Una nuova guerra nella guerra in Siria
di Dmitrij Minin - 30/07/2013
L’occidente, forse senza nemmeno provare, attraverso i suoi più recenti invii di armi all’opposizione siriana, compresi quelli cui ha partecipato l’Arabia Saudita, ha portato la guerra civile in Siria ad un nuovo livello; alla guerra di “tutti contro tutti”. Come molti esperti hanno avvertito, l’idea che nelle condizioni formatesi in questo Paese, si possano fornire armi e altre risorse solo alle unità con l’“orientamento politico giusto” si è rivelata non solo irrealistica, ma anche estremamente pericolosa. Gli oppositori di al-Assad, che appartengono a vari movimenti ideologici, si sono scontrati immediatamente in una sanguinosa battaglia per queste forniture. E non sempre i sostenitori della “linea filo-occidentale” hanno successo. E soprattutto, come sempre, sono il popolo e i veri principi democratici che i leader occidentali presumibilmente giurano di proteggere in Siria, che ne soffrono. Anche Z. Brzezinski ha avvertito: “ciò di cui si parla è aumentare il nostro aiuto alle meno efficaci delle forze contrapposte ad Assad. Quindi, nella migliore delle ipotesi, è solo dannosa per la nostra credibilità. Nel peggiore dei casi, si accelera la vittoria dei gruppi molto più ostili a noi di quanto Assad non sia mai stato. Ancora non capisco… perché abbiamo concluso da qualche parte, nel 2011 o 2012, l’anno delle elezioni per inciso, che Assad dovrebbe andarsene”.
La pubblicazione inglese The Independent pone la questione di come sia possibile, nelle condizioni di una guerra civile, fornire armi ai ‘buoni’ e non ai ‘cattivi’. La storia ci insegna che si può cambiare facilmente posto, e che questi ultimi possono benissimo vincere… Cosa accadrà se gli islamisti spazzeranno via il filo-occidentale esercito libero siriano (ELS)? “Allora le nostre armi cadranno veramente nelle ‘mani sbagliate’, e piuttosto più velocemente di quanto avrebbero fatto in ogni caso, dato che le armi sono il denaro delle guerre civili e al-Nusra e il resto, hanno il denaro per comprare qualsiasi cosa diamo all’ELS”. Poi l”evidente alleato’ dell’ELS, per poter sopravvivere, sarà “il tizio nel palazzo presidenziale di Damasco”, in altre parole, al-Assad. Il quotidiano arabo al-Hayat cita un leader della Jihad giordana, Mohammed Shalabi, che crede che se il regime di al-Assad cade, lo scontro tra l’opposizione laica e gli islamisti in Siria si acutizzerà ancora di più.
A dispetto delle loro richieste di pace durante il mese sacro del Ramadan, emessi al fine di fermare l’avanzata delle forze governative, in molte regioni del Paese le forze d’opposizione conducono aspre battaglie intestine. Come il quotidiano libanese al-Safir scrive, il conflitto è stato acceso dalla consegna di nuove armi ai ribelli. Gli sponsor sauditi dell’opposizione intransigente, secondo al-Safir, hanno inviato tonnellate di armi dalla Libia che ora vengono trasportate attraverso il confine turco. Quindi la lotta è in primo luogo per il controllo delle città di confine. Il capo del Consiglio Supremo Militare dell’ELS, Salim Idris, ha giurato all’occidente che le armi non cadranno nelle mani di al-Qaida. In risposta, gli islamisti hanno annunciato che non riconoscono più gli ordini dell’ELS e si rifiutano di collaborare con gli insorti ‘secolari’. A ciò è seguita l’uccisione del membro del consiglio militare dell’ELS Muhammad Kamal al-Hammami e di suo fratello nella regione di confine del Jebel-Turkman, a nord di Latakia. Al-Hammami era incaricato di distribuire le nuove armi ai ribelli. E gli estremisti hanno accusato l’ELS e dichiarato che “dopo gli Hammami, uccideranno tutti i membri del suo Consiglio Supremo”. A questo incidente ha fatto seguito la dichiarazione dell’ELS secondo cui l’omicidio di un membro di spicco del suo comando militare equivale alla dichiarazione di guerra. Gli analisti dicono anche che le differenze tra l’ELS e gli islamisti siriani derivano dalla catena di sconfitte che hanno sofferto nella guerra contro l’esercito arabo siriano (ASA) del governo, e dal fatto che le forze di al-Assad hanno la reale possibilità di stabilire un’ulteriore iniziativa strategica nel conflitto e d’invertire la tendenza in loro favore.
Secondo al-Jazeera, solo la scorsa settimana ci sono stati cinque di questi scontri armati tra i vari gruppi di opposizione. Il risultato è sempre lo stesso. L’ELS ha perso uomini e territorio a vantaggio dei jihadisti. Molti depositi di armi sono stati sequestrati. Ad esempio, la città di Dana, proprio sul confine con la Turchia, dove vi sono stati i più intensi scontri a fuoco, è finita completamente sotto il loro controllo ed è stata dichiarata “emirato islamico”. Nella più grande città del Paese, Aleppo, oltre alle battaglie con le forze governative, gli oppositori ‘laici’ e ‘religiosi’ si combattono per il quartiere chiave di Bustan al-Qasr, che separa i lealisti dai ribelli. Nel quartiere di al-Firdus ci sono stati scontri armati tra l’ELS e Jabhat al-Nusra, durante cui gli islamisti hanno chiesto aiuto ai loro ‘compagni d’armi’. È stato riferito che entrambe le parti hanno utilizzato armi antiaeree, lanciagranate e razzi fatti in casa. Molti sono stati uccisi o feriti. Nella parte centrale del Paese, nella capitale provinciale di al-Raqqa, occupata dall’opposizione, 1500 persone sono finite dietro le sbarre per ‘aver violato la sharia’. Tra di loro vi è il locale comandante dell’ELS Jasim Awwad, dopo il suo arresto l’11° Brigata, dell’Esercito libero siriano sostenuto dall’Arabia Saudita, ha assediato la base del movimento islamista Ahrar al-Sham filo-Qatar, che prevede di stabilire un emirato islamico nella città sotto il suo controllo. Un atto del genere da parte dell’ELS è stato possibile dopo che il nuovo emiro del Qatar ha preso le distanze dall’opposizione siriana, e la supervisione sui ribelli è andata interamente all’Arabia Saudita. Tuttavia, il giorno dopo gli islamisti hanno occupato tutti i posti chiave della città. Secondo testimoni oculari, è la popolazione della città che soffre di più per queste sanguinose rese dei conti, avendo anche il coraggio di inscenare proteste pubbliche, anche se disperse dai ribelli.
Esperti tedeschi ritengono che il processo di divisione nell’opposizione continui. Gli islamisti radicali, di cui forse la maggioranza è straniera, continueranno a diventare più forti. I loro legami con i Paesi di origine facilitano il flusso ininterrotto di reclute che “vogliono realizzare il sogno di morire da martire e andare in paradiso”. Il nuovo sviluppo della situazione in Siria ha portato ad una buona dose d’imbarazzo per l’occidente, che in misura significativa ha predeterminato tale stato di cose attraverso le sue azioni. Dopo che il Congresso, allarmato per le nuove informazioni, ha bloccato l’invio di armi, la stampa statunitense, per esempio, scrive che “gli alleati degli Stati Uniti sono ‘sconcertati e allarmati’ dall”irresponsabilità del presidente sulla Siria,’ e ora dal suo fallimento ‘nel prendere anche una modesta decisione al riguardo.‘” Un rapporto del comitato parlamentare sull’intelligence e la sicurezza afferma che al-Qaida in Siria è già una minaccia terroristica per la stessa Gran Bretagna. La commissione ha avvertito che questa organizzazione terroristica ha armi chimiche. Secondo il quotidiano britannico The Guardian, c’è il pericolo che gli estremisti in Siria sfruttino l’ambiente favorevole per effettuare attacchi contro i Paesi occidentali. Questo pericolo è diventato particolarmente grande da quando un gran numero di estremisti è arrivato in Siria dalla Gran Bretagna e da altri Paesi europei. Qui i terroristi acquisiscono l’esperienza in battaglia che aumenta la minaccia che rappresentano.
Ora il capo del governo britannico Cameron si rimangia le promesse, affermando: “Tutto ciò è troppo complicato per esserne coinvolti. E anche, non parlando del tipo di armi che non possiamo dargli per paura che cadano nelle mani sbagliate, i nostri invii non daranno all’opposizione il vantaggio decisivo. Il conflitto potrà solo inasprirsi”. Il Vicedirettore della Defense Intelligence Agency statunitense (DIA) David Shedd ha dichiarato, in una conferenza sui problemi della sicurezza ad Aspen, che il conflitto siriano interno durerà per mesi, se non per anni. A suo parere, “(i membri dei gruppi dell’opposizione militante in Siria) non andranno a casa quando sarà finita”, cioè con le dimissioni del presidente siriano Bashar al-Assad. “Combatteranno per quello spazio. Sono lì per un lungo salto”, ha detto Shedd. Inoltre ha espresso l’opinione che i gruppi islamici radicali potrebbero dominare gli altri. Secondo lui attualmente in Siria ci sono circa 1200 gruppi d’opposizione, il che rende molto difficile mantenere il controllo sulle armi loro consegnate. I più attivi nella guerra contro al-Assad sono i rami terroristici di al-Qaida: “è molto chiaro che nel corso degli ultimi due anni sono cresciuti in dimensioni, capacità e spietata efficacia”. Inoltre non esclude la vittoria di al-Assad. La posizione “della DIA è che (la caduta di Assad) fosse per l’inizio di quest’anno. Ovviamente non è successo“, ha detto Shedd.
Il direttore del Centro Nazionale Antiterrorismo Matthew Olsen ha avvertito che dopo il conflitto, i terroristi giunti in Siria da Europa e Stati Uniti torneranno, e allora saranno una minaccia per gli europei e gli statunitensi. Il direttore del Washington Post David Ignatius ha fatto una sorta di diagnosi degli avvenimenti, notando che una delle peggiori caratteristiche della politica estera statunitense è l’abitudine di ‘sedurre ed abbandonare’. Questo è ciò che sta accadendo ora in Siria. La seduzione è iniziata con la proclamazione retorica del presidente Obama, il 18 agosto 2011: “È giunto il momento per il presidente Assad di farsi da parte!” A questa è seguita il corteggiamento prolungato dell’opposizione siriana, sempre più impegnativa. La CIA s’è attivamente coinvolta nella collaborazione, nell’addestramento e in altre forme di assistenza con l’opposizione. Il 13 giugno 2013 la Casa Bianca ha formalmente promesso di fornire aiuti militari all’opposizione siriana. I ribelli hanno anche cominciato a preparare i depositi per questi aiuti. “E allora? Beh, questa è un’infelice storia d’amore, e saprete cosa avverrà dopo. E’ quello che i romanzieri inglesi ottocenteschi chiamavano ‘jilt’. Per citare un articolo del New York Times pubblicato lo scorso fine settimana, si scopre ‘che i piani dell’amministrazione sono molto più limitati di quanto indicato in pubblico e privato.” In connessione a ciò, Ignatius si chiede: “Immaginate per un momento di essere un combattente ribelle siriano che rischia la vita da due anni nella speranza che Obama dia un sincero aiuto… Ora sapete che Washington ci sta ripensando. Cosa pensereste del comportamento dell’America?… Le vicende attuali in Siria sono così familiari, quasi come il leitmotiv della politica estera degli Stati Uniti… Alla fine dei romanzi ottocenteschi, il seduttore che abbandona il suo flirt di solito ottiene ciò che merita… Ma non succede così in politica estera”.
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.