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Gli ultimi e i primi

di Lorenzo Parolin - 11/02/2014


 


 

Passando per Verona, mia moglie vede un cartellone pubblicitario dell’Aida.

“Non ho mai visto un’opera – mi dice – andiamo all’Arena?”

“Sì, sì, papà! L’Aida mi piace”,  grida il mio bambino, che conosceva la marcia trionfale.

È presto deciso e mezz’ora dopo siamo già sugli spalti dell’antico teatro. Essendo arrivati un po’ tardi abbiamo dovuto accontentarci degli ultimi posti in alto e in piedi, perché i cuscini erano esauriti e le pietre delle gradinate, arroventate dal sole agostano, scottavano ancora.

 Pian piano arrivano i notabili, la cultura, le autorità e i “Siori”, che vanno ad occupare i primi posti vicino al palco. Gli uni col potere e gli altri col denaro hanno ottenuto le posizioni migliori e più comode.

Il sole è già tramontato. S’illumina la scena e lo spettacolo ha inizio. Subito ci rendiamo conto che non sarà possibile gustare l’opera, perché, data la distanza, si vede e si sente male. “Silenzio, stia seduto per favore!” sono le parole gesticolate da molti, le quali vanno ad aumentare il brusio e l’animazione.

Dopo un po’, il mio piccolo rinuncia a voler capire le parole, e più tardi, perso l’interesse anche alle scene e alla musica, va a giocherellare con altri bambini sul corridoio più alto del teatro.

Ad un tratto mi sento tirare per un braccio: “Papà, papà, vieni a vedere i missili, vieni anche tu, mamma.” Stanchi di non capire niente dell’opera, lo seguiamo. “Un altro lì, guarda!”

Da un capo all’altro del cielo straordinariamente limpido e stellato era sfrecciata una luminosissima stella cadente. Che meraviglia! Ho sentito la testa svuotarsi, gli occhi saziarsi di luce e un brivido di emozione percorrere tutto il corpo. Non avevo mai visto niente di simile e per un quarto d’ora ancora il cielo è sembrato ardere, solcato da almeno una trentina di dardi che a piccoli sciami ferivano l’aria.

Sentendo gente alle spalle, mi giro e, con mia sorpresa, le ultime file del teatro avevano rivolto la schiena all’opera, perché il vero spettacolo era dalla parte opposta al palco.

Il mio pensiero è andato subito alle parole del Nazareno: “Molti dei primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi”. Come potesse avvenire che gli ultimi diventano i primi, senza l’intervento della magia, non mi era mai riuscito di capire, e invece ora ne avevo avuto una prova: era bastato un semplice “dietro front” e gli ultimi erano passati in prima fila. Era però apparsa una seconda scena dalla parte opposta alla prima.

I conti tornano, ho pensato, perché la Buona Novella annuncia l’esistenza di un secondo mondo, diverso da quello materiale che ben conosciamo, che inizia là dove il primo finisce. È il cosiddetto Regno dei Cieli, ma la scienza lo ignora, perché è immateriale ed extra o sovra-sensoriale. I ricchi, i potenti, i sapienti, che hanno voluto avvicinarsi ai primi posti nella società, si sono allo stesso tempo allontanati dal regno di Dio che invece si trova vicino agli ultimi posti, cioè tra i poveri, gli umili, i pacifici, i perseguitati. Questi, se volessero primeggiare nella scala sociale, dovrebbero sputare sangue, invece, per entrare nel Regno dei Cieli, basta che girino le spalle al mondo e sono già in prima fila. Sta scritto infatti: “Beati i poveri… beati gli umili…, perché di essi è il Regno dei Cieli.”

Ma chi se ne frega del Regno dei Cieli - si dirà - quando gli uomini cercano solo ed esclusivamente la felicità!?

Appunto, lo stesso annuncio proclamò a gran voce che l’avvento del Regno dei Cieli avrebbe portato una grande gioia su tutto il popolo (Lc. 2,10) e ancora: “V’ho detto queste parole affinché in voi dimori la mia gioia e la gioia vostra sia piena.” (Gv. 15,11) “Fino ad ora non avete chiesto nulla in nome mio; chiedete ed otterrete, affinché la vostra gioia sia piena.” (Gv. 16,24)

La faccenda si fa delicata. Un errore nel valutare quell’annuncio può portare a consumare la vita cercando la cosa più importante là dove non si può trovare. Normalmente gli uomini considerano i piaceri, la ricchezza, il successo e il potere come cose belle e desiderabili, mentre rèlegano la povertà, il dolore, la sofferenza e la morte tra le cose brutte e da evitare, ma nell’economia di Dio deve essere tutto il contrario, e questo è uno dei segreti da capire affinché l’esistenza possa avere senso. Questa inversione, per le persone normali è follia, è assurdità, e sempre urterà contro la protesta dell’uomo; tuttavia, la sofferenza non è uno sbaglio di Dio, essa è utile e ha una funzione costruttiva, anche se non è di immediata comprensione. Anzi, proprio perché l’uomo, con le sue sole forze, non avrebbe mai potuto capire come il soffrire potesse essere utile, Dio stesso ci ha rivelato ciò, e ci ha invitati, per il nostro bene, ad accettare questo mistero, così com’è, senza discutere e senza pretendere di capire; e come prova che quanto aveva rivelato era degno di essere creduto e vissuto, ha mandato suo figlio a caricarsi di povertà, di sofferenza e della morte stessa.

In conclusione, la via della croce, ancorché misteriosa, è l’unica strada praticabile dall’uomo per arrivare alla felicità, e sappiamo che Gesù, dopo la passione, ha conosciuto la gloria.

Dell’Aida mi è rimasto ben poco, ma quella serata ha lasciato in me un’impronta profonda. [rif. Dalla Parte Opposta L1/38]