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A questo siamo ridotti: Volgarità vs. Orrore

di Lorenzo Borré - 05/02/2014


  
Le mie riserve sull'adeguatezza dell'azione politica della maggior parte dei parlamentari  del 5 Stelle  sono fortissime e le ho più volte esternate chiaramente (dalla presentazione del DDL sulla maternità surrogata al sostegno di Proposte di legge miranti ad introdurre nuovi reati d'opinione; a proposito: biasimo anche l'uscita dei portavoce m5s dall'aula del consiglio regionale lombardo che hanno inteso protestare contro chi come Monsignor Scala, a benvedere, è portatore di una dottrina sociale comunitaria e solidaristica), ma c'è qualcosa di offensivo anche nel continuo tentativo di distrarre il popolo italiano alimentando polemiche su estemporaneità disdicevoli, sì, ma dalla portata irrilevante, drammaticamente irrilevante, rispetto allo stato di salute della Nazione.

L'anatama contro il gesto e la parola volgare (frutto certo di un degrado culturale) è chiaramente un diversivo con cui si distrae l'attenzione dell'opinione pubblica (o di quel che ne rimane) dai problemi, ormai quasi irrisolvibili, che strangolano la società italiana, un abile esercizio di illusionismo politico con cui si cerca di accreditare la falsa idea che l'offeso sia migliore dell'offensore (o meno peggio).

Con stimoli artificiali si creano falsi impulsi di reazione sociale distogliendo l'attenzione dalle autentiche vergogne nazionali.

La questione "morale" (le virgolette sono d'obbligo) che tiene banco in questi giorni è di ben poco spessore di fronte alla condotta di una classe politica che tratta la cosa pubblica come un bene di sua esclusiva pertinenza e che cerca di consolidare le sue posizioni con una gestione clientelare del potere, anziché perseguire gli interessi della nazione.

Quello che dovrebbe indignare è il fatto che in Italia alligna e regna una classe politica (di destra, centrodestra, centro, centrosinistra e sinistra) che ha portato al collasso morale la società; alligna e regna un ceto politico che premia accoliti e famigli con consulenze e/o con stipendi di centinaia di migliaia di euro all'anno o con impieghi in società a partecipazione pubblica, mentre una generazione di precari non riesce a sbarcare il lunario e si vede preclusa la possibilità di una vita dignitosa.

Dovrebbe indignare il fatto che gli apparati di partito collochino i propri uomini di fiducia, spesso con doppi o tripli incarichi, in ruoli dirigenziali presso aziende, dipartimenti, società a partecipazione pubblica, mentre una moltitudine di giovani altamente qualificati è costretta ad emigrare oltreoceano per trovare un impiego che le è precluso dal sua non essere engagè.

Dovrebbe indignare, in alcuni casi, la vendita di case a prezzo agevolato (di proprietà di enti), acquistate da amici e conoscenti di politici, che, avvertiti per tempo, hanno potuto acquistarle “improvvisandosi inquilini” solo qualche mese prima della vendita, mentre giovani coppie senza santi in paradiso devono incatenarsi ad un mutuo trentennale per comprare una casa con vista tangenziale.

Dovrebbero indignare gli appalti frazionati in lotti di importo sotto soglia (cioè frazionati in modo da evitare il ricorso a gare di evidenza pubblica) per poter assegnare lavori e servizi ad imprese amiche.

Dovrebbe indignarci il fatto che questa classe politica ci sta togliendo la possibilità di pensare positivamente il futuro.

Insomma: dovremmo indignarci per quello che la classe politica fa quotidianamente e dovremmo agire di conseguenza, mandandoli tutti a lavorare -ma da precari- prima che sia troppo tardi.

La Rivoluzione non è un pranzo di gala, disse qualcuno.