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1961-1971: la Guerra chimica sul Vietnam

di Federico Dal Cortivo - 24/08/2012

Fonte: europeanphoenix

1961-1971-Guerra chimica sul Vietnam: 2012- Gli Stati Uniti finanziano opera di bonifica dell’”Agente Arancione”. Le conseguenze sui civili vietnamiti e sui veterani statunitensi



Era il 30 aprile del 1975 quando le forze vietnamite del Nord entrarono in Saigon. Dopo dieci anni di guerra la superpotenza statunitense doveva abbandonare il suolo del Vietnam in cui era arrivata dopo i francesi nella speranza di occuparvi il posto. Un piccolo popolo, ma determinato, era riuscito a vincere contro forze numericamente e tecnologicamente superiori, mentre l’America sprofondava nella  sconfitta. “La necessità delle truppe da combattimento comuniste erano minime. A differenza degli eserciti americano e sudvietnamita, esse non disponevano di aerei, mezzi corazzati o artiglieria e di conseguenza non avevano bisogno di carburante, parti di ricambio e granate, per non parlare della birra, schiuma da barba, del talco e degli altri generi di lusso. Per sostenere la loro offensiva nel Sud, nordvietnamiti e il Vietcong non avevano bisogno di più di quindici tonnellate di rifornimenti giornalieri dal Nord. A quell’epoca l’Unione Sovietica e la Cina fornivano al Vietnam del Nord circa seimila tonnellate al giorno in aiuti(1).”

Ma le ferite lasciate dagli Stati Uniti non si limitarono ai morti, feriti, invalidi in gran numero tra combattenti e civili; nel terreno e nell’acqua fu lasciato in eredità un potente veleno chimico, il famoso “Agente Arancione”, dal nome delle strisce colorate che ne indicavano il contenuto sui fusti che lo contenevano, un potente defoliante, che doveva servire a distruggere le grandi foreste che fungevano da rifugio e nascondiglio per i Vietcong e i soldati del Nord Viet Nam.

Ora a distanza di 37 anni dalla fine della guerra, Washington ha deciso di contribuire con il governo del Vietnam a ripulire l’area inquinata attorno all’aeroporto internazionale di Da Nang, la più  importante base delle forze statunitensi nel Vietnam del Sud all’epoca della guerra. David Shear, ambasciatore Usa, ha descritto l’operazione come una “pietra miliare” nei rapporti tra i due Stati, scrive la CNN. La bonifica, che è una prima ammissione, sia pur tardiva, di colpa per l’uso indiscriminato di armi chimiche, avverrà sotto la supervisione dell’Us Agency for International Development e il Ministero della Difesa Vietnamita e costerà 43 milioni di $ per una durata di circa tre –quattro anni e che ridurrà il livello di inquinamento in 73 mila metri cubi di terra.

Un piccolo velo di verità si è alzato su quello che può benissimo essere considerato l’impiego più vasto di armi chimiche nella storia delle guerre; si calcola che circa 80 milioni di agenti chimici, tra Agente Arancione 45 milioni di litri-Agente Blu (usato per distruggere i raccolti) e Agente Bianco (altro defoliante), furono dispersi sul 20% della giungla Sud Vietnamita, di cui il 36% su foreste di mangrovia, per un totale di 2,5 milioni di ettari.


La pretesa dei vertici militari di allora era quella di impedire, grazie all’uso massiccio della tecnologia e dell’apparato militare e logistico più grande al mondo, che le forze della guerriglia potessero usare le vaste aree coperte da foreste impenetrabili per muoversi e combattere. Si pensò così allora di utilizzare allo scopo, visti gli insuccessi dei bombardamenti, delle azioni di pattugliamento che costavano un alto tributo di sangue, del fuoco dell’artiglieria, di ricorrere alla guerra chimica su vasta scala. Si diede il via all’”Operazione Ranch Hand” nel 1961, dopo una richiesta pervenuta dal Presidente Sud Vietnamita Diem, che trovò definitiva approvazione da parte del Presidente Kennedy nel novembre dello stesso anno con delle limitazioni, che ben presto però furono abbondantemente superate, colpendo indiscriminatamente giungla e raccolti, civili e non.

Sugli aerei, solitamente bimotori C-123, vi erano equipaggi selezionati di soli scapoli, che vestivano a volte anche abiti civili così da evitare in caso di cattura qualsiasi esposizione a livello internazionale del governo degli Stati Uniti. All’inizio le azioni erano sotto il controllo dell’Esercito Sud Vietnamita, ma poi passò rapidamente sotto la supervisione Usa (2). E così, giorno dopo giorno, s’intensificarono le azioni su vaste aree del Paese nell’illusione che i defolianti potessero impedire alla guerriglia di operare ed essere rifornita attraverso il famoso sentiero di Ho Chi Minh. Del resto il motto dell’Operazione Ranch Hand era eloquente: “Solamente noi possiamo fermare la foresta”, e di conseguenza i guerriglieri. L’uso di questo diserbante continuò ufficialmente fino al 1971, ma è lecito credere che le azioni siano proseguite anche dopo, incuranti della famosa quando inutile “opinione pubblica” più che mai manipolabile; del resto quale organismo internazionale, che fosse l’Onu o altro, ha mai potuto ostacolare gli Stati Uniti quando hanno deciso l’utilizzo di armi distruttive di massa? Come vedremo l’Agente Arancione può benissimo essere considerato tale per i devastanti effetti nel breve, medio e lungo periodo sull’uomo. Washington aggirò tranquillamente sia la Convenzione dell’Aja del 1907, sia il Protocollo di Ginevra del 1925, affermando che quest’ultimo non poteva essere applicato in quanto non contemplava gli erbicidi, anche se nel 1969 l’Onu adottò timidamente una risoluzione che affermava la validità del Protocollo. Soltanto nel 1969 uno studio dell’Istituto Nazionale sul Cancro rivelerà negli Stati Uniti che la diossina provoca tumori e deformazioni genetiche sugli animali in laboratorio…(2)

E le conseguenze sull’uomo iniziarono a manifestarsi, mentre le ricadute in campo militari furono ininfluenti sia sotto il profilo tattico, che strategico, perché la guerriglia continuò incessante fino alla vittoria e la giungla in breve tempo riprese possesso del terreno.

La pericolosità dell’Agente Arancione è data soprattutto dalla presenza di diossina, forse una delle sostanze più tossiche mai prodotte dall’uomo. “Secondo il dottor Barry Commoner, direttore del Centro per la biologia dei sistemi naturali dell’Universi di Washington ed ecologista, basterebbero 85 grammi di diossina immessi nella rete idrica di New York per uccidere tutta la popolazione della città”. E sul Vietnam ne furono sganciati insieme al defoliante non meno di 170 chilogrammi (3).

L’avvelenamento non colpì soltanto il terreno, ma anche gli animali e l’uomo, entrò nel sottosuolo, inquinandolo, e contaminò la catena alimentare della popolazione vietnamita. Ma furono colpiti anche i soldati statunitensi che fecero la conoscenza con l’Agente Arancione spesso dopo essere tornati in Patria a fine servizio o a distanza di anni dalla fine della Guerra.

I pattugliamenti nella giungla distrutta furono letali, perché i reparti di fanteria si muovevano senza alcuna precauzione su di un terreno avvelenato, inspirando la diossina che era presente nel fogliame rinsecchito e sul terreno polveroso.

Nel suo documentassimo libro “Agente Arancione-I danni collaterali in Vietnam” di Philip Jones Griffiths l’autore, grazie alla documentazione raccolta durante il periodo trascorso in Vietnam in un arco di tempo di venti anni a partire dal 1980, ha testimoniato le conseguenze della diossina sui civili. “In Vietnam nascono bambini deformi perché la diossina agisce come un ormone, arriva al feto prima degli ormoni normali e i risultati sono mostruosi, con decine di migliaia di nati deformi e un numero ancora maggiore di aborti spontanei”. “I parti diventano delle specie di roulette russe, una madre un giorno mi disse che era talmente terrorizzati di quello che aveva visto attorno a se, che non appena nacque suo figlio chiese subito se aveva le braccia e le gambe” (4).


La diossina è in grado di uccidere mammiferi e pesci appena nati, con meno di due millesimi di grammo si uccide un topo, e la sua tossicità è tale che può passare attraverso le vie aeree e la pelle con contatto diretto o la bocca.

In Vietnam li chiamano anche “ morti viventi” e sono coloro che hanno patito le conseguenze della guerra chimica, mentre i medici vietnamiti si pongono delle domande sulle conseguenze che si avranno ancora in futuro per altre generazioni. Un grido di allarme era già stato lanciato nel 1970 dal professor Ton That Tung, che aveva segnalato durante una conferenza scientifica in Francia, come nelle zone irrorate del Sud Vietnam fossero aumentati i casi di cancro al fegato, preconizzando che la diossina avrebbe avuto conseguenze sul sistema riproduttivo. (3) Tutte cose che poi si sono puntualmente avverate. Il Dipartimento dei Veterani Usa fornisce dati sull’immane strage avvenuta: la Croce Rossa vietnamita riferisce che circa 3 milioni di persone sono state colpite, con 150 mila bambini nati deformi, mentre per il Ministero degli Affari Esteri sono state 4,8 milioni le persone esposte, con 400 mila morti e 500 mila nati malformati. Sono cifre spaventose anche per difetto.


Gli invasori di allora hanno avuto il loro conto da pagare, come dicevamo, e il tributo in morti, figli malformati e gravidanze interrotte hanno costellato l’esistenza di molti reduci americani e delle loro famiglie. L’American Cancer Society ha calcolato che furono quasi 3 milioni i cittadini statunitensi che prestarono servizio del Sud Est asiatico, tra gli anni ‘60 e ‘70 e quasi 1,5 milioni erano in servizio durante il periodo di maggior uso di diserbanti-1967-69. I veterani che ritornavano a casa, iniziarono a manifestare i primi sintomi da intossicazione, che era avvenuta attraverso l’aria, la pelle, gli occhi, ferite e il cibo. Anche i marinai delle navi che trasportavano il veleno furono colpiti (5). La maggio parte delle operazioni –Hand Operation Ranch- sono state compiute con aerei e elicotteri, ma anche con camion e mezzi navali e finanche con spruzzatori portatili. Anche coloro che erano adibiti al rifornimento dei mezzi per l’irrorazione furono esposti all’Agente Arancione. Il Dipartimento per i Veterani degli Stati Uniti ha elencato tutta una serie di patologie dovute a questa esposizione che comprende principalmente i tumori alle vie respiratorie, ma le pressioni esercitate a livello governativo sono sempre state forti per impedire che si arrivasse alla piena condanna di una guerra chimica combattuta e mai dichiarata e al pieno risarcimento delle vittime militari. L’American Cancer Society –www-cancer.org, non si sbilancia troppo sui legami tra le forme tumorali ed esposizione all’Agente Arancione, adducendo il fatto che “se ora ci sono un po’ più di prove sugli effetti sulla salute dell’Agent Orange, molte domande non hanno ancora avuto risposta”. Forse bisognerebbe indagare su che genere di pressioni politiche siano state esercitate per far emettere simili giudizi, troppo pacati, troppo blandi, che ricordano tanto quelli sugli effetti dell’Uranio Impoverito della Commissione Mandelli in Italia, che servono solo a minimizzare le conseguenze nel tempo di armamenti o simili, che poi si sono ritorte contro chi li ha usati. Un’azione legale collettiva è stata presentata nel 1979 contro i produttori di erbicidi e nel 1984 i giudici hanno stabilito che fosse istituito un Fondo di 200 milioni di $ per i veterani, nel 1991 il Congresso degli Stati Uniti promulga l’Agent Orange Act, un primo piccolo passo a favore dei veterani che possono richiedere dei risarcimenti e trattamenti sanitari se è riscontrata una correlazione tra servizio in zone inquinate e malattie, mentre gli aggiornamenti proseguono sulle patologie più diverse a mano a mano che si manifestano. Nel 2010 il Dipartimento dei Veterani aveva quantificato in 200 mila le domande che sarebbero arrivate nei successivi due anni, per richiedere risarcimenti a mano a mano che l’elenco delle patologie cresceva. Il Pentagono tuttora è restio a venire incontro alle esigenze dei reduci ed ammettere l’uso di sostanze chimiche, perché ciò equivarrebbe a dire esplicitamente che gli Stati Uniti hanno condotto azioni di guerra chimica. Proprio in questi ultimi mesi è scoppiato il caso Okinawa, isola giapponese sede dalla fine della Seconda Guerra Mondiale di importanti installazioni militari Usa. Il soldato in congedo Larry Carlson, che oggi ha 67 anni, in un’intervista ha dichiarato che durante il suo servizio nella base di Kadema dell’Us Air Force ha visto che numerosi fusti di diserbanti sono stati scaricati nell’isola attraverso il porto di Naha e poi il veleno è stato anche spruzzato nei pressi della base aerea. Sempre Carlson sostiene, supportato da altri cinque commilitoni, che l’Agente Arancione è stato stoccato a Okinawa per poi essere trasferito in Viet Nam.


Joe Sipala, nella foto ritratto mentre in moto passa accanto a barili di erbicida, ex meccanico dell’Us Air Force, dice di aver spruzzato regolarmente il defoliante. Ora anche lui come molti altri soffrono di patologie collegate a tale uso. Carlson è l’unico militare che ha avuto un riconoscimento e benefici da parte dell’Us Departement of Veterans Affairs, ma secondo l’ex militare sono molti altri quelli che sono stati contaminati e li ha esortati a non arrendersi di fronte al muro di gomma eretto dal Pentagono.(6) Lo stesso impenetrabile muro che copre la cosiddetta “Sindrome del Golfo” che ha colpito i reduci delle due guerra contro l’Iraq, a dimostrazione che gli interessi delle lobby degli armamenti, della chimica e di chi guida la politica statunitense vengono prima dei loro stessi soldati, pedine spendibile nella grande scacchiera mondiale.

NOTE

(1) Storia della Guerra del Vietnam di S. Karnow

(2) Nam-Ed. De Agostini

(3) www.italia-vietnam.it

(4) Agente Orange: “Collateral Damage” in VietNam di Philip Jones Griffiths

(5) Lawyer for warriors

(6) Nation of Change.org