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Commissario politico all’università

di Pierluigi Battista - 18/03/2014


E così, come ha scritto Dino Messina sul Corriere riprendendo una rivelazione di Libero , la studiosa Simonetta Bartolini, autrice di eccellenti studi sulla cultura e la letteratura italiana del Novecento e in particolare di Giovanni Guareschi, non ha passato l’abilitazione nazionale perché secondo un commissario (politico?) Mario Sechi, la cui fama scientifica ha raggiunto gli angoli più remoti del mondo,«la candidata presenta un profilo marcatamente militante». «Militante» è solo un velo di ipocrisia. Il commissario (politico) intendeva «di destra». Fosse stato militante del fronte opposto, i parametri (compiacenti) sarebbero stati ben diversi.
Peccato che l’Università funzioni ancora così, come la sacca conservatrice di una cultura arroccata nelle trincee del passato.
Peccato che il potere dei commissari per l’abilitazione su base nazionale sia aumentato a dismisura con una riforma, quella Gelmini, concepita per stroncare le cordate baronali, ma attuata come strumento di pressione politica fortissima. Peccato che una studiosa come la Bartolini, di cui si conoscono e si apprezzano i lavori su Ardengo Soffici e Giovannino Guareschi , tra gli altri, non venga giudicata per le sue credenziali scientifiche, per la sua statura accademica, ma sulla base di un pregiudizio politico, come se l’Università dovesse essere culturalmente monocolore, monocorde, conforme, uniforme, grigia, senza ombra di diversità e di pluralismo. Peccato, perché a parti rovesciate si sarebbe gridato, giustamente, al maccartismo. Mentre invece l’odioso maccartismo applicato ai nemici culturali della destra viene considerato normale e non censurabile. Peccato che la liquidazione di un’eccellente studiosa venga affidata non a un empireo di spiriti magni di cui è unanimemente riconosciuta l’autorevolezza e l’erudizione, ma a una mediocre commissione formata da docenti che onestamente non possono vantare un curriculum di pubblicazioni così superiore a quello di un candidato bocciato. Peccato, questo sprofondare nei gorghi del passato in un luogo che dovrebbe essere brillante negli studi e nella ricerca.
Non resta che rammaricarsi perché invece l’Università italiana, un’istituzione pubblica, un «bene comune» di cui la collettività dovrebbe andare fiera, si rivela un’istituzione vischiosa in cui le guerre ideologiche del passato hanno la meglio sulla valutazione scientifica dei lavori fatti. C’è qualcosa di male se un’«abilitata» abbia un suo impegno «militante» e di impegno civile in uno schieramento diverso da quello prediletto dai commissari (politici?) chiamati a esprimere un parere culturale e non politico? C’è qualcosa di indecente nel fatto che Simonetta Bartolini diriga e collabori a riviste «militanti». Fortemente connotate a destra? E che si direbbe se a una studiosa «militante» di sinistra si dovesse interdire la carriera universitaria per il pregiudizio ideologico di una commissione? Nell’Italia del 2014: sembrava impossibile.