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Una guerra all'Iran può salvare l'economia, e Obama nel 2012. Consiglio dal Washington Post.

di Maria Grazia Bruzzone - 12/11/2010

 


Infuria il dibattito su siti e blog del mondo, anche italiani, sulla “chiamata alla guerra” dell''editoriale di David Broder, il più anziano columnist politico del primo giornale di Washington. Sorpresa, critiche e ironia. Persino da Foreign Policy: “Ha perso la testa?”

Non è uno scherzo la chiamata alla guerra all’Iran dell’autorevole editorialista (The War Recovery) due giorni prima delle elezioni di midterm. Quasi un appello esplicito a Obama , il modo più rapido ed efficace, con l’appoggio dei repubblicani, per rimettere in piedi l’economia e risollevare le sue sorti. Ecco il ragionamento di Broder:

Obama è più intelligente e “ispirational”di chiunque altro sulla scena. E può ancora riuscire a vincere il secondo mandato nel 2012, anche se i Democratici perderanno il Congresso. Il punto cruciale è superare la crisi economica, col suo carico di alta disoccupazione e bassi investimenti, debito pubblico e privato, tasse inefficienti. Se Obama ci riesce, nel 2012 sarà rieletto.

Ci sono due modi, uno è cercare di influenzare il ciclo economico, che però sfugge al controllo politico, e ha i suoi tempi. L’altro, anche se ha implicazioni che spaventano, è la guerra. Quindi:

«Ricordate Franklin Delano Roosevelt e la Grande Depressione? Che cosa risolse,alla fine,la crisi economica? La Seconda Guerra Mondiale. E’qui che Obama può vincere. Con un forte appoggio repubblicano al Congresso può sfidare l’ambizione dell’Iran di diventare una potenza atomica,e può trascorrere il 2011 e 2012 orchestrando una resa dei conti coi mullah. Ciò lo aiuterà politicamente, perché l’ opposizione (i repubblicani) sarà con lui. E più la tensione salirà e più accelereremo i preparativi di guerra, l’economia migliorerà (...) La nazione farà quadrato attorno a Obama perché l’Iran è la più grande minaccia per il mondo in questo giovane secolo».

Pronte le risposte. Ma soprattutto su siti e blog, anche se importanti.

Sull’Huffington Post, l’economista Dean Baker (Center for Economic and Policy Research) replica:

«Se spendere in guerre crea posti di lavoro e stimola l’economia,altrettanto fa il costruire strade,rimodernare case,dare istruzione ai ragazzi. Sì,tutte le forme di spesa pubblica di stimolo che Broder ha sempre deriso perché aumentano il deficit pubblico,sono capaci di generare posti di lavoro come la guerra che Broder preferisce (e che aumenta il deficit)».
(David Boder Calls for War with Iran to Boost the Economy)

Sul sito della nota rivista Foreign Policy, il direttore Blake Hounshell si chiede: «David Broder ha perso la ragione?».

E continua, definendo l’idea “pazza” per molte ragioni. "La seconda Guerra Mondiale fece uscire gli USA dalla Grande Depressione perché fu un massiccio stimolo che mobilitò interi settori della società. La forza militare attuale dell’America ha già tutti gli strumenti che servono per combattere l’Iran,e non ci sarebbe dunque alcuno sforzo industriale ulteriore. Broder non legge il giornale per cui scrive? Il Pentagono sta cercando di tagliare miliardi per affrontare il nuovo mondo di austerità di bilancio». (Has David Broder Lost Is Mind?

Mark Lynch, nel suo blog sullo stesso sito: “Broder sta offrendo una versione mainstream dell’argomento coniato in agosto dall’ex consigliere per il Medio Oriente di Bush, Elliott Abrams. Un Obama che colpisse l’Iran e distruggesse il suo arsenale nucleare sarebbe un candidato di gran lunga più forte, forse imbattibile’. L’editoriale di Broder prova come idee veramente stupide circolino a Washington".

"Fortunatamente non è un’idea che sembra avere alcun sostegno nell’intera Casa Bianca. A differenza di Abrams e di Broder, la squadra di Obama ha chiaro che gli americani non hanno alcun appetito per una terza grande guerra in Medio Oriente e che lanciare una guerra con massicce conseguenze strategiche per un guadagno politico nel breve periodo sarebbe epicamente irresponsabile. Trovano questo argomento ridicolo. Oltre a tutto, sanno bene che uno stratagemma del genere farebbe loro perdere sostegno a sinistra, senza far loro conquistare neppure un voto a destra”. (Bombing Iran for votes, the strange path for a dumb idea).

Su Think Progress, Matt Duss, condivide le ragioni economiche addotte da Baker e aggiunge: «E’ una questione di decenza umana. Specie alla luce di quel che avviene in Iraq,quale degenerato morale può seriamente sostenere che siamo pronti a fare altrettanto contro l’Iran,allo scopo di creare posti di lavoro?». (As we accelerate preparation for war, economy will improve) .

The Times of India online rilancia l’articolo di Duss, ma nella versione aggiornata del giorno dopo, arricchita delle citazioni della leader dei Tea Party Sarah Palin intervistata da Fox News lo scorso febbraio, e del neocon Daniel Pipes, che si complimentava con Palin, lui che aveva scritto le stesse cose qualche giorno prima . Dopo di che era venuto Abrams. (Broder’s ‘Iran War=Votes’ Column Originated With Daniel Pipes, Via Sarah Palin And Elliott Abrams”).

Il fatto è che "il Keynesianismo militare”, lanciare guerre per stimolare l’economia, non funziona in sé", sostiene il Washington's Blog, in quella che è la replica più lunga e argomentata. (Washington Post Idiocy. Calls for War with Iran to Save America’s Economy) . Che premette:

“Naturalmente Cina e Russia non starebbero a guardare che il loro alleato Iran venisse attaccato. E bombardare l’Iran potrebbe provocare una III Guerra Mondiale.
Naturalmente un attacco all’Iran aumenterebbe il livello del terrorismo" .

Ma lasciamo stare le considerazioni politiche e di sicurezza. Broder sbaglia tutto sul piano economico”. Seguono considerazioni e citazioni.
Una per tutte quella del premio Nobel Joseph Stiglitz, che già nel 2003 scriveva

"Si ritiene spesso che la II Guerra Mondiale abbia fatto uscire il mondo dalla Depressione, e da allora la guerra ha la reputazione di essere un fatto di crescita per l’economia. Qualcuno addirittura ritiene che il capitalismo ha bisogno di guerre, e senza è destinato alla recessione.
Oggi sappiamo che questo è un nonsenso.”

Economisti conservatori citati sembrano pensarla allo stesso modo. Mentre da vari studi e tabelle si evince che l’economia americana è già un’economia di guerra, almeno da dopo l’11/9, con un’industria bellica cresciuta del 123% mentre l’industria manifatturiere langue, con la Difesa arrivata a pesare il 5.6% del Pil e spese massicce dello Stato per armi e soldati che non solo sottraggono risorse da usi “di mercato” ma costano trilioni di interessi finanziati da prestiti cinesi e banche private. Con pessimi risultati su occupazione in generale, bilancio, PIL, deficit e debito.

Abbiamocitato solo alcuni dei blog che commentano, o si limitano a riportare Broder. Tra gli italiani, due per tutti : finanzaonline.com che chiede pareri ai lettori senza sbilanciarsi. Mentre il complottista mentereale.com non sembra aver dubbi su un