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E ora Thor ricomincia dal fumetto

di Errico Passaro - 04/05/2011



È ancora nelle sale il film Thor, di cui si è occupata Anna Lubrano sulle pagine del Secolo lo scorso 27 aprile. Qui e oggi ci vogliamo diffondere sul Thor fumettistico, che, al traino della pellicola, ha visto uscire storie tutte nuove e recuperare in albi antologici per collezionisti storie vecchie ormai quasi introvabili.

Oltre alla versione a fumetti del film, vorremmo segnalare, in particolare, Le ere del tuono (Panini Comics, pp. 161, € 13), con Matt Fraction ai testi e Khary Evans, Patrick Zircher. Clay Mann, Dan Brerton, Doug Braithwaite, MIke Allaed e Miguel Angel Sepulveda che si alternano alle matite, e Le fatiche di Loki (Panini Comics, pp. 96, € 11), scritto da Roberto Aguirre-Sagasa e disegnato da Sebastian Fiumara, con in appendice le bellissime copertine di Travel Foreman.
Ma, prima di parlare di queste ultime uscite, facciamo un passo indietro e seguiamo l'evoluzione del personaggio dai primordi ai giorni nostri, isolando in mezzo alle incongruenze della "continuità" narrativa alcune tappe fondamentali della storia grafica del personaggio, che ogni disegnatore e sceneggiatore riscrive secondo la sensibilità individuale e sociale del momento. Tutto comincia con Jack Kirby, che codifica il "look" del dio del Tuono e ne narra le origini: lo zoppo dottore Donald Blake sbatte in terra il suo bastone e si trasforma in Thor, esiliato da Odino sulla Terra per scontare i suoi peccati di superbia e chiamato all'azione contro spie sovietiche e invasioni aliene. Kirby, considerato il "re" dei fumetti, trova nell'inchiostratore Vince Colletta il suo partner ideale e da vita ad una memorabile serie di avventure mitologiche, fra cui ci piace citare, alla rinfusa, "Le origini del dottor Blake", "Non più dio del tuono", "I generatori di vita", "Un dio guerriero", "Cade il potente", "Esito incerto", "Anche nella morte". Secondo alcuni, però, la versione definitiva di Thor si deve a Walt Simonson: nel volume Il potere del tuono, troviamo perfezionati caratteri, ambientazioni e costumi del protagonista e dei suoi comprimari. Imperfetto nelle forme e nelle ombreggiature, ma assai espressivo, è il Thor di Jim Starlin ne La morte di Capitan Marvel. Inguardabile l'armatura indossata d'oro e acciaio indossata da Thor nella parentesi di Solo contro i celestiali di Tom de Falco e Ron Frenz. Apprezzato, anche se non incontra il nostro gusto personale, è il biondo dio rivisitato da Dan Jurgens nella serie Il mitico Thor: meglio nell'interpretazione di Stuart Immonen, più classica, che in quella smargiassa di John Romita jr. Un salto, e siamo al Thor di Kurt Busiek e Alex Ross in Marvels, visto per la prima volta con l'ottica dell'uomo della strada: appena una comparsata al fianco dei Vendicatori, ma di grande effetto, grazie allo stile pittorico di Ross. Stile pittorico di realismo quasi fotografico anche per il Thor della storia Loki, con Robert Rodi a soggetto/sceneggiatura e Esad Ribic al tratteggio/china/colore. Troviamo un Thor più roccioso e ombroso del solito nella storia Prometeo di Latveria, in cui il dio incrocia i suoi colpi con l'arcinemico per eccellenza dell'universo Marvel, il dottor Destino. Alan Davis disegna un eroe più muscolato e cinetico che mai nell'incrocio egizi-vichinghi de La verità storica. Attento all'esattezza filologica degli scenari leggendari è il Marko Diurdevic di Padri e figli, con Thor che indossa un'inedita cotta di maglia. Con le parole di Akira Yoshida e le immagini di Greg Tocchini facciamo un tuffo nell'adolescenza di un dio-guerriero imberbe, quello di Thor figlio di Asgard. Addirittura un Thor trasformato in donna da una maledizione di Odino in Terra X di Alex Ross riserva a sé e Jim Krueger la storia e cede i disegni a John Paul Leon, che non sfigura nel confronto
E veniamo all'oggi. Thor è uno dei personaggi della Casa delle Idee che meno ha risentito del passare del tempo. Sarà per questa sua appartenenza alla dimensione atemporale della mitologia, ma anche ne Le ere del tuono, in cui si ritira dalla pugna come un novello Achille, e ne Le fatiche di Loki, in cui smaschera l'ennesima inganno del fratellastro Loki, troviamo le caratteristiche immutabili che ne hanno fatto uno dei personaggi più amati dell'universo creato da Stan Lee. Sul piano formale, il tono aulico delle didascalie e il linguaggio sostenuto delle "nuvolette", ricco di arcaismi e punti esclamativi, degno delle più cupe saghe norrene («Thor, il latore del tuono, il dispensatore del lampo. Thor, che parla con fremiti di guerra. Thor, che non conosce paura») e la magnificenza delle tavole, su cui ci si deve soffermare (o tornare) per cogliere tutti i dettagli: una figura sfumata in secondo piano, che in un primo momento non si era notato; i giochi di luce e le sfumature di colore; la tensione dei muscoli ben definiti, che si flettono nello sforzo di sollevare immani pesi e si tendono nel gesto guerriero, ricordando il plastico dinamismo di certi gruppi marmorei della classicità greco-romana; i tagli delle vignette, mai scontati; le angolazioni inconsuete, quasi cinematografiche, da cui la scena viene idealmente ripresa; gli effetti prospettici, con cui le figure sembrano a tratti fuoriuscire dalla pagina; le pose di volo, le deflagrazioni di energia dal martello Mjolnir e gli altri attributi di potere del dio. Se proprio una novità c'è, almeno ne Le ere del tuono, è quella di un Thor più cupo e sanguinario, ritratto in situazioni più assimilabili all'horror che alla fantasia eroica, barbarico al punto tale che in certe immagini ricorda le pose di Conan. A questo proposito, vale la pena sottolineare che il raffronto tra fumetto e film è ancor più improponibile del paragone fra un romanzo e la sua trasposizione cinematografica: in un fumetto i tratti del personaggio sono già delineati, mentre nel romanzo ognuno può figurarseli nella propria immaginazione secondo sensibilità. Ciò che al cinema appare ridicolo ed enfatico, retorico, ridondante - le magniloquenti battute di dialogo, i costumi sgargianti, le coreografie di battaglia - nel fumetto appare del tutto verosimile, accettabile ed anzi necessario e connaturato alla sintassi visiva del "medium". «Nelle attuali serie di comics del gruppo Marvel organizzato da Stan Lee,…l'inveramento scientifico coesiste rispetto alla favola, alla mitologia, alla magia nera, alla storia, alla cronaca, alla citazione letteraria. Qui cade ogni discriminante di genere: al dio Thor si addice tanto il possesso dell'astronave planetaria quanto il controllo sulla potenza fisica e metafisica del suo corpo», scrive Alberto Abruzzese nel suo La grande scimmia.
Sul piano dei contenuti, si fa notare l'insegnamento etico dei valori dell'amicizia (il senso di comunione con l'iroso padre Odino, il prode Balder, il buffo Volstagg; l'elegante Fandral, il torvo Hogun; la bella Sif; l'attento Heimdall), dell'umiltà (il percorso iniziatico alla rovescia, dall'arrogante potenza e prepotenza del dio alla modestia che il nume apprende in mezzo all'umanità) e soprattutto della sincerità. Emblematica, in questo senso, la contrapposizione eterna a Loki, "il figlio dei segreti, il combinaguai, lo scaltro, l'ingannatore…il mutaforma, il maledetto"…tanti epiteti per designare il Male, l'antagonista necessario affinché il protagonista domini la scena, a volte ritratto nello splendore di un Satana, altre somigliante più ad un Giuda evangelico o ad un Gollum tolkieniano. I fumetti, e, in particolare, quelli superoistici, non sono più soltanto una lettura da adolescenti, anzi, è più facile vedere in fumetteria persone adulte che minorenni. Parte di questi appassionati sono ex-adolescenti che hanno conservato la loro antica passione; ma molti sono nuovi cultori del genere che hanno scoperto, anche con fumetti come Thor, che il fumetto è un'arte a tutti gli effetti, e non una delle ultime.