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Democrazia o mercato?

di Paolo De Gregorio - 03/01/2011



Nella pagina “sogni e incubi” dei redattori de “il Fatto Quotidiano” molti
giornalisti esternano brevemente e i più sperano in un paese normale, dove la
destra sia destra (legalità, merito, rigore) e la sinistra faccia la sinistra
(solidarietà, uguaglianza, libertà), il tutto nel rispetto della Costituzione e
delle istituzioni.

Ma si tratta proprio di un sogno, poiché all’orizzonte non si vede nulla che
ci possa avvicinare ad un paese civile, con una sinistra e una destra
identitarie ed antagoniste, con regole severissime che vietino i monopoli
mediatici, con un servizio pubblico televisivo i cui azionisti siano i
cittadini che pagano il canone ed eleggono il presidente Rai con tutti i
poteri, scelto tra personalità assolutamente indipendenti, con una Chiesa senza
finanziamenti statali che si occupi di religione e non di politica.
Nessun partito politico chiede che vengano adottate quelle regole che
potrebbero portarci in democrazia. Nessuno chiede l’uscita dalla Nato e dalle
avventure militari, nessun partito chiede che le nostre enormi spese militari
siano abolite ed investite in istruzione e ricerca.

Le decisioni fondamentali oggi sono prese dalle forze economiche, che
esportano capitali prodotti in Italia, delocalizzano all’estero le attività
produttive per pagare meno gli operai e con questi poteri impongono contratti
tipo Pomigliano e Mirafiori, che sono dei diktat contro i quali non c’è difesa.
Nessun partito vuole affrontare questa materia, che poi è la globalizzazione,
che ci ha portato crisi finanziarie ed economiche, abnormi flussi migratori,
precarietà. Nessuno ci dice la semplice verità: la globalizzazione è un
fenomeno selvaggio dove vince chi riesce a produrre con meno costi, e molte
nazioni, come l’Italia, sono destinate al declino perché hanno perduto molti
mercati che non riconquisteranno più, nemmeno con la cura Marchionne.

Non lo dice nessuno, ma l’unica strada lungimirante è quella di uscire dalla
WTO, dal FMI, dall’Euro, bloccare i flussi di capitali verso l’estero, e
pensare ad un modello di sviluppo che metta al primo posto la nostra
autosufficienza energetica (con le rinnovabili) e l’autosufficienza alimentare
(con agricoltura tutta biologica), bloccando tutte le importazioni in questi
settori, e progettando, producendo e installando in Italia una nuova rete
energetica diffusa capillarmente su tutto il territorio.
Una riconversione energetica di questo tipo creerebbe una importante
occupazione, soprattutto se pensiamo alle esigenze di auto elettriche, con la
diffusione su tutto il territorio di distributori che siano anche unità
produttive di energia.

Se nessun partito progetta il futuro, è segno che sono tutti defunti, e
bisogna urgentemente pensare a nuovi programmi, nuovi metodi, nuove figure
politiche, nuove analisi della realtà.
Paolo De Gregorio