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Siria. Onu e Nato alzano il tiro

di Alessia Lai - 11/10/2012

Fonte: lintellettualedissidente




È nota da tempo la vera natura dell’Onu: stampella delle guerre imperialiste dell’Occidente “democratico” e paravento dietro al quale nascondere le sue politiche neocoloniali.
Un ruolo che il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, sembra tenere a ribadire. Ieri, il politico sudcoreano ha chiesto al governo siriano guidato dal presidente Bashar al Assad di dichiarare un cessate il fuoco unilaterale, senza dare il minimo peso agli attentati terroristici che praticamente ogni giorno seminano la morte fin nella capitale Damasco. Spariscono i gruppi di integralisti, le bande salafite, le armi saudite (lo ha “rivelato” ieri la Bbc), l’addestramento turco. Spariscono, nel vero senso del termine, i cristiani, in fuga dalle rappresaglie delle bande integraliste. Spariscono i militari dell’esercito regolare sgozzati come capretti, i bambini dilaniati dagli attentati kamikaze. Ban non li vede, più probabilmente non gli interessano. Come non interessano al braccio armato dell’Occidente, la Nato, che dopo aver più volte insistito negli ultimi mesi sulla volontà di non intervenire nella crisi auspicando una soluzione politica, sembra stia iniziando a cambiare registro. Le pressioni turche stanno ottenendo degli effetti: ieri, intervenendo davanti ai ministri della Difesa della Nato, il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, ha avvertito che l’Alleanza atlantica ha messo a punto “tutti i piani necessari per proteggere e difendere la Turchia, se sarà necessario”. Anche qui visione unilaterale, con la Turchia vittima dei bombardamenti siriani.
Bombardamenti che in realtà sono sporadici colpi di mortaio, difficilmente esplosi dall’esercito regolare. Ma tant’è, dopo il fallimento del primo pretesto, quello del caccia abbattuto dalla contraerea siriana qualche tempo fa, arriva l’innalzamento della tensione al confine. Dopo mesi di provocazioni turche e di aiuto fornito dal governo dell’Akp ai miliziani antigovernativi, ospitati in basi oltreconfine e qui addestrati. L’ultima sfida è stata la visita del leader dell’opposizione estera finanziata dall’Occidente, il Consiglio nazionale siriano, Abdel Basat Saida, in territorio siriano. Secondo quanto riportato dal quotidiano al Quds al Arabi, Saida ha visitato l’area vicino al confine con la Turchia, Paese dal quale ovviamente è arrivato. Questo mentre dall’altra parte del confine il capo di stato maggiore delle forze armate turche, generale Necdet Ozel, si racava alla frontiera con la Siria per ispezionare le truppe dispiegate dopo i recenti incidenti e mentre Ankara inviava altri 25 aerei da combattimento F-16 nella base di Diyarbakir, nel sud del Paese. L’impressione è che la Turchia voglia tentare di forzare la mano all’Occidente, un po’ come Israele sta facendo sulla questione del nucleare iraniano. Se le tensioni fomentate da Ankara dovessero sfociare in un aperto conflitto, gli alleati Nato non potrebbero esimersi dall’intervenire. Chiaramente la versione dell’Alleanza atlantica è ben diversa, Rasmussen ha addirittura elogiato la Turchia “per la moderazione dimostrata nella risposta ad attacchi del tutto inaccettabili da parte siriana”. Intanto, nonostante le pressioni soprattutto francesi, ieri da Washington è arrivato un parere contrario all’opportunità di riconoscere un governo provvisorio dell’opposizione siriana. Evidentemente il caos libico sta servendo da deterrente. “Francois Hollande aveva annunciato il riconoscimento di un governo provvisorio. Abbiamo riserve su questa affermazione”, ha dichiarato al quotidiano Le Monde il vice segretario di Stato americano incaricato dell’Europa, Philip Gordon. “L’opposizione non è ancora sufficientemente coordinata e organizzata” ha affermato.
Una affermazione che passerà inosservata, ma di una certa gravità: la Casa Bianca sta ammettendo che l’opposizione siriana è in realtà inconsistente. Che il Cns sia in seria difficoltà è un dato emerso già da tempo, attraversato da tensioni che rappresentano le mire dei personaggi che sperano di avere la parte grossa della torta una volta caduto Assad. Tutti elementi residenti all’estero, che si rifiutano di ammettere nel Cns il Comitato di coordinamento per il cambiamento nazionale e democratico (Cccnd), il gruppo che si batte per un cambiamento di regime, a Damasco con mezzi pacifici. La falsa opposizione discrimina quella vera. Soprattutto sembra essere in debito d’ossigeno dopo mesi di dichiarazioni belligeranti rilasciate nella speranza che la fine di Assad fosse imminente. Ora il leader del Cns, quello che ieri è entrato in Siria dalla Turchia per incontrare le milizie antigovernative, al giornale arabo al Sharq al Awsat ha affermato di stare valutando la proposta di dare vita ad un governo transitorio con all’interno anche i dirigenti del partito Ba’ath. “Abbiamo gi detto di non escludere la proposta di designare il vice presidente, Faruq al Sharaa, al posto di Assad alla guida del nuovo corso siriano. Sharaa un dirigente ba’athista che a quanto ci risulta non è impegnato nei combattimenti e non ha dato ordini pur facendo parte della dirigenza politica del partito”. Di necessità virtù.