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Il treno che taglia il Tibet in due

di Tenzin Tzundue* - 01/09/2006

I mille problemi della ferrovia Golmud - Lhasa
Lo avevano anticipato in tanti, il vero problema è farla funzionare. La ferrovia che collega Golmud, in Cina, a Lhasa, capitale della Regione Autonoma Tibetana è il fiore all'occhiello dello sviluppo tecnologico e infrastrutturale cinese, ma mercoledì, a meno di due mesi dall’inaugurazione, un treno è deragliato. È stato un banale guasto dell’elettronica a fare uscire dai binari il vagone ristorante, nei pressi del lago Co Nag, 250 miglia a nordest di Lhasa, ma l’incidente ha costretto a una lunga attesa i circa quattromila passeggeri.
In questi primi due mesi di attività la linea ferroviaria è stata al centro delle polemiche degli attivisti per l’indipendenza del Tibet, ma i problemi non sono finiti qui. A pochi giorni dall’inaugurazione un anziano 77enne cinese moriva sul treno per le conseguenze di un edema polmonare. La ferrovia corre infatti lungo l’altipiano Himalayano ad altitudini superiori ai quattromila metri, costringendo i passeggeri ad affrontare condizioni difficoltose per i fisici meno allenati, a causa della scarsità di ossigeno. Ufficialmente i vagoni sono pressurizzati e dotati di erogatori di ossigeno ma, da allora, altre otto persone hanno perso la vita, per problemi di cuore, nel tentativo di raggiungere il tetto del mondo.
di Tenzin Tzundue*
 
Dhargyal è terribilmente preoccupato perché la sua terra ancestrale è stata rivoltata come un campo minato e la sua famiglia nomade vaga per l’altopiano cercando un riparo temporaneo per gli yak e le pecore.
Vivendo qui, a Dharamsala, la patria in esilio del Dalai Lama in India, Dhargyal non può né tornare a casa al remoto villaggio tibetano per essere con i suoi, né smettere di preoccuparsi.

Come i familiari di Dhargyal, ci sono centinaia di tibetani che hanno perso la terra in seguito alla richiesta del governo per la ferrovia Golmud-Lhasa; molti sono ancora in attesa di essere risarciti per la terra confiscata dal governo, oppure vivono in rifugi temporanei in attesa di una sistemazione. Ed è pressoché impossibile per i poveri contadini tibetani ottenere che sia fatto qualcosa nel sistema altamente corrotto e gerarchico del governo comunista. La costruzione delle linea ferroviaria Golmud-Lhasa, che corre dall’estremo nordest del Tibet alla capitale al centro-sud del paese, è stata terminata nel settembre dello scorso anno, quasi un anno in anticipo sul progetto, ed i treni hanno cominciato a percorrerla. Questa è vantata come la ferrovia più alta del mondo e come un prodigio d’ingegneria, ma la vera sfida non è tanto la costruzione quanto il farla funzionare.
Lungo tutti i 1140 km dei binari, l’amministrazione cinese delle Ferrovie Occidentali ha acquisito vasti tratti di terreno da contadini e nomadi tibetani, tagliando attraverso la prateria che i tibetani chiamano “ Jangthang “. Poiché l’altopiano tibetano è una zona ad alto rischio sismico, i binari non si potevano semplicemente posare su una stretta striscia di terra. Sono stati creati enormi cumuli di terra con fianchi digradanti per sostenere e rendere sicuri i binari, e ciò ha richiesto grandi appezzamenti di terreno. Inoltre, più di 500 km di binari sono stati posati sul permafrost, costringendo gli ingegneri a scavare in profondità, cosicché la larghezza media dello spazio occupato dalla ferrovia ammonta a circa 100 metri.

Nello Yangpachen, dove vive la famiglia di Dhargyal, gli ingegneri in un primo tempo hanno sbagliato il tracciato, ed hanno così dovuto modificarlo, abbandonando chilometri di scavi. I contadini si lamentano del fatto che la fragile composizione del suolo è stata alterata e quella terra non può più essere coltivata, e che solo per livellarla sarebbero necessari macchinari pesanti e centinaia di giorni di duro lavoro da parte di gente molto povera. Nomadi del Nagchu, Damxung e Yangpachen raccontano che da quando è arrivata la ferrovia c’è stata una moria di animali sotto ai ponti sopraelevati. Le Ferrovie Cinesi hanno costruito ponti sopraelevati e sottopassaggi per gli animali, ma i nomadi sostengono che gli spazi tra i piloni che sostengono i ponti sono troppo stretti. Gli animali come le pecore, gli yak, i chiru ( antilope tibetana) ed i kiang ( asini selvatici) pascolano in grandi branchi – formati a volte da diverse centinaia di capi – e questi branchi, correndo tra i piloni dei ponti,tendono ad accalcarsi; in tal modo decine dei più piccoli e deboli muoiono. Ciò che è stato progettato per essere un via sicura si è rivelato essere una trappola mortale per animali selvatici e domestici.

Ogni giorno Dharamsala riceve profughi tibetani che scappano in India, e con loro arrivano aggiornamenti sulla costruzione della ferrovia e su cosa ne pensano i tibetani rimasti. Man mano che si avvicinava il primo luglio, data dell’inaugurazione della ferrovia, i tibetani temevano sempre più che il Tibet si sarebbe riempito di ladri e rapinatori provenienti dalla Cina. Questo evoca immediatamente strani ricordi delle invasioni di Gengis Khan o degli exploits dei signori della guerra nel Tibet orientale dei tempi antichi. Ma nel 2006 i tibetani si preoccupano del flusso di migliaia di migranti cinesi in cerca di occupazione; questi sono laureati ma disoccupati, formati ma senza esperienza e spesso portano con sé gioco d’azzardo, rapine e traffico di stupefacenti. Per essi il treno è un passaggio diretto per una terra di opportunità. E la Cina in effetti reclamizza il Tibet come “Xizang”, che significa “ Casa Occidentale del Tesoro “. In città cinesi come Chengdu, Shenzen, Shanghai, Beijing e Guangzhou , la ferrovia è pubblicizzata e i biglietti venduti per cifre irrisorie, come 49 dollari USA e possono arrivare fino a 160 dollari per la classe di lusso. A Londra agenzie di viaggi come GW Travel promuovono un viaggio di lusso sul treno per il Tibet a 4195 Sterline britanniche. Compagnie canadesi come Bombardier Inc e Nortel sono direttamente coinvolte nella costruzione della ferrovia con supporto logistico. Stanno facendo affari d’oro al costo di danni irreparabili per il Tibet .

Le maggiori città tibetane come Lhasa, Golmud, Chamdo e Shigatse sono già invase dai cinesi; negozi, ristoranti, pensioni e hotel sono di proprietà cinese mentre i tibetani rimangono spettatori silenziosi di queste attività commerciali. Nel 1997 la Cina tentò di risistemare 80.000 cinesi in una remota area della provincia di Amdo nel Tibet del nordest. La campagna pro Tibet scatenata da sostenitori occidentali fece sì che la World Bank ci ripensasse. In seguito il governo cinese dovette ritirare il progetto per mancanza di finanziamenti. Secondo una stima fatta dal programma di sviluppo cinese, circa 200 milioni di cinesi si stabiliranno in Tibet per il 2015. Già ora i tibetani sono una minoranza nel loro stesso paese. Con l’arrivo delle ferrovia i tibetani in Tibet temono di sprofondare nell’insignificanza. Il conteggio dei turisti rilasciato dal dipartimento del turismo del governo cinese può essere indicativo; di 1.220.000 turisti l’anno scorso, il 92% erano cinesi, mentre negli anni 80 il piccolo afflusso turistico era essenzialmente di stranieri. La costruzione di una ferrovia da Beijing a Lhasa è stata per lungo tempo un sogno de Partito Comunista Cinese, fin dai tempi di Mao Zedong. Jung Chang, la più recente autorità sulla vita di Mao, parlando dell’invasione del Tibet da parte della Cina, scrive che quando, nel 1950, le Guardie Rosse non riuscirono a penetrarvi per via della natura montuosa ed impervia del territorio, Mao usò il doppio gioco promettendo l’autonomia al giovane Dalai Lama. In seguito, una volta aperte le strade, la Cina mandò l’Armata di Liberazione Popolare (PLA) ad occupare il paese anticamente proibito.

Le linee ferroviarie in paesi occupati dai cinesi come la Mongolia interna, la Manciuria, la zona islamica del Turkestan Orientale (Xinjiang), hanno da tempo portato un gran flusso di popolazione cinese Han in questi territori. Oggi, l'85% della popolazione della Manciuria è Han. I mongoli a stento parlano ancora la loro lingua e gli irrequieti turkestani orientali sono sotto il controllo della PLA. La ferrovia fa parte del programma di sviluppo occidentale della Cina; in una più vasta prospettiva serve anche ad ottenere un più veloce ed pratico modo di raggiungere la cintura himalayana. La Cina ha in progetto di estendere la ferrovia alle città del Tibet meridionale come Shigatse, Gyangtse e Yatung. Altre due reti ferroviarie si collegheranno dal Chengdu e dallo Yunnan alla ferrovia di Lhasa. L’India riconosce queste come mosse strategiche militari e sta attentamente osservando gli sviluppi. Ciò crea automaticamente forti pressioni su altri paesi dell’Asia del sud.
La ferrovia per Lhasa è, da un altro punto di vista, una mossa strategica da parte della Cina per omogeneizzare il Tibet con l’introduzione dello sviluppo moderno di stile cinese. Eppure, stranamente, i Tibetani non possono partecipare a nessuno di tali progetti si sviluppo, in quanto mancano della conoscenza tecnica e scientifica necessaria. Tutti i lavori di falegnameria, idraulica, meccanica elettrica o elettronica forniscono una scusa per importare ed impiegare manodopera cinese.

Nel 1997 andai a piedi in Tibet. Fui arrestato perché non avevo documenti per l’entrata. Mentre mi portavano a Lhasa dal Tibet occidentale in una macchina della polizia, ci fermammo nella città di Lhatse. Vedendo una famiglia tibetana che suonava il liuto per chiedere l’elemosina, chiesi all’ufficiale, per provocarlo: “Ma voi non date istruzione ai bambini tibetani? In India tutti i bambini tibetani ricevono istruzione gratuita”. A questo l’autista tibetano, che sosteneva di essere al servizio del governo da trent’anni, rispose “I tibetani sono gente pigra, non lavorano sodo, a che scopo educarli? I cinesi possono fare tutti i lavori tecnici per noi”. Quell’atteggiamento sottomesso mi scioccò, e mi fece comprendere quanto profondamente l’occupazione ha corroso la nostra gente. La ferrovia può segnare l’arrivo simbolico della nuova invasione. Ciò che sta realmente invadendo il Tibet adesso è la mentalità consumistica sotto forma di bar karaoke, alcolismo, prostituzione, traffico di droga, sfruttamento minerario e turismo esagerato; una vita motivata dal commercio imposto dalla cultura rampante dell’economia di mercato.
Tutto questo è direttamente in conflitto con i principi basilari della vita tibetana. Ma con una facciata di liberalismo e di sviluppo che fa intravedere le comodità della vita, ci può essere scarsa resistenza alla nuova invasione. Ciò che la Rivoluzione Culturale non poté distruggere con la brutalità e l’indottrinamento comunista, ciò che la legge e l’oppressione del pugno di ferro non sono riusciti a distruggere in tutti questi 50 anni dall’invasione cinese, può ora essere sul punto di cedere davanti alla globalizzazione.

Se la Cina volesse davvero portare lo sviluppo in Tibet, Beijing dovrebbe ascoltare le richieste dei tibetani. Introdurre la loro idea di “sviluppo” ed imporla ai tibetani non è altro che un atto di sopraffazione, come quella verso le popolazioni povere della Cina rurale ed operaia; queste hanno vita dura mentre l’élite che guida il paese o ha agganci col governo gode dei frutti del lavoro, sudore e sangue di milioni di cinesi ordinari. Se i Tibetani vogliono sviluppare il loro paese, acquisire nuove e moderne tecnologie, dovrebbero poterlo fare in base ai propri bisogni. Tutto ciò non può continuare. Il giorno che la Cina ha mandato il primo treno in Tibet, ero per la prima volta in Inghilterra; insieme ad altri dimostranti tibetani e sostenitori stranieri abbiamo urlato a pieni polmoni, “Cina, ferma il Treno” davanti all’ambasciata cinese a Londra. Proteste simili si sono verificate simultaneamente in tutto il mondo. Il primo luglio di quest’anno è e sarà una “giornata nera” per i tibetani ed i loro sostenitori.

Più di 50 ragazzi tibetani del Tibet Youth Congress, la principale NGO tibetana, hanno invaso l’ambasciata cinese a New Delhi. Dopo aver superato il filo spinato sui muri del complesso dell’ambasciata, i giovani attivisti tibetani hanno dato fuoco alla bandiera cinese, gridando slogan come “fermate il Treno”, “ Tibet libero”. Quando tutte le preghiere, le petizioni, le proteste non funzionano, come il Mahatma Gandhi dovremo infrangere delle regole; infrangere le leggi usate dai prepotenti e dai bruti come mezzi per sopprimere ulteriormente la verità. Sono convinto che dovremo davvero farlo; la parti complici si disperderanno naturalmente.
 
*Tenzin Tzundue, scrittore ed attivista tibetano, vive a Dharamsala, in India