Al Nimr era un vero rivoluzionario
di Tiziana Ciavardini - Mirco Coppola - 25/01/2016
Fonte: Opinione pubblica
L'antropologa, esperta di affari iraniani: "Iran e Arabia Saudita sono strutturalmente diversi"
Abbiamo contattato Tiziana Ciavardini, antropologa e giornalista di Repubblica.it, che da anni si occupa di Iran e di Medio Oriente. È tanta la carne al fuoco in questi giorni per il paese di Rohani, dalla crisi con la monarchia saudita, allo scioglimento delle sanzioni sul nucleare. Tehran, perciò, dopo anni di ‘esilio’ dalla politica internazionale, torna un legittimo protagonista sullo scenario politico e geopolitico. Abbiamo chiesto alla nota esperta a che prezzo. Le abbiamo chiesto anche dove porterà l’Iran il governo Rohani, ormai in sella da più di due anni.
Pochi giorni fa l’esecuzione di circa 50 cittadini sciiti da parte della monarchia di Ryad, tra i quali figurava il capo della comunità sciita in Arabia Saudita Nimr al-Nimr. L’uccisione dell’imam ha scatenato le proteste dei cittadini iraniani presso l’ambasciata della monarchia saudita a Teheran e fatto deflagrare una crisi diplomatica. Chi conosce un po’ i fatti del Medio Oriente sa che sin dalla Rivoluzione islamica di Khomeini che tra Ryad e Teheran non ci sono buoni rapporti, troppo diverse contrastanti le visioni geopolitiche dei due paesi, in particolar modo a causa della loro leadership politica presso le due maggiori confessioni del mondo islamico (Sunnita e Sciita). Stavolta quale può essere identificata come la vera causa della crisi, a che servono le provocazioni di Ryad presso gli sciiti? Quanto c’entrano la rivolta in Yemen e il sostegno a Bashar al-Assad da parte della Repubblica Islamica dell’Iràn.
Al Nimr non era soltanto una guida religiosa, credo che sia corretto riconoscere in lui un vero rivoluzionario musulmano, un attivista democratico ed antimonarchico che ha sfidato a viso aperto Casa Saud: una delle peggiori dinastie della storia umana. Il vero motivo per cui è stato giustiziato, io lo identificherei – a dispetto da quanto ci viene propinato dai media di regime – nel suo rifiuto della Baya’a ovvero il “giuramento di ubbidienza e di fedeltà”, non a caso la comparsa del califfo Al Bagdadi – il califfo della CIA – ha posto dei problemi di autolegittimazione a cui tutti i monarchi islamisti debbono rispondere alla svelta. Che poi l’unica risposta a cui sanno appellarsi sia la repressione, per noi, è un fatto noto.
Iran ed Arabia Saudita sono strutturalmente avversarie: l’Iran si rifà all’interpretazione progressista dell’Islam data dall’ayatollah Khomeini il quale chiamò la Rivoluzione del ’79 la “rivoluzione degli oppressi” contro il colonialismo ed il sionismo; l’Arabia Saudita è wahhabita, quindi legata alle antiche strutture di potere dei retrogradi capi tribù successivamente mantenute in piedi dai britannici. La crisi attuale è il punto d’arrivo di un conflitto che persisteva da tempo essendo lo sciismo – insieme al sufismo – l’anima più dialogante e tollerante della sacra religione islamica. C’è una cosa che non condivido e ci terrei a chiarire: il regime dei Saud non possiamo considerarlo “rappresentante dei sunniti”, molti sapienti sunniti hanno apertamente condannato il vile gesto dei Saud che – come lei ben dice – è una chiara provocazione. Shaykh Hammoud, sapiente sunnita libanese, ha detto parole chiare e coraggiose “Tutte le accuse saudite per giustificare l’esecuzione dello Shaykh Nimr sono infondate, dal punto di vista umano e religioso, e non hanno nulla a che fare con tutte le scuole sunnite”. Come possiamo, alla luce di tutto ciò, considerare i Saud rappresentanti dei sunniti?
Questo crimine, per concludere, a cosa è finalizzato? Non è facile dare risposte certe ma, a mio avviso, è un segnale agli Usa: Casa Saud non può permettersi che Washington riconosca Teheran come potenza regionale, un chiaro monito anche in vista delle elezioni del 2016. Prima di potere fare analisi certe ritengo che dobbiamo attendere qualche mese, quanto meno.
Al Nimr non sosteneva lo Stato laico siriano, però mi pare evidente che i Saud vogliano spezzare l’Asse sciita che ricomprende anche gli Hezbollah libanesi. E’ un asse che fa molta paura all’Arabia Saudita ma intimorisce anche Israele, motivo per cui la pseudodemocrazia israeliana si è alleata coi tagliagole wahhabiti. Purtroppo – e credo che su questo concordiamo – è davvero difficile parlare in Italia dell’alleanza Israele – Casa Saud, eppure è una verità incontestabile: contro la Siria (e lo Yemen) la ‘democratica’ Israele va a braccetto con una dispotica monarchia che, ogni liberale onesto, dovrebbe avere in odio. I ‘nostri vecchi alleati’ (mettiamola così: alleati governativi) rischiano di diventare un serio problema per tutti.
Parliamo un po’ di Iràn. Al di là del conflitto con Ryad, l’anno appena concluso è stato l’anno dell’accordo di Ginevra tra Iran e i cosiddetti 5+1 sul nucleare che dovrebbe portare ad un taglio delle sanzioni anche da parte degli USA. Trova i compromessi accettati dall’Iran per lo sviluppo del nucleare civile accettabili? E cosa ?
I negoziati sul nucleare iraniano sono, senza alcuna ombra di dubbio, una vittoria della Repubblica Islamica dell’Iran: il popolo iraniano ha, certamente, sofferto le sanzioni imposte dall’imperialismo statunitense ma non si è piegato. Gli iraniani sapevano bene a chi imputare i problemi socioeconomici interni, motivo per cui hanno appoggiato, senza cedere alle sirene delle “rivoluzioni colorate”, i legittimi governi eletti. C’è una precisazione da fare: l’Iran è (e resta) una potenza regionale anche senza il permesso di Washington e di Obama (o chi per lui ). Questo deve essere chiaro a tutti.
Lei mi chiede se il compromesso fatto da Teheran è accettabile? Io credo che ci sia uno sbilanciamento a favore di Washington che è, purtroppo per noi, la potenza imperialistica egemone. Alcune sanzioni restano: restano le sanzioni contro le sperimentazioni dei missili balistici (che Obama vorrebbe, ipocritamente, inasprire), e quelle contro le violazioni dei diritti umani. Una cosa è certa: gli Usa non vogliono che l’Iran cresca troppo in fretta seguendo una modernizzazione capitalistica ‘’alla cinese’’. L’Iran si deve integrare nella Comunità Internazionale, ma è giusto che preservi l’indipendenze politica conquistata nel 1979. A mio avviso sono due cose che camminano di pari passo, l’una è imprescindibile rispetto all’altra.
Israele e la lobby sionista statunitense si oppongono a questo importante accordo. Una domanda mi pare doverosa: il sionismo pone seri problemi di sovranità all’interno dei singoli Stati. Una super-potenza come gli Usa su che basi tollera le intromissioni di Israele e la sua continua arroganza? E’ una domanda a cui mi piacerebbe che, i giornalisti di regime, provassero a rispondere.
Uno dei temi principali della campagna elettorale dell’attuale Presidente fu basata proprio sugli obiettivi economici che avrebbe dovuto raggiungere il paese nel successivo quinquennio e in senso molto critico nei confronti dell’eccessiva inflazione ottenuta negli ultimi anni di Ahmadinejad. Crede che l’Iran stia uscendo dalla crisi di due-tre anni fa e come giudica il governo Rouhani a quasi tre anni dal suo insediamento?
Il presidente Ahmadinejad ha rappresentato la legittima risposta iraniana all’aggressività, ed al militarismo, della presidenza Bush. In quel momento era necessaria, per l’Iran, una guida forte che sapesse mantenere ben fermo il timone dell’antimperialismo. Domanda: chi ha permesso alla resistenza palestinese di respingere la vile operazione denominata Piombo Fuso nel 2008? Certo a livello interno ha commesso molti errori (lei ha ragione a ricordare il tasso di inflazione altissimo) però manterrei un approccio più moderato nei suoi confronti, non è giusto sbilanciarci proprio ora. Molti, troppi, lo stanno facendo e secondo me è un comportamento di comodo.
Rohani ha raggiunto tutti quegli obiettivi socioeconomici che Ahmadinejad, in nome di un antimperialismo radicale, aveva accantonato. Di Ahmadinejad condanno anche la repressione interna, tutte brutture “di regime” che ora sono cessate. Sono figure diverse Ahmadinejad e Rohani (e non credo che si completino a vicenda): il primo è stato il presidente dell’attacco frontale all’imperialismo ed al sionismo, il secondo è l’uomo del dialogo e del multipolarismo. Chi appoggiava Ahmadinejad, difficilmente sta con Rohani, seppur entrambi restano interni alla dialettica khomeinista. Quello che e’ riuscito a fare Rohani nessun Presidente dalla Rivoluzione Islamica ad oggi era riuscito a fare. Nemmeno i cauti tentativi di Khatami sono riusciti a fare quello che oggi l’Amministrazione Rohani è riuscita a fare. Il governo Rohani ha ridato dignità all’Iran. Con anni di trattative e colloqui si è finalmente riusciti a far comprendere all’opinione pubblica che l’Iran non è quello stato che ci volevano far credere. I problemi sui Diritti Umani in Iran devono sempre rimanere un punto fermo da risolvere al più presto ma oggi l’Iran è un paese diverso o almeno è diverso nelle menti di chi non lo conosceva.
L’Iran è un paese giovane, ha rotto col colonialismo da meno di 40 anni, il suo compito è di cercare una modernizzazione non capitalistica, fino a che resterà all’interno di questo sistema socioeconomico difficilmente non risentirà di una crisi che – giustamente – è stata definita come sistemica e globale. Valuto positivamente l’operato di Rohani: la mano che ci tende è una occasione da non lasciarci sfuggire. Parliamo di ‘’superare la crisi’’ ma l’unico modo per fare ciò è cooperare alla pari, Rohani ci dice ‘’bene, iniziamo, usciamo insieme fuori da questa situazione’’. E’ un inizio, percorriamo questa strada.
La distensione tra Iran e Occidente ha già fatto vedere i suoi risultati in politica estera. Tehran è tornata ad imbastire rapporti sia con la Russia, con la quale c’era stata maggiore freddezza durante l’era Medvedev sia con l’Occidente stesso. L’Italia che fino al 2009 era uno dei principali partner economici dell’Iran può reinserirsi nel processo commerciale iraniano, nonostante le sanzioni abbiano rafforzato altre concorrenti non occidentali come India e Cina? Considerando la crisi che intanto ha vessato le aziende agricole e manifatturiere italiane a causa dell’Ucraina che ha sbarrato la strada delle nostrre aziende alla Russia e che il nostro paese è costretto ad intrattenere “relazioni pericolose” con paesi del GCC come Qatar e Arabia Saudita, accusati dalla maggior parte della comunità internazionale di finanziare il terrorismo.
Vede al contrario dei jihadisti che considerano la Russia come l’erede dell’Urss, i musulmani sciiti intravedono nella potenza russa il ripristino – dopo la parentesi sovietica – del bastione del cristianesimo ortodosso. Per l’Iran, la Russia, è un alleato naturale contro i jihadisti ed il neocolonialismo statunitense, col fine di creare una libera area di scambio commerciale da me definita eurasiatica.
L’Italia? L’uscita dalla Nato, la rottura con le petromonarchie e l’ingresso dentro quest’area, che presuppone la cooperazione coi Brics, è fondamentale per la nostra economia a partire dagli interessi di tante piccole e medie imprese. Motivo in più per appoggiare la fine delle sanzioni all’Iran, un provvedimento giusto e, spero, non tardivo.
L’Iran ed il suo modello di Islam, nonostante si distingua nettamente dal wahhabismo e da altre forme di riformismo islamico tipiche della religione sunnita in era moderna, è spesso vittima, anche nel nostro paese di forme di ‘iranofobia’. Spesso addirittura da parte di alcuni politici, come ad esempio il leader della Lega Nord Matteo Salvini, che proprio nelle ultime ore ha stigmatizzato il comportamento del Governatore del Friuli, Debora Serracchiani, ‘rea’ di aver indossato il velo in una sua recente visita in Iràn. Da cosa è causata questa avversione e cosa si può fare per combatterla?
Questa avversione è causata dall’ignoranza. Se Salvini conoscesse un po’ l’Iran saprebbe che indossare il velo non è una scelta ma una sorta di legge in vigore dal 1979 anno della Rivoluzione Islamica. Ho dedicato pagine e pagine alla questione del velo in Iran e la conclusione è sempre la stessa. L’imposizione di un abbigliamento dettato dallo Stato è certamente da condannare perché ho sempre pensato che alla donna musulmana debba essere data la possibilità di scegliere se indossarlo o meno. Mentre in alcuni paesi musulmani il velo è una scelta in Iran diventa un obbligo da rispettare. Chiedere ad un politico in viaggio diplomatico così come è stato richiesto al Presidente della regione Friuli venezia Giulia Deborah Serracchiani di non coprirsi il capo significa due cose ben precise: la prima non conoscere gli usi e costumi di quel paese – la seconda è l’esempio della corruzione del nostro paese, nel quale chiediamo di infrangere la legge in altri stati per poi aver dei tornaconto personali.
La Serracchiani come tutti gli altri diplomatici in visita ufficiale come tutte le donne che si recano in Iran devono avere il buon senso di aderire a quelle che sono le norme vigenti in quel paese. Anche perché alternative in Iran al momento non ce ne sono. Parlare di Salvini mi sembra voler andare a sminuire il senso di questa intervista. Lui è un politico e fa bene a portare avanti le sue battaglie come farebbe ognuno di noi. L’importante è non speculare sulla vita degli altri e soprattutto non fare confusione con le varie culture islamiche di cui oggi le cronache nostrane riempiono i quotidiani. L’Italia ha una conoscenza scadente sia dell’Islam e delle culture al fuori dell’Europa. Non parlo ovviamente degli intellettuali e gli esperti in materia che spesso fortunatamente ci spiegano cose che non conosciamo. Parlo di individui che non hanno mai viaggiato che non hanno studiato che si accontentano di quello che leggono sui giornali molto spesso manipolati a favore del proprio partito politico.
La condizione della donna è proprio così terribile come dicono alcuni media occidentali o Salvini, oppure sono stati fatti dei passi avanti?
La questione della donna in Iran meriterebbe ampi spazi perché dovremmo cominciare a raccontare cosa accadde in quel lontano ’79. Come era la vita prima della Rivoluzione come erano le donne? Sicuramente molto diverse da come sono ora. Oggi le donne le ragazze iraniane con le quali ho avuto modo di confrontarmi per anni e con le quali ho un contatto giornaliero costante mi dicono che sono stanche di essere considerate sottomesse. Se pensiamo all’Iran noi abbiamo in mente lo stereotipo della classica donna musulmana comandata dal marito e che non ha alcun potere decisionale. È ben diversa la realtà. Seppur ancora oggi una donna deve chiedere il permesso al proprio marito per uscire dal paese, così come tante altre restrizioni ancora in vigore, chi davvero comanda nella famiglia è la donna.
Aldilà, dunque, delle leggi che spesso vengono rispettate per routine la donna in Iran ha un suo potere e dal 1979 ha ottenuto diritti che venti anni fa erano impensabili. Ho avuto modo di conoscere personalmente la Vice Presidente di Rohani Mrs. Molaverdi che é delegata dal Presidente per le questioni della donna e della famiglia in Iran. Gli sforzi per cambiare lo status della donna in Iran sono notevoli e qualcosa, ancora poco, è cambiata. Dobbiamo solo avere grande fiducia che le cose possano cambiare convincendo quell’ala ultraconservatrice iraniana che rimane ancora oggi legata alle ideologie delle Rivoluzione. L’Iran sta vivendo una fase di transizione da una Rivoluzione a un’evoluzione. Il mio più grande augurio a questo nuovo Iran è rivolto alla popolazione, che ha l’esigenza e l’urgenza di vedere riconosciuti i propri legittimi diritti.