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Israele e la guerra all'Iran: «L’intervento? Non è questione di se, ma di quando»

di Umberto De Giovannangeli - 03/01/2012


Quei missili possono raggiungere i Paesi del Golfo alleati degli americani e le unità navali in pattugliamento nello Stretto di Hormuz dove transita un terzo dei rifornimenti mondiali di petrolio. Quei missili a lungo raggio sono la nuova sfida lanciata da Teheran a Usa e Israele. Dopo aver lanciato l’altro ieri un missile a medio raggio, implicita risposta alle ulteriori sanzioni adottate dagli Stati Uniti contro il suo controverso programma nucleare, l'Iran ha effettuato ieri «con successo» il lancio di prova di un missile balistico a lungo raggio nel corso delle esercitazioni navali che sta compiendo nel Golfo Persico.
«Abbiamo lanciato un missile a lunga gittata costa-mare denominato Qader (la cui precedente versione aveva un raggio d'azione di 200 chilometri), che è riuscito a distruggere bersagli predeterminati nel Golfo», scrive l'agenzia iraniana Irna citando il vice comandante della Marina Mahmoud Mousavi. Poche ore prima l’ammiraglio Mousavi aveva annunciato il lancio di prova del Qader (Capace) e di un altro missile balistico a lungo raggio, il Nour. Il collaudo era già stato annunciato e poi smentito due giorni fa. Teheran aveva preannunciato un nuovo doppio test missilistico nel Golfo Persico per ieri. «Il missile "ideato e costruito" in Iran ha spiegato ancora il portavoce delle manovre navali è dotato della più recente tecnologia volta a colpire obiettivi “invisibili” e sistemi intelligenti che provano a interromperne la traiettoria».
Le manovre navali – nome in codice «Velayat 90» si concluderanno oggi, ha aggiunto Mousavi, con un'esercitazione destinata a testare la capacità iraniana di chiudere lo Stretto: «Gran parte delle nostre unità navali si posizionerà in modo tale da rendere impossibile, se Teheran lo riterrà necessario, il transito a qualunque nave». Gli Usa hanno già definito «irrazionale» un'ipotesi di questo genere la cui attuazione, hanno minacciato, «non sarà tollerata». La seconda sfida iraniana è stata resa nota dall'Agenzia iraniana dell'energia atomica che ha comunicato di aver «introdotto nel cuore del reattore di ricerca nucleare di Teheran per verificarne il buon funzionamento» una barra di combustibile nucleare per la prima volta prodotto in Iran. Il test «ha avuto successo».
«Il punto non è più “se” ma “quando” partirà l’attacco. Il conto alla rovescia è iniziato...». La fonte israeliana è di quelle che pesano negli ambienti politici e militari dello Stato ebraico. Con la garanzia dell’anonimato, a l’Unità rivela anche che «gli Usa sono entrati nell’ottica di idee che occorre coordinare con noi tempi, modalità e “paletti” di una operazione che ormai si ritiene inevitabile». 2012: l’anno della resa dei conti con Teheran. I piani di attacco sono già da tempo definiti. Si tratta «solo» di avere la luce verde. Una scelta politica che, rimarca la fonte a Tel Aviv, «Israele intende condividere oltre che con gli Usa, con la Nato, la Francia, la Gran Bretagna, l’Italia, l’Olanda che dovrebbero partecipare, direttamente o indirettamente all’operazione israeliana». Più interlocutorie sono le prese di posizione ufficiali: «Abbiamo letto le notizie delle esercitazioni operate dagli iraniani nello Stretto di Hormuz, compreso il lancio di alcuni missili. A mio modo di vedere – dichiara il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak ciò riflette innanzitutto le difficoltà dell'Iran per l’inasprimento delle sanzioni economiche, comprese le recenti decisioni applicate sull'export di petrolio e la possibilità di applicare sanzioni contro la banca centrale. Dubito – aggiunge Barak che l'Iran possa permettersi di considerare seriamente di chiudere lo Stretto di Hormuz, anche in uno scenario di sanzioni più aspre. Con una mossa del genere, Teheran si metterebbe contro l’intero pianeta».
Fuori dall’ufficialità, Israele si prepara all’attacco. Con l’attivo assenso di Washington. «Se dobbiamo farlo lo faremo», si è lasciato andare, con i suoi più stretti collaboratori, il segretario alla Difesa Usa, Leon Panetta. In attesa, l’industria militare americana fa affari nel Golfo Persico. Primo colpo: Boeing ha concluso un'intesa con il governo saudita per la vendita di 84 cacciabombardieri F-15SA, un contratto del valore tra 29 e 30 miliardi di dollari. La notizia, riportata dal blog dell'autorevole rivista di settore Flight International, è stata confermata alle agenzie di stampa Usa da fonti del Dipartimento di Stato. L'affare ha un importante significato politico perché gli F-15 sono in grado di attaccare l'Iran. Secondo colpo: gli Usa hanno venduto agli Emirati un sistema anti-missile per 3,5 miliardi di dollari. Ed è solo l’inizio.