L’asimmetria di Schengen
di Alberto Bagnai - 10/01/2016
Fonte: Goofynomics
Scusate, quello che sto per dire è talmente banale che sicuramente qualcuno lo avrà già detto. Inoltre, io non sono un immigrato, quindi magari non capisco bene come funziona.
Ma…
Ragioniamoci un momento su, volete? E rivolgiamoci a Wikimm… Pardon: Wikipedia, la madre di ogni sapere piddino.
Hoc dicit Wikipedia, testis fidelis ac verus:
1) gli accordi di Schengen vennero firmati nel 1985 da dieci paesi membri della Comunità europea;
2) l’accordo era indipendente dai negoziati che da lì a poco avrebbero condotto all’Unione Europea (perché all’epoca – bei tempi – non c’era consenso sul fatto che la futura Unione potesse costringere i suoi membri a rinunciare al controllo delle frontiere; insomma, la “cessione di sovranità” non veniva indicata come panacea, così come si fa oggi);
3) nel 1990 venne poi firmata la Convenzione di Schengen: all’abolizione/alleggerimento dei controlli interni si aggiungeva una politica comune per i visti extra-area. Nasceva così l’area Schengen (diciamo che la Convenzione di Schengen sta all’accordo di Schengen come un’unione doganale sta a una FTA, per capirci…),
4) la Convenzione entrò in vigore nel 1995, solo per alcuni firmatari, ma…
5) nel 1997, con il Trattato di Amsterdam (che ci portò anche il Patto di stabilità e crescita), Schengen entrò a far parte dell’acquis communautaire, cioè delle regole da rispettare per partecipare all’Unione.
6) Ovviamente, anche in questo caso, qualcuno negoziò un opt-out (come nel caso della moneta).
Qual era lo scopo di “Schengen”. Ma è semplice! “The creation of Europe’s borderless Schengen area”. Tradotto: la creazione di un’area priva di frontiere.
Manca qualcosa?
Sì.
Un aggettivo.
Quale?
Interne, ovviamente.
La creazione di un’area priva di frontiere interne. Un dettaglio che i nostri media mi sembra dimentichino, sicuramente in buona fede, sicuramente perché lo danno per scontato. In effetti, è del tutto logico che Schengen non significa che in Europa (rectius: nell’area Schengen) entri chi vuole. Schengen significa una cosa diversa: che l’onere di controllare la frontiera europea ricade sui soli paesi con frontiere esterne, cioè alle frontiere dell’Europa. E quali sono? Bè, se lo chiedo a Uga magari non me lo sa dire subito, ma voi siete uomini di mondo, avete fatto il militare a Cuneo. Diciamo che:
1) escludendo invasione di “migranti economici” dagli Stati Uniti (è molto più probabile che riparta un flusso di emigranti verso gli Stati Uniti),
2) ricordando che le migrazioni economiche dei normanni, che tante soddisfazzzzzzioni ci hanno dato, sono passate anch’esse di moda, fondamentalmente perché oggi, grazie al progresso tecnologico, i normanni stanno ma di molto meglio a casa propria,
3) considerando che con l’allargamento a Est la potenza egemone (la Germania) ha avvolto la sua frontiera orientale in un comodo bozzolo di stati cuscinetto, rispetto ai quali le faceva stracomodissimo che le frontiere interne venissero abolite (perché la Germania di braccia polacche, ceche, ecc. aveva bisogno…)
il cetriolo, secondo voi, a chi è rimasto?
Eh già: a Grecia, Italia, e Spagna, i tre paesi maggiormente esposti verso l’unico confine “sensibile” in termini geopolitici, quello sudorientale, e in subordine (si vede molto bene) a Ungheria e Slovenia.
Ricordate lo sproloquio di quel tipo su Orban che sarebbe stato un dittatore nazista? Oltre a dire cose fattualmente errate (come chiarii all’epoca), al tizio sfuggiva un dettaglio: che Orban aveva “eretto muri” (faute de mieux…) non per divertimento, ma perché era (ed è) un suo preciso obbligo controllare chi entra nell’area Schengen, dato che lui, come noi, ha una frontiera esterna da gestire (che la Merkel, di fatto, non ha).
Che questo obbligo esista (l’obbligo, se hai una frontiera esterna, di difenderla) risulta non solo dal testo del Trattato, ma anche da un semplice dato di fatto: chi invece è stato di manica più larga, o meno stretta, come la Grecia, perché preso da problemi più gravi, se lo è poi visto rinfacciare, venendo minacciato di espulsione dall’area (quindi, cornuto e mazziato).
Riassumendo.
Con Schengen l’onere di controllare le frontiere viene spostato interamente sui paesi periferici, già variamente penalizzati dal progetto europeo, per tanti motivi sui quali qui non torno. A voi risulta che a questo spostamento di oneri sia corrisposto un pari spostamento di risorse?
A me non tantissimo. Onestamente non mi risulta che Accordo e Convenzione prevedessero un meccanismo “federale” di riallocazione il quale trasferisca automaticamente presso la “periferia” parte delle risorse che il nucleo risparmia grazie al vantaggio di non doversi più far carico del controllo delle proprie frontiere interne, cioè, come i fatti di Parigi dimostrano, di non doversi più far carico della sicurezza comune.
Certo, c’è Frontex. Avete visto quando è stata istituita? Non vi viene spontanea una riflessione? Dieci anni dopo l’avvio della convenzione di Schengen…
E già questo la dice lunga sulla natura del progetto europeo: prima creiamo il problema, e poi si vedrà. Fra l’altro, chi paga non è che sia chiarissimo, e soprattutto non è chiaro in base a quali criteri si contribuisca. Ho provato a razzolare un po’ sul loro sito, ma non ho trovato granché: magari voi sarete più fortunati, o magari sapete come funziona, perché anche voi non siete degli immigrati, ma… Certo che se i contributi fossero in proporzione alle quote di PIL, o al gettito IVA, non sarebbe esattamente il massimo dell’equità, no? Insomma: non mi sembra che la cosiddetta “Europa” abbia molta più voglia di mutualizzare il rischio geopolitico di quanta ne abbia di mutualizzare il rischio macroeconomico e finanziario.
Ma magari posso sbagliarmi: scrivo anche perché mi erudiate.
Una cosa è certa.
Nei media, io (non so voi), ho sentito parlare, via via, di operazioni “straordinarie” fatte per fronteggiare crisi “imprevedibili” (per quanto regolarmente fossero causate da scelte politiche del tutto autonome e scoordinate di alcuni paesi del nucleo); operazioni presentate come un aiuto dato a noi Untermenschen italiani, usualmente dipinti come disumani per cialtronaggine, cioè perché incapaci di occuparci di casa nostra.
Eh, no, cazzo!
Perché Schengen dice che il confine italiano non è quello di casa nostra: è quello di casa loro. Ma loro, tanto per cambiare, prima creano il problema, poi criticano chi non glielo risolve, quindi non pagano, e quando infine pagano la fanno cadere dall’alto, con il solito atteggiamento di moralismo peloso.