Sto dove sto
di Giuseppe Gorlani - 25/01/2012
Guardo su in alto il cielo grigio, oltre l’intreccio dei pruni e i nidi delle gazze. È un giorno come un altro, un giorno qualsiasi, ma proprio per questo un giorno mirabile. Non cerco nulla di nuovo. Leggo e alimento la stufa che borbotta. Guardo nel cielo nudo e gioisco di nulla. Invano si affannano gli ignoranti, alla ricerca di mete futili e impermanenti.
«Perché quest’inane sforzo dietro a inutili cose, e a levarsi e a giacere?»*
Non pensano alla vacuità che inevitabilmente li travolge e così si aggrappano a brandelli di vaneggiamenti, sbranandosi a vicenda. Non vedono l’adito sul significato ultimo; cercano lontano quel che non si può cercare e tale affannoso e cieco moto chiamano “vita”.
Con lo sguardo fisso nel cielo grigio, mentre i passeri frullano tra i sambuchi, sto dove sto. Allo stesso modo stanno gli alberi, i cespugli, le siepi, le belle pietre grigie nell’erba e il gheppio che si precipita sul topo. Il vuoto-colmo goccia amrita dilatando echi nel Silenzio. Sto dove sto, in perenne omaggio al Cigno Supremo.
* Abhinavagupta, “Luce dei Tantra”, Mi 1999.