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Patria e lavoro: l'esempio di Filippo Corridoni

di Adriano Scianca - 29/07/2015

Fonte: Il Primato Nazionale


A cento anni dalla morte, Filippo Corridoni resta ancora uno sconosciuto per la gran parte degli italiani. Qualche anno fa, un piccolo contributo alla conoscenza dell’“arcangelo sindacalista” fu fornito da Andrea Benzi, curatore per la Società Editrice Barbarossa di tre raccolte di scritti corridoniani: Come per andare più avanti ancora, Il fuoco sacro della rivolta e Per le mie idee.

A queste letture imprescindibili, può oggi affiancarsi Filippo Corridoni. Sindacalismo e interventismo, patria e lavoro, di Mario Bozzi Sentieri (Pagine-I libri del Borghese, pp. 140, € 16,00).

Tra gli artefici della stagione interventista italiana, Corridoni è caduto nella Grande Guerra, all’assalto di una trincea, il 23 ottobre 1915, dopo essere stato uno degli esponenti dell’ala più intransigente del movimento sindacale, rivoluzionario ed antimilitarista.

Per questo originale ed appassionato percorso personale e politico Corridoni riassume simbolicamente il passaggio dal sindacalismo rivoluzionario al sindacalismo nazionale, dalla conflittualità classista all’idea patriottica, lungo le linee principali della “revisione ideologica” del sindacalismo, fissate nel carattere nazionalista, apartitico, pedagogico, interclassista e produttivista della nuova lotta sociale.

Scelta “teorica”, la sua (sostenuta da una grande scuola di pensiero, d’impronta soreliana, a cui dettero contributi essenziali sindacalisti-intellettuali, quali Alceste De Ambris, Agostino Lanzillo, Angelo Oliviero Olivetti, Sergio Panunzio, Edmondo Rossoni) ed insieme “pratica”, cioè realizzata con un costante lavoro sociale e con un’integrale volontà di radicare, a livello popolare, le proprie idee, fino all’estremo sacrificio.

A questi complessi, ma affascinanti itinerari, è dedicato appunto il saggio di Bozzi Sentieri. Più che una biografia, una “rilettura” delle suggestioni corridoniane, delle sue idee e del suo esempio, all’interno di un’epoca di grandi passioni civili e di un esemplare dinamismo intellettuale, sociale e politico, a cui l’autore invita a guardare, ben al di là del tempo trascorso. Epoca di futuristi e di arditi, di masse appassionate e di tribuni, di affermazioni assolute e di negazioni sovrane, in grado di scomporre le vecchie appartenenze e di sintetizzarle ex novo.

“Di biografie dedicate a Corridoni ne sono state scritte molte, soprattutto, durante gli Anni Trenta del ‘900 – spiega Bozzi Sentieri – spesso ripetitive e celebratorie, vista l’assimilazione che il fascismo fece del ‘Tribuno sindacalista’, e più attente alla ‘mitologia’ del personaggio che alla complessità del quadro culturale, politico e sociale in cui si era manifestato il suo impegno”.

Spiega ancora l’autore: “Con il mio libro cerco di fissare il senso della rottura delle vecchie appartenenze ideologiche, che porta Corridoni a mettersi a capo della campagna interventista, a partire volontario e a cadere in guerra, meritandosi la medaglia d’oro al valor militare, dopo essere stato, fino a pochi mesi prima, l’artefice della lotta antimilitarista. Sulla scia della sua ‘rottura’ c’è da cogliere il passaggio da una visione classista dei rapporti sociale ad una partecipativa e ‘nazionale’, fissata, ad esempio, nella ‘Carta del Carnaro’, elaborata, nella Fiume dannunziana, da Alceste De Ambris, grande amico dello stesso Corridoni”.

In questa ottica, l’interesse per Corridoni va ben oltre l’anniversario interventista, pur dandogli significati nuovi, abbracciando idee e mentalità che poi segnarono gli anni seguenti. L’invito di Bozzi Sentieri è quello di “riannodare” gli sfilacciati brandelli ideali dell’epoca, ridando a questa figura il giusto spazio in uno dei momenti cruciali della Storia italiana, al di là della facile agiografia e delle interpretazioni di parte, per andare all’essenza del suo complesso cammino politico-sindacale.