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I parassiti di partito

di Giovanni Petrosillo - 14/06/2011


Passato il referendum comincia la festa dei parassiti. Ci sarebbe poco da stare allegri ma è inutile spiegarlo ai “picchietti” di sinistra i quali sono convinti che colpendo la mosca senza testa di Arcore bandiera rossa insetticida la trionferà. Ma questa è entomologia e non politica, nonostante l’Italia sia divenuta un vero e proprio verminaio.

I vari Vendola, Bersani e Di Pietro che oggi si autocelebrano come le ali del mutamento avranno presto una brutta sorpresa perché a stimolare troppo il basso ventre del vespaio si può finire coperti di escrementi. Lo sciame impazzito dei senza partito travolgerà anche loro alla prima occasione, soprattutto quando non saranno più opposizione e si troveranno a governare il caos che stanno creando. Dietro di loro ci sono i soliti calabroni dei poteri forti che non piacciono ai giovani ronzanti dell’antipolitica.

Faccio una previsione, se vincono le prossime elezioni dureranno un giorno come le farfalle. Nel frattempo a destra si chiedono per quale recondita ragione ultimamente finiscono stecchiti al pari delle zanzare ad ogni chiamata alle urne. Domanda retorica se ti fai attirare dal neon incandescente degli umori della pubblica opinione, laddove poco innanzi avevi perorata la necessità di una svolta non conforme, politically uncorrect ed antiparassitaria verso le sanguisughe di Stato. Gli analisti di destra pensano che sia solo un problema di comunicazione. Ma va là. I classici richiami per elettori abituati ad essere attirati in trappola ovviamente non funzionano quando devi rompere le gabbie di convinzioni consolidate e i sempiterni luoghi comuni del favo. Ci vuole ben altro.

Se inizi a fare la calendula sgargiante per attirare le api ma poi sul più bello ti richiudi su te stessa, queste si allontanano e si rivolgono ad altri fiori, che siano moderate o meno. Il governo e la maggioranza non sono in grado di vendere il loro miele agli elettori perché la merce è cattiva. Non è un fatto di prezzi e di pubblicità. Se ti presenti sul mercato come fabbricante di cambiamenti e di prospettive e poi rifili ai compratori qualcosa di indefinito, di cattivo gusto o di rancido spacciandolo per l’ultimo ritrovato della dolce scienza politica sei un truffatore e meriti di essere schiacciato. Costoro hanno fallito su tutta la linea (interna e soprattutto internazionale) e tentano adesso di rifondare la colonia senza averne gli indispensabili capitali di credibilità. E non basta certo mettere il partito su un Alfano qualsiasi per riprendere le "correnti", innanzitutto perché nemmeno questo sembra un gran svolazzatore (la maniera in cui ha gestito il suo lodo è stata una picchiata rovinosa sul terreno politico ed istituzionale) secondo perché costui è stato scelto più per le doti che non ha che per quelle riconosciutegli apertamente.

In politica quando qualcuno ti batte sulla spalla affettuosamente non ti ama ma sta prendendo le misure per le future percosse. Egli è stato investito dal Pdl per motivazioni diverse ma collimanti. A B. serviva il meno infido del suo entourage, agli altri invece occorreva quello con meno possibilità di spiccare il volo. Ovvero Alfano non è una camola che roderà dal di dentro la leadership berlusconiana, ma non è nemmeno un ragno che saprà tessere autonomamente la sua tela. Sta lì come un bozzolo che dà l’idea di una presenza in un clima di assoluta staticità. Prima che avvenga la sua metamorfosi sarà divorato da predatori ben più voraci e combattivi. Questa è dunque la verminosa situazione a destra e a sinistra. Se il popolo italiano non vuol fare la fine dei lombrichi è meglio che smetta di strisciare e si rialzi sulle gambe. Pur essendo invasi dagli insetti questo non è tempo per dare credito ai vermi.