La fine delle sanzioni all’Iran è stato accolto dal crollo delle borse dei paesi del Golfo, i satelliti della Casa Saud, riuniti tutto all’interno del cosiddetto “Consiglio di Cooperazione del Golfo”. Col positivo esito della trattativa sulle sanzioni, l’Iran è ritornato finalmente sulla scena internazionale, non più soltanto da un punto di vista politico e militare ma anche commerciale ed economico. Questo ovviamente significa una maggiore concorrenza in termini economici, dal momento che d’ora in avanti l’Iran potrà riversare sui mercati il suo petrolio vanificando la politica saudita (che immette petrolio sul mercato a più non posso proprio per danneggiare la Russia e l’Iran, a costo perfino di danneggiare la propria economia e di provocare l’esplosione della bolla speculativa che negli Stati Uniti si basa sul fracking e lo shale gas: da questo punto punto di vista nelle prossime settimane ne vedremo delle belle) e riequilibrando così gli equilibri internazionali. Per una cosa molto simile, nel 2003, gli americani fecero una guerra contro l’Iraq. Ma l’Iran è tutta un’altra storia e non si può colpire ed attaccare: tocca incassare, e subire gli effetti del suo ritorno in grande stile nell’economia internazionale.
Insomma, per colpa degli iraniani i sauditi saranno costretti a porre un termine alla loro politica di svendita del greggio, con immediati e positivi benefici per tutti quei paesi che erano stati presi di mira con tale strategia (non solo la Russia, ma anche il Venezuela e l’Ecuador, dove in particolare nel primo caso il governo socialista e non allineato al “Washington Consensus” arranca proprio a causa del calo delle entrate dovuto al deprezzamento del petrolio). Per i BRICS e i loro alleati si tratterà di un beneficio immediato.
La presenza di un nuovo concorrente nel mercato petrolifero internazionale, da questo punto di vista, metterà i sauditi in forte difficoltà. Arabia Saudita e Qatar dovranno così confrontarsi con un concorrente più potente di loro non tanto per le risorse energetiche, che sono tali da equivalerli, ma anche e soprattutto per quanto riguarda il resto, a cominciare dall’industria, dai servizi e via dicendo. L’Iran ha insomma un’economia più completa e più matura, ed è anche notevolmente più popoloso; quanto basta a renderlo già di per sè oltremodo temibile.
Inoltre non dovremmo dimenticare come gli Sciiti, in tutta l’area del Golfo Persico, stiano sempre più conquistando terreno. Si pensi, per esempio, al solo Yemen, dove con vecchi armamenti sovietici ereditati dall’ex Repubblica Popolare Democratica del Sud (principalmente Scud e poco altro), gli Houthi stanno dando batoste a non finire ai sauditi, dotati di modernissima attrezzatura militare di fabbricazione statunitense. Si sta, da questo punto di vista, ripetendo un po’ il medesimo scenario dell’Ucraina orientale, dove con vecchi catenacci dell’era sovietica i combattenti del Donbass mettono facilmente in riga le modernissime divisioni rifornite dalla NATO.
Anche tra Siria ed Iraq gli Sciiti e i loro alleat avanzano incessantemente. E per i sauditi e i loro accoliti questa è decisamente una pessima notizia. La paura che circola fra l’Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti ed il Kuwait è che, ritornando pienamente sulla scena internazionale l’Iran, i loro alleati in tutta l’area del Mashreq e del Golfo Persico possano ulteriormente rafforzare le loro posizioni.
Questo, per un’Arabia Saudita che a fatica controlla la mai sopita rivolta sciita nel Bahrain e l’inarrestabile avanzata degli Houthi yemeniti ai propri confini meridionali, è come una campana che suona a morto.