielo della letteratura elisabettiana e superava brillantemente sia la tragica fine del suo protettore, lord Essex, sia la morte stessa della regina, avvenuta il 26 marzo 1603.

Sempre ammesso che Shakespeare e Marlowe fossero due persone diverse e che il primo fosse realmente quello che diceva di essere…

Il tutto sullo sfondo di un cupo sottobosco di spie, di agenti segreti, di morti misteriose, di strane società segrete, di oscure manovre politiche, di sotterranee cospirazioni, di rituali di alchimia e di magia, di sogni di riforma religiosa, nonché di sostituzioni di persone e perfino di cadaveri…

Un ultimo tocco di mistero.

Dal 1583 al 1585 a visse a Londra anche Giordano Bruno, che vi compose «La cena de le Ceneri» e che invano si adoperò, lui sostenitore delle idee di Copernico, per ottenere un insegnamento all’Università di Oxford; ma che non dovette passare inosservato, se Shakespeare, sempre in «Pene d’amor perdute», si diede il disturbo di farne la satira, raffigurandolo nel personaggio di Berowne, cui fa dire: «Andiamo, io giuro allora di studiare per sapere quello che mi è proibito sapere» (Atto Primo, Scena Terza).

Ebbene: la ricercatrice americana Ingrid D. Rowland, nel suo saggio «Giordano Bruno, filosofo eretico» (New York, Farrar, Strauss & Giroux, 2009), ha recentemente sostenuto che il Nolano fosse, in realtà, un agente segreto al servizio di Sua Maestà britannica.

Quante cose crediamo di sapere, e invece non sappiamo, specie riguardo alle società segrete; quante cose ci sfuggono, dietro la vernice brillante dell’età elisabettiana…