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Calciamo via tarallucci e vino

di Massimo Fini - 28/06/2006

Dio non voglia che l’Italia

vinca i Mondiali.

Perché l’euforia nazionale

e collettiva che ne seguirebbe,

oltre a provocare una

rimozione psicologica, forse

anche comprensibile e umana,

ma non per questo meno deleteria,

dell’enorme marciume che

è saltato fuori in questi mesi

che ha coinvolto tutti i settori

del nostro calcio, darebbe fiato

a chi già da ora pensa al solito

colpo di spugna, sportivo

penale. È bastata una vittoria

sul modestissimo Ghana (che

ha un solo elemento di valore

internazionale, Essien, e due

buoni giocatori, Appiah e Kuffour,

il resto è zero) perché

deputato di Forza Italia, Maurizio

Paniz, Presidente dello

"Juventus Club Montecitorio",

ardisse evocare un provvedimento

di clemenza: «Se vincessimo

bisognerebbe valutare

sarà opportuna o meno un’amnistia

nel mondo del calcio

Anche un esponente di Alleanza

nazionale, e non un peone del

Parlamento, ma il capogruppo

alla Camera, Ignazio La Russa,

si è dimostrato possibilista:

«Aspettiamo di vincere e poi ne

parliamo. Certamente le amnistie

sono provvedimenti eccezionali

che si concedono solo

dopo il verificarsi di fatti altrettanto

straordinari. E la vittoria

di un Campionato del mondo

uno di questi». Insomma, la vittoria

in un torneo "du frubal"

va messa,

(…) per Ignazio La Russa, sullo

stesso piano della guerra civile

che insanguinò l’Italia fra il

‘43 e il ‘46 e che diede luogo

all’amnistia dell’allora Guardasigilli,

Palmiro Togliatti,

«per pacificare la nazione».

L’Italia è il Paese degli "eventi

eccezionali" e delle "pacificazioni

nazionali". Anche di Tangentopoli

si disse che era un

evento eccezionale e che quindi

necessitava di una pacificazione

nazionale, cioè i cittadini

onesti dovevano pacificarsi con

coloro che li avevano derubati.

E il neoministro della Giustizia,

Clemente Mastella, proponendo,

appena insediato, un’amnistia

e un indulto, ha richiamato

una sorta di pacificazione

nazionale fra quelli che stanno

in galera, si suppone per qualche

buon motivo, e chi ne è fuori.

A parte l’ovvio "no" del

ministro dello Sport, Giovanna

Melandri, le spudorate avances

di Paniz e La Russa (un classico

"ballon d’essai") hanno

suscitato reazioni tutto sommato

deboli nel mondo politico,

fra pochi parlamentari, guarda

caso, romanisti. I più sono

rimasti zitti. E certamente

un’amnistia, dietro il paravento

di una vittoria o di un buon

comportamento ai Mondiali,

oltre a togliere dalle peste alcuni

personaggi inguardabili, salverebbe.

impedendo a importanti

club come la Juventus, il

Milan, la Fiorentina e altri di

finire in B o in C, gli enormi

interessi, economici, televisivi,

politici, che ruotano intorno al

mondo del calcio e che, però,

sono proprio all’origine, ben al

di là del "caso Moggi", della

sua degenerazione, dello svuotamento

dei suoi contenuti

ideali, identitari, rituali, simbolici,

mitici, a favore esclusivamente

dello "Show & business".

Ma se dopo aver dimostrato,

con l’affossamento e la delegittimazione

di "Mani Pulite" e il

varo di norme "ad hoc", di non

essere in grado di richiamare

la classe dirigente, politica e

imprenditoriale, al rispetto della

legge, non fossimo nemmeno

capaci di far pulizia nel mondo

del pallone, vorrebbe proprio

dire che il nostro è, definitivamente,

il Paese dei "tarallucci

e vino", che non ha nessuna

possibilità di rinascita, non

solo etica, ma anche economica.

E che la sua presenza nell’Unione

europea è più inquietante

dell’ingresso della Turchia.