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Vae Victis

di Fabio Falchi - 23/12/2010


Vae Victis

Secondo il filosofo tedesco Hegel, ‎”popolo, in quanto con questa parola si designa una parte speciale dei componenti d’uno Stato, significa la parte che non sa quel che vuole” (1). Osserva Erich Weil che per Hegel “il popolo può rivoltarsi e lo farà quando i suoi diritti non vengono rispettati [poiché per Hegel, come nota Weil, può accadere che la società sia malata, e ciò "avviene quando non offre a tutti e a ciascuno dei suoi componenti di riconoscersi in essa"], ma che solo il governo [vale a dire una élite, un gruppo dirigente etc. ] può essere rivoluzionario, perché solo esso è in grado di concepire le istituzioni che garantiscono al singolo – a tutti quei ‘singoli’ che formano il popolo – ciò che questi è in diritto di esigere ma che è incapace di pensare positivamente” (2). Il “popolo” cioè ha il diritto di esigere che chi ha governato contro l’interesse del Paese venga “punito”, ma sovente rischia di “premiare” chi propone una terapia peggiore del male che si dovrebbe curare. Ed è proprio quanto sta accadendo in Italia in queste settimane. Se da un lato gli “uomini “del Caimano (i Gasparri, i La Russa, gli Schifani, i Bondi e tutti gli altri “clown azzurri”) si contraddistinguono per dichiarazioni e proposte grottesche o persino ridicole – provando ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che l’Italia è forse l’unico Paese al mondo che premia i meno capaci e punisce i meritevoli – dall’altro quell’onda viola che vorrebbe travolgerli in realtà rischia di travolgere il Paese e di farlo precipitare nel baratro del terzo mondo. Non solo perché l’antiberlusconismo da bar dello sport è il miglior alleato del berlusconismo, come ormai anche i “sinistri” più sprovveduti dopo venti anni di sconfitte dovrebbero sapere, ma perché pur di abbattere il Caimano una buona parte di italiani è disposta a consegnare la corda a coloro che la useranno per impiccare gli italiani tutti (esclusi ovviamente i membri della classe dirigente, dacché per loro una via di fuga ci sarà sempre, mentre per gli altri ci sarà solo la “via crucis”, come per i greci). Se nelle piazze di Atene si manifesta contro la politica dei gangsters della finanza, in Italia invece si manifesta a favore di chi vuole “privatizzare” gli ultimi residui della nostra industria strategica e con essa quel che rimane della nostra sovranità nazionale, vale a dire che si manifesta a favore di quei gruppi di potere, che dopo avere fatto scempio dello Stato per salvare sé stessi dopo il crollo del Muro del Berlino ed aver fatto lega con le forze più retrive della Nazione, si apprestano a sferrare l’ultimo attacco non contro il Caimano, ma contro il popolo italiano, togliendo al Paese il pungiglione (l’Eni, la Finmeccanica etc.), senza il quale non vi sarebbe più alcuna possibilità di tutelare il nostro interesse nazionale, quello cioè della maggioranza degli italiani. E quanto sta accadendo in Grecia dovrebbe far capire a chiunque ciò che il futuro riserva ad un popolo che sia privo di armi con cui combattere contro quelle lobby che agiscono in base ad un disegno strategico, che mira a consolidare e rafforzare il potere dell’alta finanza e ad un tempo quello del Leviatano (anglo)americano. Sicché mai come oggi, dalla fine della Seconda guerra mondiale, occorrerebbe che alla testa del Paese vi fossero uomini capaci, consapevoli che nei “periodi d’eccezione” necessitano misure e “decisioni” eccezionali, lasciando da parte la bolsa retorica di chi afferma di voler difendere la Costituzione e si adopera per abbattere lo Stato.

Naturalmente, non si tratta di fare l’apologia del Caimano, ma di prendere atto che molti italiani hanno, come al solito, la memoria corta. Non si sono infatti già dimenticati dei Governi Amato, Ciampi, D’Alema, Prodi? E soprattutto di come hanno governato e per conto di chi hanno governato questi “galantuomini”? E non si sono scordati quanto è costata la speculazione ai danni della lira del filantropo Soros (premiato per questo dai soliti noti, all’Università di Bologna)? E non si sono dimenticati la svendita del nostro patrimonio pubblico nel corso della XIII legislatura (Prodi I, D’Alema I, D’Alema II, Amato II), dal 1996 al 2001 (3)? E chi governava il 27 giugno del 2000, quando l’Iri venne messo in liquidazione (4)? Forse che non è stato Prodi a governare il Paese dal maggio 2006 al maggio 2008 (Governo Prodi II)? E non è forse stato il Governo in cui ministro della Pubblica Istruzione era la democristiana Franca Falcucci (1983-1987) l’ultimo ad aumentare i fondi per la ricerca? Forse che la spesa pubblica in questi ultimi vent’anni non è cresciuta, indipendentemente da chi fosse al Governo, per finanziare comunità montane a livello del mare e migliaia di imprese o enti o progetti più dannosi che inutili, mentre per la ricerca si è sempre speso circa l’1% del Pil, contro il 3% della Germania e il 2% dell’Ue? Che facevano in questi anni i membri del P(artito)A(nti)B(erlusconi), oltre a prendere agli italiani con la mano sinistra quello che ancora non si era riusciti a prendere loro con la mano destra, e ad accettare un rapporto lira-euro che ha contribuito a dimezzare il potere d’acquisto della maggioranza delle famiglie italiane?E se alla fine del 2008, secondo Bankitalia (5), il 45% della ricchezza complessiva delle famiglie italiane era in mano al 10% delle famiglie, mentre circa la metà delle famiglie italiane, quelle a basso reddito, deteneva solo il 10%, chi può seriamente sostenere che il “colpevole” è soltanto il Caimano?

 

Vi è poi la questione più “delicata”, quella della politica estera, sempre più decisiva per la politica interna del nostro Paese. Certo, il Caimano ha dato, come si suol dire, un colpo al cerchio ed uno alla botte. Molte delle sue scelte (l’impegno in Iraq, in Afghanistan etc.) sono errate, dannose e addirittura assurde (considerando le reali possibilità del nostro Paese). Nessuno le dimentica. Ma qualcosa di positivo è stato fatto, perché il Caimano non si è limitato, al contrario del “bombardiere” di Belgrado, a consegnare le “chiavi dell’Italia” all’ambasciata americana, cioè a chi ha scritto che “Post ha messo in campo una vigorosa strategia diplomatica e d’affari pubblici diretta a figure chiave, interne ed esterne al Governo [italiano]” e che “Pol, PA e Econoff hanno coinvolto membri di partito, contatti nel Governo italiano, pensatoi ed anche la stampa, al fine di fornire una narrazione alternativa all’insistenza di Berlusconi che la Russia sia un paese stabile e democratico, provocato dall’Occidente. Lo sforzo sembra stia pagando. L’opposizione ha cominciato ad attaccare Berlusconi accusandolo d’aver scelto la parte sbagliata. Alcuni nel PdL hanno cominciato a rivolgersi a noi privatamente, per dirci che gradirebbero un maggiore dialogo con noi sulla questione russa, ed hanno rivelato il loro interesse a sfidare l’infatuazione di Berlusconi per Putin” (7). Parole che rivelano non solo l’arroganza di chi sa di essere il padrone di casa, pur non essendo in casa propria, ma anche la viltà e la complicità di un’intera classe dirigente che accetta supinamente di prendere ordini da chi, perlomeno dalla fine dagli anni Ottanta del secolo scorso, è presente nel Mediterraneo solo per fare i propri interessi, nonché quelli dell’entità sionista (e le parole del Caimano su Piombo Fuso sono indubbiamente vergognose, ma non più di quelle dei politici della cosiddetta “opposizione”, che non perdono occasione per lustrare le scarpe ai sionisti, come fece, ad esempio, Prodi “imbeccato” da Olmert) (8), tanto da diventare il “protettore”, con l’avallo di una Europa sempre meno europea e sempre più a stelle e strisce, di uno Stato mafioso come il Kosovo, in cui si trova la gigantesca base militare di Camp Blondsteel.

Perciò non ci si dovrebbe sorprendere che il PAB voglia buttare via il bambino, ma non l’acqua sporca, ché anzi è solo in quest’acqua che ha possibilità di sopravvivere. Finita la guerra fredda, se n’è iniziata un’altra, sebbene i popoli europei solo adesso se ne stiano accorgendo. Liquidati il socialismo reale e gran parte del Welfare State, lo tsunami liberista doveva liquidare pure ogni identità nazionale ed aprire la strada al dominio planetario del Leviatano. Ma le ragioni della geopolitica, si sono mostrate, perlomeno finora, più forti della volontà di potenza d’Oltreoceano, benché, com’è ovvio, sia necessaria una classe dirigente capace di comprenderle e di farle valere. Che invece è proprio quel che manca in Italia (e in Europa). Vi sono invece gruppi di interesse legati a doppio filo ai circoli atlantisti, i quali, ora che l’equilibrio di potere fondato sull’egemonia degli Stati Uniti è in crisi, non sembrano più disposti a tollerare i giri di valzer del Caimano. L’Italia, pur non essendo né una grande né una media potenza, ha infatti pur sempre la possibilità di fare una “politica autonoma” con le sue aziende strategiche ed è questo che si vuole impedire, portando a termine quel processo di dissoluzione della nostra sovranità nazionale iniziatosi con Mani Pulite e che finora ha trovato paradossalmente nel Caimano filoamericano un ostacolo insuperabile. Tolto di mezzo lui, rebus sic stantibus, non vi sarebbe più nulla in grado di “trattenere” quelle forze che vedono nella “privatizzazione” della nostra potenza geostrategica e di conseguenza nella totale subalternità dell’Italia agli interessi del Leviatano, il prezzo che il Paese, o meglio il popolo italiano deve pagare perché sia loro possibile continuare a difendere i propri privilegi. In queste condizioni pensare a una politica sociale che tenga conto delle esigenze dei ceti meno abbienti o più deboli, sarebbe del tutto assurdo, venendo a mancare qualsiasi prospettiva di sviluppo economico e sociale, dato che la Penisola non sarebbe altro che un “territorio” dominato dal capitale straniero. Vi sarebbe quindi ben poco da rallegrarsi per la maggioranza degli italiani, in particolare per quella metà del Paese che deve sbarcare il lunario accontentandosi del 10% della ricchezza nazionale, se del potere politico si impadronisse chi da anni si fa interprete della volontà dei Soros, dei Murdoch, dei De Benedetti, nonché delle “ragioni liberiste” del Financial Times e dell’Economist (che non perdono occasione di sparare contro l’Italia e la sua non completa sottomissione all’oligarchia finanziaria occidentale, con la scusa di criticare il “Nanopagliaccio”). Per quanto per molti sia necessario liberarsi una volta per tutte del Caimano, in politica, come in guerra, vale il principio secondo cui il nemico del mio nemico è mio amico; e se il Caimano non è il nemico del nostro nemico (il Leviatano), non è (più) nemmeno l’amico fidato del nostro nemico. In ogni caso è il nemico meno pericoloso, perché è vero che berlusconismo e antiberlusconismo simul stabunt simul cadent, ma con la differenza che se cadesse il PAB, cadrebbe pure il Caimano (a meno che non cambi “pelle”, il che pare assai improbabile) ma soprattutto si aprirebbe uno “spazio politico” veramente nuovo, al di là della obsoleta dicotomia destra versus sinistra. Mentre qualora dovesse cadere il Caimano, il PAB cadrebbe trascinandosi dietro il popolo italiano, dato che, prima di farsi la guerra tra di loro, le diverse bande che lo compongono non esiterebbero, allo scopo di guadagnarsi il favore dei potenti “alleati”, a distruggere quel poco di buono che, sia pure con mille contraddizioni e ambiguità e con tutti suoi arcinoti “problemi personali”, il Caimano ha saputo fare. Non si può però neanche escludere che il P(artito)B(erlusconiano) pensi prima di tutto a salvare sé stesso cercando un compromesso con il PAB. Del resto, l’ottimismo di questi tempi ha ben poche ragioni di essere in qualsiasi Paese, ma in particolare nel Paese dell’otto settembre permanente, in cui, dopo decenni di colonizzazione culturale, si è perfino giunti a ritenere “rivoluzionario” chi è pronto ad accogliere come “liberatori” le “guardie bianche” del capitale finanziario. Vero che parecchi dei “manifestanti (pseudo)rivoluzionari” sono certamente in buonafede, ma non è un’attenuante se è pur vero che errare è umano ma perseverare è diabolico. Nel Circo Occidentale c’è comunque posto per tutti e quindi si può immaginare che uscito di scena il “Nanopagliaccio”, che tanto fa ridere gli gnomi della “City”, dovrà esibirsi il popolo italiano. E dovrà pure pagare il biglietto. “Vae victis” dicevano i Romani, ma gli italiani pare che si siano dimenticati anche di questo.

Fabio Falchi

NOTE

1) G. W. F. Hegel, “Lineamenti di filosofia del diritto”, Laterza, Bari, 1965, § 301,

2) E Weil, “Hegel e il concetto di rivoluzione”, in “Il pensiero politico di Hegel”, (a cura di) C. Cesa, Laterza, Bari,1979, p. 96.

3) Vedi http://www.cpeurasia.eu/312/italia-in-vendita-%E2%80%93-vent%E2%80%99anni-di-privatizzazioni-in-una-relazione-della-corte-dei-conti .

4) Vedi http://www.cpeurasia.eu/933/anniversari-dimenticati-la-liquidazione-delliri ) e della politica del Governo Prodi II (maggio 2006-maggio 2008.

5) Vedi http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2010/12/20/visualizza_new.html_1648494139.html

.

6) Vedi anche http://www.cpeurasia.eu/1184/il-sogno-americano-diventa-un-incubo .

7) Vedi http://www.eurasia-rivista.org/7194/i-rapporti-italia-russia-lambasciata-usa-ed-il-declino-di-berlusconi e http://www.eurasia-rivista.org/7227/shale-gas-vs-south-stream-la-campagna-del-corsera .

8) Vedi http://www.youtube.com/watch?v=3uO_FHeHB2k.