Nella parte più buia dell’Arabia del sud, lontano dai riflettori, là dove nessun giornalista osa avventurarsi perché Riad ha costruito una cortina di ferro, ecco lo Yemen, un paese spezzato – un sanguinante buco nero umanitario, e un deserto dal punto di vista istituzionale.
Nei sussulti di questo mortale attacco contro il suo popolo, la sua sovranità e il suo diritto all’autodeterminazione politica, lo Yemen è riuscito in qualche modo a resistere alla furia della coalizione militare a guida saudita; eppure, è la parte misera in un conflitto che da tempo avrebbe dovuto vincere ogni sua resistenza.
Ma lo Yemen non è un Paese qualunque. Ha già dimostrato che il suo popolo, anche quando sanguina, mantiene una forza d’acciaio che nessun conquistatore nella storia è mai riuscito a vincere. Gli Yemeniti non sono un popolo conquistato, così come non sono un popolo di conquistatori. Sono, piuttosto, un popolo gentile e armonioso.
L’anima dello Yemen, le sue mura, i suoi monumenti, le sue montagne e vallate recano la memoria dei tempi antichi, quando il profeta camminava sulla Terra e Dio parlava con i miracoli. La leggenda vuole che Sana’a, la capitale, sia stata fondata da Shem, figlio del patriarca Noè.
Gemma storica, Sana’a rischia di essere per sempre annichilita da Riad – e tutto ciò in nome di un feudalesimo politico. Il regno saudita infatti non cerca in Yemen di riportare al potere l’ex presidente Abd Rabbu Mansour Hadi, che da tempo ha perso ogni possibile legittimazione alla presidenza. I reali Saud perseguono piuttosto un obiettivo di riduzione in schiavitù del Paese, dal punto di vista politico e istituzionale, e l’ancoraggio del wahabismo nell’Arabia del sud, l’ultimo bastione religioso indipendente nella regione.
Oggi lo Yemen è piagato dalla distruzione. Da dieci interminabili mesi il regno dei Saud devasta questo Paese impoverito, facendo piovere dal cielo morte, crudeltà e abominio con ogni bomba a grappolo, con ogni esplosione.
La guerra contro lo Yemen è la meno mediatizzata dell’ultimo decennio. Il Paese sta quasi letteralmente scivolando nel precipizio, ignorato e abbandonato perché la sua lotta è contro l’agenda imperialista dell’Arabia Saudita wahabita, una nazione che l’amicizia con gli Stati Uniti d’America ha reso eccezionale.
Ma se lo Yemen è ridotto a un mucchio di rovine, se la sua popolazione è schiacciata sotto l’atrocità di un blocco umanitario che impedisce l’arrivo di cibo, medicine e tutto il resto, la tenacia e una determinazione che ha dell’incredibile hanno permesso una rinascita sociale – la pietra miliare di un movimento di resistenza sociale che dice tutto del carattere resistente degli Yemeniti.
«Gli Yemeniti sono saldamente ancorati alla loro terra e nelle difficoltà si sostengono vicendevolmente. Raramente ho visto una tale determinazione pur di fronte alla miseria più totale» dice il dottor Riaz Karim, filantropo e fondatore della Mona Relief Organization – una della Ong indipendenti più attive nel paese.
«Nessuna comunità è stata risparmiata…la guerra ha decimato intere famiglie, lasciandosi dietro terribili ricordi di fuoco, le lacrime, l’odore della carne bruciata. La guerra non può essere misurata solo con i danni strutturali che provoca: le ferite nel cuore delle persone sanguinano ancora a lungo una volta che i cannoni hanno smesso di tuonare. Ma gli Yemeniti si sono risollevati molto volte dalla pira funeraria imposta dall’Arabia Saudita, stringendosi l’uno all’altro per resistere insieme. Questo coraggio deve essere raccontato» mi ha detto Riaz Karim in un’intervista.
In gennaio, Riad ha bombardato una stazione di polizia al centro della capitale yemenita, uccidendo almeno 26 persone e ferendone altre 15. Il numero delle vittime è certamente maggiore, si parla di almeno 30 dispersi, probabilmente intrappolati sotto le macerie. La settimana scorsa sono stati bombardati degli ospedali. Nel corso di questa guerra, i civili sono stati sistematicamente presi di mira in quello che la gente del posto considera un tentativo di smembrare il movimento popolare di resistenza. Haytham Ali Mohammed, un giornalista diventato attivista sociale e difensore dei diritti umani, ha spiegato come gli Yemeniti siano riusciti a sopravvivere negli ultimi dieci mesi: «Le comunità degli altipiani (Yemen del nord) sono tornate ai tempi antichi. Molti leader tribali hanno deciso di riprendere vecchie tradizioni utili alla gente, e questo ha portato alla riapertura di vecchi percorsi in montagna, e rivitalizzato modelli economici alternativi. Non c’è certo abbondanza…ma le persone se la cavano», mi ha detto al telefono.
Diviso dagli schieramenti politici – la resistenza nel nord e il collaborazionismo con i Saud nel sud – lo Yemen ha assistito al crescere di un nuovo tipo di persone: quelli che violano il blocco.
Dal momento che certe aree nel Sud godono della generosità di Riad, del Qatar e di altre potenze del Golfo, molti nel Nord sono pronti ad agire come ponte fra le due zone, per alleviare chi invece ha molto poco. Con discrezione, la resistenza ha stabilito una rete di collegamento lungo tutto il Paese, così da permettere a cibo e medicine di essere traghettati da un fronte politico all’altro. E’ una forma nuova di resistenza, umanitaria.
Aneessa al-Dhahab, studentessa di medicina, sa bene quanto siano vitali questi volontari per le comunità vittime dei bombardamenti e della guerra. «Se non fosse per loro, il mio fratello minore non avrebbe avuto l’insulina di cui ha bisogno…siamo riusciti a mantenerlo in vita un po’ con il ricorso alla medicina alternativa e un po’ grazie ai rifornimenti che ci arrivano dalla resistenza», ha detto. Aggiungendo: «Il mio Paese è a pezzi, ma noi no! Se dobbiamo morire, lo faremo da liberi.»
Aneessa, coraggiosa giovane donna dello Yemen del nord, insieme a migliaia di altri si è unita a questa rete di resistenza, lavorando nelle comunità per portare sollievo e alimentare la speranza.
«Sai, gli Yemeniti sono pieni di risorse…in una comunità nella regione di Hajjah [a nord di Sana’a] la gente ha inventato un sistema che permette di raccogliere la rugiada così da avere acqua da bere quando la mancanza di carburante rende impossibile il pompaggio dai pozzi. La guerra non avrà la meglio su di noi.»
Fra le rovine, il popolo yemenita ha mostrato che lo spirito patriottico in effetti può smuovere le montagne, quando è radicato nella solidarietà. Ecco il vero volto dello Yemen.
Fonte – traduzione di M. Correggia